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Si può licenziare un dipendente che è sempre in malattia?

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(@angelo-greco)
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Licenziamento per scarso rendimento durante il comporto: le continue assenze per malattia consentono il licenziamento del dipendente che si ammala frequentemente?

La Cassazione ha, di recente, aperto la strada al licenziamento per scarso rendimento, quello del dipendente che svolge la propria prestazione in modo molto più lento rispetto alla media dei colleghi dello stesso reparto. Ci si chiede se però possa essere adottata tale motivazione anche nel caso del lavoratore che fa sempre assenze per motivi di salute rendendo così saltuaria la sua presenza in azienda e, di conseguenza, riducendo la propria efficienza. Si può licenziare un dipendente che è sempre in malattia? La questione è stata affrontata più volte dalla Cassazione [1].

Ricordiamo innanzitutto che il codice civile, al comma 2 dell’articolo 2110, stabilisce che, in caso di infortunio o malattia del lavoratore, il datore di lavoro può procedere al licenziamento esclusivamente una volta che sia decorso il periodo di tempo espressamente stabilito dalla legge, dagli usi o secondo equità. È il cosiddetto periodo di comporto. In buona sostanza il Ccnl fissa un limite massimo ai giorni di assenza per malattia che un lavoratore può chiedere senza perciò il rischio di essere licenziato. Superato tale tetto, è possibile – ma chiaramente non obbligatorio – il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

La Cassazione ha precisato, in passato, che il licenziamento prima dello scadere del comporto è sempre illegittimo, anche se successivamente le ulteriori assenze del lavoratore dovessero legittimarlo. In tal caso sarebbe necessario un ulteriore provvedimento di licenziamento. 

Detto ciò, ci si chiede se il licenziamento possa intervenire anche prima dello scadere del comporto quando la presenza del dipendente in azienda è a macchie di leopardo, ossia tanto saltuaria da compromettere la sua stessa utilità. In tal caso, secondo alcuni, si potrebbe configurare un licenziamento per scarso rendimento, appigliandosi alle reiterate assenze per malattia.

Con una recente sentenza la Suprema Corte [1] ha ammonito: il datore di lavoro non può porre fine unilateralmente al rapporto di lavoro fino a che perdura il cosiddetto periodo di comporto fissato dalla legge, dalle parti o dal giudice in via equitativa, senza eccezione alcuna.

Bisogna contemperare gli interessi contrastanti: da un lato quelli del datore di lavoro (consistenti nel continuare a occupare solo i dipendenti che lavorano e producono) e dall’altro quelli del dipendente (consistenti nel disporre del periodo necessario per curare la propria malattia senza rischiare di non riuscire a sostentarsi). 

Tutto ciò considerato, la Cassazione ha quindi ribadito che, nel corso del periodo di comporto, non è possibile irrogare al lavoratore assente per malattia un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, facendo leva sullo scarso rendimento e sull’eventuale disservizio aziendale causato dall’assenza del dipendente malato. Infatti il legislatore, nel dettare la disciplina speciale sopra richiamata, ha previsto e considerato la non utilità della prestazione per il tempo della malattia. 

Si tratta, per la Corte, di una situazione che non può essere paragonata allo scarso rendimento, che è caratterizzato da inadempimento, anche inconsapevole. Nella malattia, infatti, la tutela della salute rappresenta un valore preminente da tutelare, che giustifica la specialità delle regole del comporto.

Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia (così come di quelle per infortunio), prima che sia decorso il periodo massimo di comporto, deve quindi considerarsi nullo e consente al dipendente di chiedere la reintegra sul posto e non solo il semplice risarcimento del danno. 

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Pubblicato : 21 Dicembre 2022 07:30