Si può essere licenziati per aver abbandonato la chat aziendale?
Illegittimo il licenziamento per abbandono della chat aziendale
Il caso: un lavoratore spagnolo è stato licenziato per giusta causa per aver lasciato la chat aziendale in quanto “troppo invadente”; su questa l’azienda richiedeva di inviare quotidianamente foto o video relative all’attività svolta. Una simile richiesta datoriale è sempre legittima? Si può essere licenziati per aver abbandonato la chat aziendale? Cerchiamo di fare chiarezza in proposito e di dare risposta a questi interrogativi, soffermandoci in particolare sulle regole che dovrebbe avere la chat aziendale.
Il licenziamento per giusta causa
Il licenziamento per giusta causa è quel recesso giustificato dala violazione da parte del lavoratore dei propri doveri, in modo talmente grave da non rendere possibile la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto di lavoro. In altre parole, questo tipo di licenziamento trova ragione in comportamenti del lavoratore così gravi da ledere irreparabilmente il rapporto di fiducia che lo lega all’azienda. Si tratta, generalmente, di comportamenti posti in essere in violazione di norme di legge, contrattualcollettive, o di regolamento aziendale.
Trattandosi di un licenziamento di carattere disciplinare, per essere legittimo, esso deve necessariamente essere preceduto dall’apertura di un procedimento disciplinare, mediante l’invio di una contestazione di addebito disciplinare al lavoratore. Tale contestazione scritta dovrà contenere l’esatta indicazione dei fatti che si addebitano al dipendente e delle norme di legge, contrattualcollettive, o di regolamento aziendale che si ritengono violate, oltre all’indicazione di un termine a difesa, non inferiore a cinque giorni o al diverso termine previsto dal CCNL di categoria, entro il quale egli dovrà presentare le proprie giustificazioni.
Rese le giustificazioni, il datore di lavoro, entro il termine previsto dal CCNL applicato al rapporto, dovrà archiviare il procedimento, oppure irrogare la sanzione disciplinare.
Il licenziamento per giusta causa è un licenziamento in tronco dunque senza preavviso.
Il potere di controllo del datore di lavoro
Nel caso di specie al dipendente veniva ripetutamente chiesto dall’azienda di inserire nella chat aziendale foto e video relativi allo svolgimento delle proprie mansioni.
Una tale richiesta rappresenta un’indebita ingerenza nell’attività del dipendente e, soprattutto, un modo per controllarne l’operato al di fuori dei limiti imposti dalla legge.
Le norme che vietano o comunque limitano il potere di controllo datoriale mediante l’utilizzo di strumenti audiovisivi o tecnologici, sono, da un lato, lo Statuto dei Lavoratori (L. 399/1970), che stabilisce infatti il divieto di controllo dei lavoratori mediante l’installazione di telecamere o altri strumenti analoghi, nonché mediante la messa a disposizione di dispositivi geolocalizzazione, quali pc, tablet e smartphone; parallelamente troviamo le norme in materia di privacy, che mirano a preservare la riservatezza del dipendente.
L’invito pressante dell’azienda ad inserire nella chat aziendale foto o video dell’attività quotidianamente svolta, può considerarsi sicuramente un modo per controllare a distanza i lavoratori e, pertanto, il dipendente che ritenga che tale modo di operare sia lesivo della propria riservatezza, può legittimamente abbandonare la chat aziendale, oppure rifiutarsi di inserirvi contenuti considerati non appropriati.
La chat e il gruppo aziendale
Nel nostro paese non esiste una normativa specifica che detti regole circa l’utilizzo della chat aziendale. Sicuramente, però, possiamo trovare alcune importanti indicazioni nella giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Innanzitutto, il contenuto di una conversazione WhatsApp nell’ambito di un gruppo costituito da soli dipendenti è da considerarsi riservato e pertanto qualsiasi giudizio negativo presente nei confronti dell’azienda non può essere utilizzato come prova nei confronti del lavoratore che lo ha espresso.
Oltre a ciò, si evidenzia che la chat aziendale, alla quale partecipino anche superiori gerarchici, non può diventare un subdolo strumento di controllo dell’operato dei lavoratori, in quanto, come detto in precedenza, si verificherebbe una violazione sia dello Statuto dei lavoratori, sia delle norme in materia di privacy.
L’abbandono della chat aziendale non può considerarsi un comportamento antigiuridico, tale da legittimare il licenziamento, se compiuto in modo idoneo a non pregiudicare l’organizzazione del lavoro da parte dell’azienda, la possibilità del dipendente di conoscere le direttive aziendali e l’organizzazione della propria prestazione lavorativa.
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