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Ritardo nel deposito delle sentenze da parte dei magistrati

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(@gianluca-scardaci)
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L’inosservanza, anche ripetuta e grave, da parte del magistrato, dei termini di deposito delle sentenze non integra, di per sé sola, il reato di rifiuto di atti d’ufficio per ragioni di giustizia ai sensi dell’articolo 328 comma 1 del codice penale, qualora non sussista una indifferibilità dell’atto omesso, la quale non può essere desunta dall’esigenza di regolare andamento dell’attività giudiziaria, ma presuppone che il ritardo determini un pericolo concreto di pregiudizio per le parti interessate, derivante dalla mancata definizione dell’assetto regolativo degli interessi coinvolti nel procedimento  

Si parla tanto, forse troppo, specie nel momento storico che stiamo vivendo, dei tempi della giustizia, della sua farraginosità, di cosa andrebbe fatto per velocizzarne gli effetti, senza mai però venire a capo del problema. Probabilmente perché le cause sono diverse, le più varie, e sono addebitabili a tanti fattori del rapporto processuale: parti, avvocati, adempimenti burocratici, codici, leggi e oggi, specie nell’ambito del processo penale, depositi telematici ai limiti del possibile. Se tutto questo è vero, e a sommesso parere di chi scrive, è vero, non si può sottovalutare anche l’aspetto riguardante il deposito dei provvedimenti da parte dei magistrati. Anche in questo caso, in maniera contraddittoria, assistiamo a vere e proprie formule di stile da parte dei propri rappresentanti, certamente in parte fondate, ma anche in altrettanta parte pretestuose: il numero dei magistrati è inferiore al necessario, ma intanto si bandiscono pochi concorsi sul presupposto che non ci sono le risorse economiche, che però si trovano sempre per tutto il resto; in esito agli esami vengono ritenuti idonei meno soggetti rispetto ai posti disponibili. Potremmo continuare all’infinito ma non è questo l’oggetto dell’articolo. In tutto questo i magistrati in funzione, che, a onor del vero lavorano tanto, inevitabilmente rimangono indietro in qualcosa, specie nel deposito delle sentenze quando ciò non comporti la decorrenza dei termini di custodia cautelare o la maturazione della prescrizione. Di qui il nostro interrogativo a proposito del ritardo nel deposito delle sentenze da parte dei magistrati.

In cosa incorre il magistrato che ometta di depositare le sentenze?

La questione riguarda la responsabilità del magistrato in ipotesi di inosservanza, anche ripetuta e grave, dei termini per il deposito delle sentenze. In casi come quello appena delineato, il delitto di cui all’articolo 328 del codice penale sussiste solo se il ritardo abbia determinato il pericolo concreto di pregiudizio per le parti. L’indifferibilità dell’atto deve scaturire da un ritardo idoneo a determinare il pericolo concreto di pregiudizio per le parti coinvolte nel procedimento. Ma anche in questo caso, si potrebbe obiettare da parte della difesa di un magistrato accusato, che il pregiudizio debba riguardare atti che per ragioni di giustizia devono essere adottati immediatamente. L’obiezione però non sembra convincere.

Qual è infatti la condotta incriminata?

L’articolo 328 del codice penale punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo. La condotta quindi consiste nel rifiuto indebito di compiere un atto d’ufficio che si configura quale atto urgente che deve essere adottato senza ritardo per una delle ragioni sopra descritte. In questa locuzione sta la differenza.

La condotta inoltre, nel caso di mancato deposito di sentenze, incide su beni giuridici di valore primario quali per esempio la giustizia. In questa prospettiva, il bene giuridico tutelato coincide con l’interesse generale al buon andamento della pubblica amministrazione al fine di garantire valori di rilievo costituzionale. Se sul piano oggettivo, quindi, la responsabilità del magistrato certamente sarebbe da rintracciare in una ipotesi nella quale l’atto doveva essere compiuto senza ritardo e, non essendo adempiuto, per esempio non depositando la motivazione, esso ha causato ineludibili pregiudizi, per la configurabilità del reato, diversamente da altro tipo di responsabilità di cui si tratterrà a breve, è necessaria anche la presenza dell’elemento soggettivo, rappresentato dalla coscienza e volontà di omettere il deposito della sentenza, e quindi di agire indebitamente. Risulta chiaro quindi che sul piano penale, a meno di casi davvero eclatanti, sarà difficile configurare la responsabilità a carico del magistrato per il mancato deposito dell’atto richiesto. Un conto è infatti il mancato deposito di una sentenza, elemento oggettivo del reato, un altro è la volontà di non depositare. In questo caso, comprendete bene, la responsabilità sarebbe davvero elevata.

Esiste un altro tipo di responsabilità per i magistrati?

Il d.lg. n. 109 del 2006 prevede una responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, ossia facenti parte dell’ordinamento giudiziario,  con riguardo alla quale disciplina ipotesi di illecito disciplinare collegate all’esercizio delle funzioni, ipotesi di illecito disciplinare poste in essere al di fuori dell’esercizio delle funzioni e ipotesi di illecito disciplinare conseguente a reato.

In entrambi i casi, però, il problema è sempre lo stesso, anzi addirittura paradossale: l’articolo 2 lett. q) d.lg. n. 109 del 2006 impone di valutare se il ritardo possa configurarsi come condotta rilevante non solo sul piano disciplinare ma anche penale. Come dire, insomma, in maniera alquanto bizzarra, se non si ravvisano i presupposti della responsabilità penale (impossibile come detto sul piano dell’intenzionalità) difficilmente essi saranno rintracciabili nella responsabilità disciplinare.

Chi scrive non ritiene chiaramente che i magistrati siano in mala fede allorché non depositino i provvedimenti, ma che tralascino determinati provvedimenti in luogo di altri è innegabile: si pensi a tutte le riserve ordinanze con le quali devono o dovrebbero decidere su una richiesta di archiviazione di un procedimento, lasciando nel limbo la persona offesa che si aspetta giustizia e l’indagato che aspetta la dichiarazione di estraneità ai fatti; si pensi a quegli atti di appello che per via dell’intasamento del carico rimangono in attesa di essere discussi per anni, senza che si possa far nulla per sollecitare, perché comunque seguono una cadenza temporale in base all’anno di emissione di sentenza; si pensi agli incidenti di esecuzione, che sono quelli per esempio con i quali i condannati chiedono l’estinzione del reato previsto per legge decorsi i termini previsti: tutte situazioni nelle quali non è certo ravvisabile una responsabilità del magistrato, penale o disciplinare che sia, ma per le quali va necessariamente trovato un rimedio. Altrimenti il danno ricadrà sempre sul cittadino, persona offesa o imputato che sia.

 
Pubblicato : 6 Febbraio 2024 09:35