Spese veterinarie: quando e come sono detraibili
Come scaricare dalle tasse i costi sostenuti per le cure e la salute degli animali d’affezione: quanto si può recuperare, come calcolare l’ammontare spettante, dove inserire gli importi nel 730 se non compaiono nella dichiarazione precompilata.
Chi ha un animale d’affezione, come un cane, un gatto, un coniglio o un criceto, sa bene quanto i controlli sanitari e le vaccinazioni siano importanti per il loro benessere ed anche per la salute di chi viene a contatto con loro. A volte le spese veterinarie possono essere consistenti, specialmente quando il nostro piccolo amico si ammala o si infortuna, e deve essere sottoposto a cure e ad interventi chirurgici.
La buona notizia è che le spese veterinarie sono detraibili, alle condizioni ed entro i limiti che ora ti illustriamo. Ed è semplice scaricarle dalle tasse: basta riportare, nel modello 730, l’importo complessivo sostenuto nell’anno, se non compare già nella dichiarazione precompilata. Purtroppo, però, l’importo detraibile è rimasto piuttosto basso: non viene aggiornato da più di 20 anni.
Quali spese veterinarie si possono detrarre?
Le spese veterinarie detraibili comprendono i vari costi di visite, analisi, esami di laboratorio, ricoveri in cliniche veterinarie ed interventi chirurgici compiuti in favore di animali domestici, ed anche i costi per i farmaci ad essi destinati, compresi gli antiparassitari comprati senza ricetta (esclusi, però, i mangimi speciali per animali, che sono considerati prodotti alimentari anche quando vengono prescritti dal veterinario).
Le spese vengono registrate nel Sistema Tessera Sanitaria nazionale, che le aggancia automaticamente al codice fiscale del soggetto che ha effettuato il loro pagamento, analogamente alle spese mediche e per dispositivi sanitari; normalmente per esse si adotta la codifica FV – Farmaci per uso veterinario [1].
Spese veterinarie: per quali animali?
Le tipologie di animali per le quali spetta la detraibilità delle predette spese sono individuate in un Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze [2]. Si tratta, essenzialmente, degli animali domestici da compagnia e d’affezione (compresi quelli detenuti per la pratica sportiva, come i cani da caccia), mentre sono esclusi gli animali da allevamento o destinati alla riproduzione ed al consumo alimentare.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non c’è un limite massimo al numero degli animali posseduti [3], ma solo un limite dell’importo detraibile, che esamineremo nel paragrafo seguente.
Detrazione spese veterinarie: a quanto ammonta?
Le spese veterinarie possono essere portate in detrazione per il 19% dell’importo, ma con una franchigia di 129,11 euro. Ciò significa che le spese che non raggiungono tale ammontare non beneficeranno di alcuna detrazione, mentre quelle superiori la otterranno solo sulla parte eccedente. Facciamo un esempio per chiarire come funziona questa franchigia.
Antonio ha sostenuto spese veterinarie nel 2022 per un ammontare complessivo di 250 euro. Potrà detrarre nella dichiarazione dei redditi solo 120,89 euro (la differenza tra 250 e la franchigia di 129,11) e alla percentuale del 19%, quindi la sua detrazione Irpef sarà pari a 22,97 euro.
Detrazione spese veterinarie: quale limite?
Esiste anche un limite massimo alle spese veterinarie detraibili, che per la dichiarazione dei redditi 2023 (relativa all’anno d’imposta 2022) è fissato in 550 euro. Facciamo un esempio per spiegare come opera questa soglia e cosa succede a chi ha avuto spese eccedenti.
Maria ha speso in un anno per i propri animali domestici 900 euro, ma la detrazione spetta sull’importo massimo di 550 euro, e più precisamente sulla differenza tra tale soglia e la franchigia di 129,11 euro. Otterrà, quindi, una detrazione Irpef del 19% su 420,89 euro: così la sua detrazione Irpef ammonterà a 79,97 euro, arrotondata per eccesso ad 80 euro finali.
Ti ricordiamo che dal 2021, analogamente alle altre detrazioni d’imposta, anche quella per le spese veterinarie viene proporzionalmente decurtata per i titolari di redditi complessivamente superiori a 120mila euro, e si azzera per chi raggiunge o supera i 240mila euro annui.
Come si documentano le spese veterinarie
Per poter ottenere la detrazione delle spese veterinarie, il pagamento deve essere fatto con un mezzo tracciabile, come il bonifico, la carta di credito o il bancomat. È possibile beneficiare della detrazione con pagamenti avvenuti in contanti solo per l’acquisto di farmaci e delle prestazioni rientranti nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale.
Se le spese veterinarie sostenute non risultano presenti nella dichiarazione dei redditi precompilata (come normalmente avviene quando si esibisce all’esercente la propria tessera sanitaria, o gli si fornisce il codice fiscale) devono essere inserite dal contribuente nel modello 730. In tal caso è bene conservare la documentazione di riferimento (fatture, ricevute e scontrini: non è necessaria, invece, la prescrizione del veterinario) da esibire in caso di controlli dell’Agenzia delle Entrate. Invece, le spese già presenti in precompilata sono già state asseverate in partenza e non subiranno controlli fiscali.
Spese veterinarie: come indicarle nel modello 730
L’importo complessivo delle spese veterinarie sostenute nell’anno d’imposta considerato deve essere riportato, nel modello 730, ai righi da E8 ad E10, destinati alle “altre spese” detraibili, con il codice 29. Chi usa il modello Redditi PF deve usare il rigo da RP8 a RP13, sempre con il codice 29. Si deve indicare l’importo complessivo, in quanto la franchigia verrà automaticamente scalata dal sistema, così come non verranno considerate, ai fini della detrazione, le eccedenze oltre il limite massimo di 550 euro: come abbiamo visto nell’esempio fatto sopra, anche in caso di spese superiori verrà conteggiata la detrazione massima pari ad 80 euro.
Come abbiamo detto, le spese sanitarie – comprese quelle veterinarie – sono integrate nel Sts e dunque devono essere comunicate periodicamente all’Agenzia delle Entrate dal professionista, dalla clinica o dall’esercente che ha ricevuto i pagamenti, quindi dovrebbero essere già presenti nella dichiarazione precompilata. Se così non fosse, il contribuente potrà modificare ed integrare i dati con l’apposita procedura di correzione, prima di procedere all’invio.
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