Sconosciuto bacia sulla guancia una bambina: si può denunciare?
Violenza sessuale solo quando il bacio sulla guancia viene dato in modo che la vittima non possa sottrarsi ad esso e sfuggire.
Si può denunciare uno sconosciuto che bacia una bambina sulla guancia? La questione si è posta di recente dinanzi alla Cassazione. I pregressi della Suprema Corte hanno spesso parlato di «violenza sessuale» tutte le volte in cui un uomo bacia una donna senza che questa lo voglia, anche tramite sotterfugi e atti furtivi, volti a impedire che questa si divincoli o possa sottrarsi al gesto. E ciò vale non solo per il bacio sulle labbra, ma anche quello sul collo o su altre parti del corpo.
È chiaramente più delicata la situazione che coinvolge una minorenne vista l’incapacità dei bambini di gestire situazioni particolari come questa e di poter reagire anche fisicamente. Ecco perché, tenuto peraltro conto dei numerosi episodi di pedofilia che si registrano nelle città, è chiaro che i genitori della piccola possano chiedersi quali conseguenze rischi chi poggia le proprie labbra sul volto della presunta vittima.
Dicevamo quindi che alla Cassazione è stato chiesto: si può denunciare una persona che bacia una bambina sulla guancia senza che vi sia chiaramente una ragione affettiva a giustificare il gesto?
Bene, nella sentenza in questione la Suprema Corte [1] ha minimizzato il gesto, tenendo conto delle circostanze concrete. E questo perché l’uomo aveva agito in maniera non repentina, semplicemente chinandosi a baciare sulla guancia la bambina, senza toccarla in altre parti del corpo e senza rivelare alcun desiderio o appagamento sessuale.
Ecco che in situazioni in cui invece il bacio sia strisciante e immediato, tale cioè da non consentire di sottrarsi ad esso, specie se le mani si posano sul corpo della minorenne (non necessariamente gli organi sessuali), potendo solo costringerla a non allontanarsi, allora sì che ricorrono gli estremi del reato di atti sessuali con minore o di violenza sessuale se si tratta di maggiorenne.
La vicenda riguarda un uomo di oltre 40 anni che è stato processato per avere dato un bacio sulla guancia a una bambina a lui completamente estranea. Il Tribunale ha ridimensionato l’accusa a mera molestia, escludendo il reato di violenza sessuale, e assolto l’uomo per la sua incapacità di intendere e di volere. Tuttavia, la Procura ha presentato un ricorso in Cassazione contestando la decisione del Tribunale e sostenendo che il bacio deve essere considerato una violenza sessuale, alla luce dei rapporti tra l’uomo e la bambina, della differenza di età, della repentinità del gesto e del fatto che la bambina non sia riuscita a dormire la notte dopo l’incidente.
Il caso solleva importanti questioni sulla definizione di violenza sessuale e sulla valutazione degli elementi che la caratterizzano. In particolare, la vicenda mette in luce la necessità di prendere in considerazione non solo la tipologia del gesto, ma anche il contesto in cui si è verificato e le reazioni delle persone coinvolte.
La Procura ha sostenuto che il bacio sulla guancia, nel caso specifico, deve essere considerato una violenza sessuale, in quanto il gesto è stato compiuto da un uomo adulto su una bambina molto più giovane di lui, a lei totalmente sconosciuta, e ha causato una forte reazione emotiva. Il Tribunale, invece, ha valutato la situazione in modo diverso, escludendo il reato e assolvendo l’uomo.
La Cassazione ha richiamato il principio secondo cui «in tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale nella forma «consumata» e non «tentata» ma solo allorquando, in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l’azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato di fatto, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima».
Proprio alla luce di tale principio, nel caso di specie non è stato assegnato al bacio un valore che andasse al di là di un gesto non più che molesto. E ciò, come detto, solo perché il fatto non è sembrato “subdolo” ai giudici.
Irrilevante, chiariscono i magistrati di terzo grado, il riferimento alla «reazione delle persone presenti» e alla «reazione, postuma, della bambina», reazione spiegata in Tribunale come «conseguente alla visione del comportamento allarmato mostrato dagli adulti che le erano vicini». Impossibile, infine, ipotizzare il reato di violenza privata, poiché «è mancato in concreto il carattere di repentinità della condotta», concludono i magistrati.
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