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Si può rivelare chi usufruisce della Legge 104?

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(@paolo-remer)
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Quando i dati sullo stato di invalidità e disabilità sono coperti da privacy e non possono essere divulgati; quali cautele servono per mantenerli riservati.

Si può rivelare chi usufruisce della Legge 104, ad esempio beneficiando dei permessi mensili e dei congedi straordinari dal lavoro, o è un segreto? Spieghiamoci meglio: per i beneficiari della Legge 104 esiste un diritto alla privacy, e se sì, in quali termini e condizioni?

La domanda può sembrare strana, visto che il riconoscimento dello stato di handicap che dà l’accesso ai vari benefici previsti dalla Legge 104 del 1992 avviene a cura delle Commissioni mediche che redigono un verbale attestante le condizioni di invalidità o disabilità dell’interessato, e queste informazioni vengono rese disponibili ai datori di lavoro ed agli enti pensionistici – a partire dall’Inps – per riconoscere le agevolazioni spettanti; senza dimenticare il contrassegno rilasciato dai Comuni per consentire il parcheggio ed il transito nelle aree riservate, o l’acquisto di prodotti e servizi (dalle autovetture ai computer) a tariffe agevolate, con l’esercente al quale bisogna esibire la documentazione comprovante la condizione di disabilità o, in alternativa, l’apposita disability card.

Quando i dati della Legge 104 sono coperti da privacy

Eppure il quesito ha una sua ragion d’essere, sol che si consideri come queste informazioni riguardano indubbiamente lo stato di salute e dunque rientrano tra i dati sensibili, che in quanto tali sono coperti da riservatezza e non possono essere divulgati o diffusi al pubblico senza l’esplicito consenso dell’interessato o per particolari ragioni.

Ad esempio, nelle Pubbliche Amministrazioni che svolgono servizi “aperti”, come ospedali, scuole, tribunali, agenzie fiscali ed uffici di assistenza al pubblico, può capitare di apprendere, casualmente, che un determinato medico, cancelliere, insegnante, impiegato o operatore è assente perché quel giorno sta usufruendo di un permesso, o congedo, spettante ai sensi della Legge 104. In questo modo chiunque è esterno a quell’ambiente lavorativo può apprendere un dato –  sia pure sintetico ed essenziale – riguardante la condizione di disabilità di quel lavoratore o di un suo familiare.

Diffusione illecita di dati sensibili Legge 104: cosa succede?

È quanto accaduto di recente in un istituto scolastico, e il caso è eloquente: la segreteria della scuola aveva pubblicato, nel registro elettronico accessibile nell’area riservata del sito web, i dati dei lavoratori ATA (personale amministrativo, tecnico ed ausiliario), semplicemente indicando, a fianco al nome, che in determinati giorni era assente per «104».

Ebbene, è bastata questa dicitura per far capire a tutti coloro che hanno consultato il sito o potevano farlo avendo l’accesso – quindi anche gli studenti ed i loro genitori – che quei lavoratori si trovavano in una particolare condizione invalidante, tale da consentire l’applicazione dei benefici spettanti ai sensi della Legge 104.

Così l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali – organo comunemente conosciuto come il Garante privacy – attivato da un reclamo presentato da un interessato che aveva segnalato la vicenda, è intervenuto emanando un’ordinanza ingiunzione di pagamento di 4.000 euro di sanzione per diffusione illecita di dati riservati e sensibili sul sito istituzionale dell’istituto [1].

In concreto, per un mero errore, era stata inserita sul portale una circolare riguardante le ferie estive dei collaboratori scolastici, comprendente, in allegato, un prospetto del piano ferie, nel quale a fianco di ciascun nominativo era specificato il riferimento alla fruizione dei benefici derivanti dalla legge n. 104 del 1992.

L’indicazione «104» in un documento consultabile dal pubblico è stata ritenuta illegittima dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali in quanto avrebbe dovuto essere contenuta in un prospetto ad uso interno, riservato al personale in forza all’istituto scolastico in questione (che, ovviamente, era legittimato a conoscere le assenze dei colleghi per ferie o altri motivi).

Quando non si possono pubblicare i dati sullo stato di salute

Nonostante il numero esiguo degli accessi al sito (complessivamente soltanto 8, prima della pronta rimozione dei dati, compiuta dal dirigente scolastico non appena avvisato del fenomeno) e l’evidente “svista”, non certo volontaria, di tale pubblicazione, il Garante ha contestato all’istituto l’illecita violazione della normativa sulla privacy che vieta espressamente la diffusione di tali dati personali in quanto attinenti la salute e rivelatori del suo stato.

Nell’istruttoria la scuola si è difesa sostenendo che non era stato divulgato il motivo che aveva portato il dipendente ad ottenere il riconoscimento dei benefici della Legge 104, quindi non era stata indicata la patologia invalidante, «ma solo un indice da cui dedurre una certa invalidità di una persona».

Ebbene, proprio questo è bastato: i dati personali sullo stato di salute non si possono pubblicare, neppure quando si forniscono semplici elementi da cui poterli desumere, come la mera dicitura «104», che è un evidente richiamo alla legge in materia.

Diffusione dei dati personali dei lavoratori in 104: condizioni

Secondo il Garante, la disciplina di trattamento e protezione dei dati personali dei lavoratori da parte del datore di lavoro non deve eccedere le finalità istituzionali e in particolare non può arrivare alla diffusione o divulgazione dei dati stessi, se non quando ciò è espressamente previsto da una norma di legge o di regolamento o da «atti amministrativi generali» [2].

E, in ogni caso – sottolinea l’Autorità – i dati relativi alla salute, ossia quelli «attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano informazioni relative al suo stato di salute», in ragione della loro particolare delicatezza, «non possono essere diffusi» [3].

Legge 104 e privacy: rapporti

Non è la prima volta che il Garante interviene sul rapporto tra Legge 104 e privacy: già in precedenti analoghe occasioni [4] aveva chiarito che il riferimento alla Legge 104 «consente di ricavare informazioni sullo stato di salute di una persona», in quanto tale normativa «notoriamente disciplina benefici e garanzie per l’assistenza, l’integrazione sociale e lavorativa di persone disabili o di loro familiari», e, pertanto, rientra sicuramente tra i dati personali considerati sensibili in quanto riguardanti la salute.

Il Garante coglie l’occasione per richiamare le particolare cautele che i datori di lavoro, pubblici o privati, devono adottare nel trattare i dati personali dei dipendenti: non possono essere messi a conoscenza di soggetti diversi da coloro che sono parte del rapporto di lavoro «e che non siano legittimati, in ragione delle scelte organizzative del titolare del trattamento e delle specifiche mansioni svolte, a trattare i medesimi dati, in qualità di personale autorizzato» [5].

Questi principi sono espressi anche nelle «Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico» emanate dall’Autorità Garante [6]. In estrema sintesi: non si può dire che una persona ha la Legge 104, perché è un dato sensibile in quanto rivela, sia pur indirettamente e in modo generico, lo stato di salute compromesso da un grave handicap, da uno stato di disabilità o da una situazione invalidante.

Come indicare la 104 nei turni di servizio

Pertanto, l’affissione di turni di servizio, orari di lavoro, ferie ed altre assenze in bacheche fisiche o virtuali – comprese, tra queste ultime, i siti web, anche quelli con accesso riservato – non deve mai riportare dati relativi alla salute – e abbiamo visto che il semplice richiamo alla legge 104 è considerato tale – o comunque a vicende personali; con specifico riferimento al contesto scolastico, esistono apposite direttive [7].

In particolare, in un apposito provvedimento [8] emanato per disciplinare in dettaglio questa delicata materia il Garante sottolinea che «quando per ragioni di organizzazione del lavoro, e nell’ambito della predisposizione di turni di servizio, si proceda a mettere a disposizione a soggetti diversi dall’interessato (ad esempio, altri colleghi) dati relativi a presenze ed assenze dal servizio, il datore di lavoro non deve esplicitare, nemmeno attraverso acronimi o sigle, le causali dell’assenza dalle quali sia possibile evincere la conoscibilità di particolari categorie di dati personali (es. permessi sindacali o dati sanitari)».

 
Pubblicato : 3 Aprile 2023 07:15