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Si può licenziare un malato di tumore?

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(@paolo-remer)
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Le malattie oncologiche non rientrano nel periodo di comporto: perciò la maggior parte dei Ccnl esclude dal computo i giorni di ricovero e terapie salvavita.

Molti lavoratori dipendenti che sono affetti da malattie oncologiche e dunque devono sottoporsi a ricoveri e cure, come la chemio o la radioterapia, si chiedono se si può licenziare un malato di tumore o se, invece, c’è il diritto alla conservazione del posto durante il periodo di assenza, anche se si protrae molto a lungo.

Chi sta lottando per salvare la propria vita e, auspicabilmente, cerca di guarire e recuperare la salute, prova angoscia quando teme di poter perdere il lavoro se supera quel determinato numero massimo di giorni di malattia, chiamato periodo di comporto, oltre il quale il datore di lavoro può licenziare il dipendente rimasto assente troppo a lungo.

Le previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro in questa delicata materia sono molto variabili: alcuni comparti godono di una tutela robusta, e prolungano il periodo di comporto proprio in caso di patologie tumorali, scongiurando, così, ogni ipotesi di licenziamento; altri, invece, limitano, con il contagocce, l’estensione del periodo utile ad evitare il licenziamento ai soli giorni di effettivo ricovero ospedaliero e di cure in regime di day hospital, o anche ambulatoriali e domiciliari, quando sono necessarie per praticare le cosiddette terapie salvavita.

Periodo di comporto: cos’è e come funziona

Il dipendente in malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro e di tutte le prerogative connesse (percezione della retribuzione o di un’indennità sostitutiva della stessa, maturazione dell’anzianità, accantonamento delle quote di Tfr), e non può essere licenziato, sino a quando non supera il limite massimo di giorni di assenza periodicamente consentiti dal suo contratto collettivo di lavoro.

Questo arco di tempo viene chiamato periodo di comporto, e può essere calcolato in vari modi, secondo le previsioni dei contratti collettivi. I metodi essenziali sono due: c’è il comporto “secco”, cioè in base ad un unico e ininterrotto periodo di malattia, oppure “per sommatoria”, che considera tutte le assenze compiute nel periodo, anche quelle frammentate e di durata breve, di pochissimi giorni ciascuna, in modo che tutte facciano cumulo.

Quando si può licenziare un malato di tumore

Il punto nodale è che se la malattia si protrae a lungo – come accade per molte patologie tumorali – e il numero di giorni di assenza dal lavoro oltrepassa il limite massimo consentito durante il periodo di comporto, a quel punto il dipendente – anche se è affetto da tumore – può legittimamente essere licenziato. Così, purtroppo, tra le severe conseguenze della scadenza del periodo di comporto c’è anche, e soprattutto, il licenziamento.

Detto brutalmente: al termine del periodo massimo di malattia consentito, si può essere licenziati anche se si ha il cancro. Ma questa severa e triste conseguenza non è automatica, ed, anzi, proprio nel caso dei lavoratori malati di tumore viene interpretata dalla giurisprudenza in senso restrittivo, come dimostra una recente sentenza che fra poco esamineremo. In questo modo anche le lacune legislative e le mancate previsioni degli specifici contratti collettivi possono essere superate applicando direttamente i principi costituzionali di salvaguardia della vita e della salute.

Come il malato di tumore può evitare il licenziamento

Innanzitutto il licenziamento non deve essere discriminatorio, perché in favore dei malati tumorali opera una tutela legislativa analoga a quella degli invalidi, dei disabili e di altre categorie svantaggiate [1]; inoltre, è possibile aggirare l’ostacolo mettendosi in aspettativa non retribuita se si prevede che la malattia si protrarrà oltre il termine di comporto, e così il posto di lavoro dovrà essere conservato, secondo le previsioni stabilite dal contratto collettivo applicabile (per approfondire questo aspetto leggi “Come non farsi licenziare per superamento del comporto“).

Inoltre, come dicevamo all’inizio, alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono espressamente l’estensione del comporto per alcune malattie croniche, degenerative o che comunque comportano un decorso molto lungo, come le patologie tumorali maligne. Bisogna, quindi, fare sempre riferimento al Ccnl vigente per verificare se si può prolungare il periodo massimo di assenze consentite, e se è possibile anche la trasformazione del rapporto a tempo pieno in lavoro a tempo parziale: il cosiddetto part-time, che offre maggiore flessibilità, così come l’accordo con il datore di lavoro per svolgere l’attività in regime di smart working, previsto per i lavoratori fragili.

Quando il licenziamento del lavoratore malato di tumore è illegittimo

Una nuova sentenza del tribunale di Roma [2] ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato da un condominio ad una portiera che aveva superato il periodo di comporto in quanto malata di cancro (si trattava di un carcinoma mammario). I giudici capitolini hanno disposto la reintegra della donna nel posto di lavoro, e l’erogazione in suo favore dell’indennità risarcitoria, quantificata in misura pari a 9 mensilità di retribuzione.

Nella vicenda esaminata, l’illegittimità del licenziamento consisteva nel fatto che non potevano essere computati ai fini del superamento del periodo di comporto, tra i giorni di malattia, quelli di ricovero ospedaliero e di terapie salvavita cui la paziente oncologica si era sottoposta, necessitando nel corso del tempo di frequenti somministrazioni di chemioterapia e di sedute di radioterapia (tutte documentate da certificati medici).

Stranamente, il contratto collettivo di lavoro per portieri e custodi non contempla espressamente le patologie oncologiche e le relative cure tra quelle che danno diritto al prolungamento del comporto (comprendendo, invece, altri tipi di assenze, come quelle per fecondazione assistita o per cure termali), ma secondo il tribunale non vi è dubbio che anche e proprio per esse vada comunque tutelato in modo «prioritario» il diritto alla salute garantito dall’articolo 32 della Costituzione, che impone un’interpretazione estensiva delle norme del Ccnl del portierato, tale da escludere dal calcolo del comporto i giorni di malattia i periodi di cura e degenza dei pazienti oncologici.

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Pubblicato : 10 Gennaio 2023 12:45