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Si può essere sanzionati per illecito che è prassi aziendale?

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(@paolo-florio)
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La Cassazione ha annullato un licenziamento basato su una prassi condivisa in azienda, senza vantaggio personale per il lavoratore.

Un recente caso giudiziario ha sollevato interrogativi sulla legittimità dei licenziamenti basati su condotte che, seppur formalmente illegittime, rientrano comunque in prassi ripetute da tutti i dipendenti e condivise dai superiori. Analizziamo come la Cassazione (sent. n. 35516/2023) ha gestito il caso di una commessa accusata di aver attivato una carta fedeltà fittizia. Alla Corte è stata posta la seguente domanda: si può essere licenziati per una prassi aziendale anche se questa è formalmente vietata ma non ha mai dato luogo ad alcun procedimento disciplinare in passato? Il fatto che l’azienda non abbia mai contestato un determinato comportamento, può essere questo un valido motivo per giustificare la propria condotta? Esiste un principio di parità di trattamento tra i lavoratori?

La Cassazione ha stabilito che il licenziamento può essere annullato se la condotta illecita contestata al lavoratore è in realtà una prassi aziendale e non porta vantaggi personali all’impiegato né danni al datore di lavoro.

La giurisprudenza ha già stabilito che, per valutare la gravità di un comportamento del lavoratore che potrebbe giustificare il licenziamento, è necessario considerare come situazioni simili siano state gestite in passato. Fondamentalmente, per determinare se un’azione illecita da parte del lavoratore ha effettivamente infranto il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, è importante esaminare le sanzioni precedentemente applicate in casi analoghi.

La vicenda riguardava una commessa licenziata per aver attivato una carta fedeltà fittizia. La Corte ha rilevato che tale azione non era a vantaggio personale ma serviva a favorire gli acquisti di clienti occasionali.

La lavoratrice ha ottenuto un’indennità sostitutiva della reintegra e un risarcimento, stabilito in dodici mensilità, poiché aveva trovato un nuovo impiego oltre un anno dopo il licenziamento.

Testimonianze e elementi di fatto hanno indicato che l’uso della carta fedeltà fittizia era una prassi diffusa in almeno due negozi dell’azienda, coinvolgendo anche i responsabili delle filiali.

I superiori erano a conoscenza della prassi: le prove hanno dimostrato che i responsabili delle filiali erano al corrente dell’utilizzo irregolare della carta fedeltà, che era stata instaurata per incentivare gli acquisti da parte di clienti occasionali.

La sentenza sta a dimostrare che se un comportamento, per quanto vietato, non ha mai dato luogo in passato a sanzioni disciplinari nei confronti degli altri dipendenti, per essere sempre stato tollerato dai superiori – che ne devono ovviamente essere a conoscenza – esso non può costituire motivo di licenziamento.

Questo caso della Cassazione sottolinea l’importanza di valutare le circostanze complete in cui si verifica un’azione contestata prima di procedere con un licenziamento. Dimostra anche che le pratiche aziendali condivise, anche se non formalmente approvate, possono avere un impatto significativo sulle decisioni legali relative al posto di lavoro.

 
Pubblicato : 20 Dicembre 2023 10:00