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Tutti i diritti degli stranieri in Italia

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(@carlos-arija-garcia)
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C’è una distinzione tra cittadini dell’Unione ed extra Ue. Ma la legge prevede per tutti la tutela dei diritti fondamentali ed inviolabili dell’uomo.

L’articolo 2 della Costituzione italiana stabilisce che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia all’interno delle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, politica, economica e sociale». Un principio valido non solo per i cittadini italiani ma anche per chi arriva da fuori e si stabilisce, temporaneamente o definitivamente, nel nostro territorio. Ecco, allora, tutti i diritti degli stranieri in Italia.

Va fatta, innanzitutto, una distinzione. Per quanto possa sembrare una frase inopportuna, non tutti gli stranieri sono uguali. Quelli che provengono da un Paese dell’Unione europea godono di maggiori diritti rispetto a chi è nato e conserva la cittadinanza di uno Stato extra Ue. Ma solo sotto certi punti di vista. Ad esempio:

  • chi la cittadinanza di uno Paese membro dell’Unione europea è automaticamente cittadino dell’Unione e, di conseguenza, ha diritto alla libera circolazione e al soggiorno in un altro Paese Ue previsto dalla normativa comunitaria. Questo diritto spetta anche ai cittadini degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein, Norvegia) e ai cittadini svizzeri;
  • per l’ingresso in Italia di un cittadino Ue è sufficiente che sia in possesso di un passaporto o di una carta d’identità valida per l’espatrio;
  • tutti i cittadini comunitari, indipendentemente da qualsiasi requisito di reddito o di lavoro, hanno diritto di permanere in Italia per un periodo di tre mesi. Tale diritto si estende ai loro familiari. Se intende soggiornare per più di tre mesi, ha il solo obbligo di iscriversi all’anagrafe comunale;
  • durante i primi tre mesi di soggiorno, il cittadino o la cittadina dell’Ue può intraprendere un’attività lavorativa, autonoma e subordinata, senza aver bisogno di ottenere un’autorizzazione al lavoro. Nel settore lavorativo, gode immediatamente del principio di parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani. Ha anche diritto all’iscrizione al Servizio sanitario nazionale. Se nei primi tre mesi non lavora, ha diritto alle prestazioni sanitarie se in possesso della tessera sanitaria europea o di altro modello rilasciato dal Paese d’origine;
  • il cittadino comunitario ha il diritto di soggiorno permanente in Italia, anche quando i requisiti di reddito e di lavoro vengono meno. Hanno diritto a vedersi riconosciuto il diritto al soggiorno permanente.

Gli stranieri Ue ed extra Ue, però, sono accomunati dal citato principio espresso dalla Costituzione, che garantisce ad ogni persona i diritti fondamentali ed inviolabili previsti dalle norme interne, dalle convenzioni internazionali e dai princìpi di diritto internazionale, ossia:

  • il diritto all’uguaglianza senza alcuna distinzione fondata sul sesso, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o su altre opinioni, sull’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza ad una minoranza nazionale, sui beni di fortuna, nascita od ogni altra condizione;
  • il diritto alla vita, che comprende il divieto di applicare la pena di morte;
  • il diritto a non essere sottoposto a pene, trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti;
  • il diritto a non essere ridotto in schiavitù o ad essere obbligato a un lavoro forzato;
  • il diritto alla libertà ed alla sicurezza personale, salvo in caso di arresto e detenzione legittima;
  • il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti in materia civile, penale e amministrativa davanti a un giudice indipendente e precostituito per legge e in tempi ragionevoli;
  • il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza, senza alcuna interferenza che non sia prevista dalla legge;
  • il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, compresa la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza interferenze, salvo i limiti posti dalla legge per preservare la sicurezza pubblica, la difesa dell’ordine, la prevenzione dei reati e la protezione della salute;
  • il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, compresa la libertà di cambiare religione o pensiero e la libertà di manifestare la propria religione o pensiero in forma privata o condivisa;
  • il diritto al rispetto della legalità in ambito penale, ovvero il divieto di condannare qualcuno per un fatto che non costituisce reato;
  • il diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione, compreso il diritto di fondare dei sindacati e di iscriversi ai sindacati per la difesa dei propri interessi;
  • il diritto di contrarre matrimonio e formare una famiglia, all’interno della quale i coniugi godono di uguali diritti e responsabilità tra loro e verso i loro figli;
  • il diritto all’istruzione;
  • il diritto alla salute.

La tutela degli stranieri in Italia contro le discriminazioni

Gli articoli 43 e 44 del Testo Unico sull’Immigrazione introducono un’azione civile contro le discriminazioni razziste e xenofobe originate da atti di privati cittadini o della Pubblica amministrazione.

In particolare, l’articolo 43 configura come discriminazione «ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni o le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica».

Più nel dettaglio, la legge identifica questi cinque tipi di situazioni:

  • discriminazioni nei rapporti con i pubblici poteri: avviene quando un pubblico ufficiale o persona incaricata di pubblico servizio in esercizio delle sue funzioni compie oppure omette atti nei riguardi di un cittadino unicamente in ragione della sua condizione di straniero o appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
  • discriminazione da parte di coloro che offrono beni o servizi al pubblico, qualora il servizio sia offerto a condizioni più svantaggiose o non sia offerto affatto a causa della condizione di straniero;
  • discriminazione nell’accesso al lavoro, all’abitazione, all’istruzione e all’assistenza sociale, quando queste prestazioni vengono offerte a condizioni più svantaggiose o non sono offerte affatto sulla base della condizione di straniero;
  • impedimento discriminatorio all’esercizio di un’attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia;
  • discriminazione sul posto di lavoro, quando il datore o i suoi preposti compiono qualsiasi atto o comportamento che produce effetti discriminatori nei confronti del lavoratore straniero, a causa della sua appartenenza ad una razza, gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa o ad altra cittadinanza.

Tra i diritti degli stranieri in Italia, dunque, c’è anche quello di poter ricorrere all’autorità giudiziaria per denunciare una di queste discriminazioni e chiedere:

  • la cessazione del comportamento pregiudizievole;
  • la rimozione degli effetti della discriminazione, secondo il rito sommario di cognizione.

Il ricorrente può chiedere e ottenere -in caso di condanna della persona denunciata – un risarcimento del danno anche non patrimoniale, cui il giudice può accompagnare l’ordine di cessazione del comportamento pregiudizievole.

Inoltre, il magistrato può disporre l’ulteriore sanzione penale della reclusione fino a tre anni o della multa da 103 a 1.032 euro.

 
Pubblicato : 2 Marzo 2023 15:30