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Truffa on line o inadempimento contrattuale?

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(@angelo-greco)
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Vendita online: se il bene non viene consegnato si può denunciare?

Non rispettare un contratto, ad esempio non eseguendo la propria prestazione, costituisce un inadempimento contrattuale ossia un semplice illecito civile che consente, alla parte danneggiata, di adire il giudice e chiedere tutt’al più il risarcimento. Ma se la conclusione della compravendita viene manipolata per trarre in inganno l’acquirente, facendogli credere – con artifici e raggiri – che otterrà ciò che spera, allora c’è reato di truffa ed allora è possibile denunciare il venditore. 

La distinzione tra truffa online e inadempimento contrattuale è spesso al centro delle vertenze giudiziarie. È chiaro che l’acquirente ha tutto l’interesse a inquadrare la fattispecie nell’illecito penale e ciò per due ragioni. Innanzitutto l’iter è più semplice e meno costoso, dovendo la vittima limitarsi a sporgere querela alla polizia postale e lasciando poi che sia la procura a fare le indagini, mentre nel giudizio civile l’attore non solo deve anticipare le spese del giudizio ma ha anche l’onere della prova. In secondo luogo, un procedimento penale – che non piace a nessuno – e la possibilità di una condanna possono condurre il truffatore a più miti consigli e spingerlo a offrire subito un risarcimento.

È chiaro però che, laddove non sussistano gli estremi della truffa, il fatto di presentare una querela infondata – per quanto non integri il reato di calunnia l’agire nell’ignoranza dell’interpretazione della legge – significa fare un buco nell’acqua, vedersi archiviare le indagini e, di conseguenza, non poter recuperare nulla. 

Le truffe online

Il problema si pone più di frequente nelle vendite online. Questo perché l’acquirente può essere facilmente indotto in errore tramite un sito facciata, costruito ad arte per far credere che dietro vi sia un’organizzazione, un effettivo venditore con tanto di credibilità commerciale, quando invece si tratta di una banale finzione. Se ciò, nel mondo materiale, è facilmente accertabile entrando in un negozio fisico e verificando l’effettiva presenza della merce, quando si compra su internet è facile abbindolare i consumatori.

È vero: c’è il diritto di recesso entro 14 giorni dalla consegna della merce (ragion per cui, se la merce non arriva mai, il diritto di recesso può essere sempre esercitato). Ma qui si ha a che fare con un soggetto che, il più delle volte, non esiste affatto o, quando esiste, è spesso collocato all’estero. Come difendersi? Bisognerebbe appunto sporgere una querela alla polizia postale o ai carabinieri oppure depositarla direttamente presso la Procura della Repubblica: il tutto entro 3 mesi da quando si è avuto contezza del reato (il che coincide con l’acquisizione della consapevolezza che non si otterrà mai ciò che si è pagato).

Come detto, però, il problema è stabilire quando c’è truffa e quando un semplice inadempimento contrattuale. Perché – ed è questo l’aspetto cruciale – il fatto di non consegnare un oggetto venduto è un semplice inadempimento, anche se sorretto da una specifica volontà. La truffa richiede qualcosa in più del semplice comportamento passivo: gli artifici e i raggiri, ossia un comportamento malizioso volto a far cadere in errore la vittima, proprio per condurla a stipulare un contratto che altrimenti non avrebbe mai sottoscritto. 

Quando c’è truffa online se la merce non viene consegnata

Una recente sentenza del Tribunale di Ferrara [1] prova a tracciare una linea di demarcazione tra truffa online e inadempimento contrattuale. E stabilisce: «il reato ricorre se l’acquirente è indotto in errore durante i contatti preliminari, anche senza particolari messe in scena». Questo, affinché scatti la truffa online,

La truffa, nelle vendite online, scatta ogni volta che l’acquirente – anche senza particolari messe in scena – sia indotto in errore con raggiri perpetrati durante i contatti preliminari, nella pattuizione del prezzo o nel concordare le modalità di consegna del bene. 

Nel caso di specie un uomo, contando sulla fumosità degli annunci telematici, aveva proposto su un sito la vendita di un drone e, carpendo la fiducia di un malcapitato cliente, lo aveva convinto della serietà dell’offerta fino a farsi versare 450 euro per l’acquisto. Incassati i soldi, però, non gli invia alcunché.

Preso atto del racconto della vittima ed esaminata la documentazione – tra cui gli screenshot delle conversazioni intercorse tra i due, i dati della carta prepagata usata per il versamento del prezzo e copia del bonifico – il giudice ha dichiarato il finto venditore responsabile di truffa e, vista la recidiva, lo ha condannato a dieci mesi di reclusione e 400 euro di multa, oltre che alle spese di lite.

L’incauto acquisto e la vendita di merce rubata

Non bisogna dimenticare che la legge attribuisce all’acquirente un dovere minimo di diligenza. Non ci si può, ad esempio, lagnare se si compra un Rolex da un sito che si spaccia per autentico ma al prezzo di 100 euro. A quel punto scatterebbe l’incauto acquisto sicché l’acquirente non potrebbe essere tutelato. E anche la semplice potenziale consapevolezza che si tratta di merce rubata farebbe invece scattare la responsabilità del compratore per ricettazione e il reato verrebbe contestato anche a quest’ultimo. 

Tuttavia, nel caso deciso dal tribunale di Ferrara, da quanto emerso, nel corso della contrattazione avvenuta con messaggistica, l’acquirente non era stato incauto e, prima di sborsare il denaro richiesto, si era fatto inviare dal venditore una foto del documento di identità e un selfie per verificarne la corrispondenza. Solo che, successivamente, non avendo ricevuto il drone, lo aveva contattato esigendo delle spiegazioni ma il venditore dapprima aveva imputato la mancata consegna al corriere, poi aveva accampato pretesti di ogni genere, ipotizzando la restituzione del prezzo e, infine, aveva troncato i contatti.

Gli artifici e i raggiri per la truffa online

Gli artifizi e raggiri richiesti dal codice penale per poter parlare di truffa (e quindi anche di truffa online) sono integrati dal comportamento del reo che, accordandosi sul costo e sulle altre modalità di vendita, si guadagna così il consenso del cliente facendosi versare il prezzo pattuito per il bene venduto senza mai spedirlo, anzi, rassicurandolo della bontà dell’affare per poi rendersi definitivamente irreperibile. E la truffa, ricorda la sentenza, può configurarsi anche durante i contatti con la vittima volti a concordare i termini della vendita, dalla pattuizione del prezzo del bene alle modalità di consegna, a prescindere da una specifica messa in scena.

Insomma, perché sussista il raggiro richiesto dalla legge penale, sono sufficienti comportamenti tali da provocare un falso convincimento nella psiche della vittima e così indurla in errore. 

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Pubblicato : 15 Novembre 2022 10:30