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Rivelare alla moglie che il marito ha l’amante è reato?

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(@mariano-acquaviva)
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Caio viene a conoscenza del fatto che il suo amico Tizio ha tradito la propria fidanzata con Sempronia e, quindi, riferisce tale notizia alla fidanzata di Tizio (anche lei amica di Caio) fornendo “prove” quali i messaggi scambiati tra Tizio e Sempronia. La fidanzata di Tizio, appresa la notizia, decide di lasciarlo. Caio potrà essere chiamato a rispondere penalmente per aver mostrato tali messaggi? Potrà essere chiamato a rispondere penalmente per il solo fatto di aver rivelato alla fidanzata di Tizio il tradimento di quest’ultimo?

Per quanto riguarda la rivelazione del tradimento, la Suprema Corte (Cass. pen., ud. 21 gennaio 2022 – dep. 1° aprile 2022, n. 12013) ha stabilito che costituisce reato di molestie inviare alla moglie tradita le foto intime del marito tra le braccia dell’amante, purché però la condotta sia reiterata nel tempo. Il caso riguardava, infatti, una donna che, per fare dispetto alla moglie del suo amante, le inviava più volte, tramite WhatsApp, foto dei loro incontri amorosi.

Questa sentenza si pone nel solco tracciato dalla precedente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale anche l’invio di alcuni sms al coniuge tradito per informarlo della relazione adulterina costituisce il reato di molestie (Cass., sent. n. n. 28852/2009).

Anche altra sentenza (Cass., sent. n. 28493/2015) è giunta ad analoghe conclusioni in relazione alle rivelazioni che la ex amante, per vendetta, comunicava alla moglie del traditore, in tre lunghe telefonate.

Nel caso esposto nel quesito, la condotta non sembra riconducibile a questa fattispecie. Per quanto riguarda la mera rivelazione del tradimento, quindi, non si riscontrano profili di illiceità, né civili né tantomeno penali.

Per quanto concerne le “prove del tradimento” mostrate alla vittima di infedeltà, bisogna distinguere a seconda dei modi con cui si è entrati in possesso di detti elementi: se, infatti, i messaggi comprovanti il tradimento sono stati sottratti senza il consenso, allora ciò può costituire un illecito penale.

Ad esempio, se si è riusciti ad avere i messaggi entrando nell’account personale altrui, allora può scattare il delitto di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico (art. 615-ter cod. pen.); stesso reato si integra a carico di chi spia il cellulare altrui anche se questo è già aperto: l’accesso abusivo si configura, infatti, anche quando chi entra nel sistema conosce le credenziali, perché comunicate dal titolare, ma poi ne fa un uso che va oltre l’autorizzazione ricevuta.

Insomma: sarebbe illegale anche accedere al cellulare o al computer altrui lasciato sfornito di password per apprendere notizie riservate, magari fotografandole.

Secondo la Cassazione, infatti, chi spia il cellulare altrui commette sempre reato, anche se questo è “sprotetto”. Non conta eventualmente che la password del profilo sia già registrata per evitare di inserirla a ogni accesso: l’accesso abusivo si configura anche quando chi entra nel sistema conosce le credenziali, perché gliele ha comunicate il titolare, ma poi ne fa un uso che va oltre l’autorizzazione ricevuta.

Potrebbe configurarsi in teoria anche il reato di violazione della privacy ai sensi dell’art. 167 d. lgs. n. 196/2003, che scatta ogni volta che qualcuno, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, viola la privacy altrui comunicando dati personali riservati. La pena è la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi.

Affinché si integri questo reato è però necessario che ricorra il dolo specifico, cioè la volontà di trattare illecitamente i dati personali al fine di trarne un guadagno economico oppure di danneggiare la vittima.

Il danno può consistere tanto in un pregiudizio di natura patrimoniale quanto non patrimoniale subito dal soggetto i cui dati sono trattati. Il nocumento può quindi consistere anche nella sola sofferenza interiore ingiustificata della vittima, pur senza ricadute economiche.

È necessario, inoltre, che siano violate le disposizioni che individuano il corretto trattamento di taluni dati personali, e cioè: quelli relativi al traffico, all’ubicazione e alle comunicazioni indesiderate.

Se, invece, la rivelazione del tradimento è avvenuta mostrando messaggi di cui si era in possesso in quanto diretto destinatario, potrebbe in teoria integrarsi una violazione della privacy, nella misura in cui contenevano informazioni riservate. Si tratterebbe però di un illecito civile e non penale, atteso che, come detto in precedenza, per far scattare il reato occorre il dolo specifico.

Nemmeno sembra ravvisabile il delitto di diffamazione, in quanto il tradimento avrebbe dovuto essere rivelato ad almeno due persone, e comunque non sembra che la condotta fedifraga, in assenza di matrimonio, possa costituire una vera lesione della reputazione della persona offesa.

Tanto premesso, tirando le fila di quanto detto sinora, a sommesso parere dello scrivente nella condotta esposta nel quesito potrebbe al massimo ravvisarsi una violazione della riservatezza altrui costituente un illecito civile, per il quale quindi si potrebbe agire in giudizio per chiedere gli eventuali danni, sempreché le informazioni divulgate siano state strettamente riservate.

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Pubblicato : 4 Febbraio 2023 08:30