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Rifiuto a svolgere mansioni: ultime sentenze

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Il diritto del pubblico dipendente allo svolgimento delle attività proprie della qualifica rivestita. Il rifiuto del lavoratore a svolgere mansioni diverse è giusta causa di licenziamento?

Rifiuto del lavoratore all’assegnazione a mansioni diverse in alternativa al trasferimento

La tutela rafforzata cui ha diritto il lavoratore che assista con continuità un familiare invalido exart. 33, comma 5, L. n. 104 del 1992 – ai cui sensi “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede” – opera e prevale, con riguardo al profilo inerente al diritto a non essere trasferito, in riferimento alle ordinarie esigenze tecniche, organizzative, produttive aziendali (art. 2013 cod. civ.), con il limite della soppressione del posto o di altre situazioni di fatto insuscettibili di essere diversamente soddisfatte (nel caso concreto tale situazione di fatto è stata ritenuta provata dalla corte di merito, unitamente al rifiuto del lavoratore all’assegnazione a mansioni diverse in alternativa al trasferimento).

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2022, n.33429

Rifiuto mansioni inferiori: tutela reintegratoria della lavoratrice illegittimamente licenziata

La tutela reintegratoria ex art. 18, comma 4, statuto dei lavoratori, applicabile ove sia ravvisata l’insussistenza del fatto contestato, comprende l’ipotesi di assenza ontologica del fatto e quella di fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità (confermata, nella specie, la decisione dei giudici del merito che avevano accertato la proporzionalità e conformità a buona fede del rifiuto opposto dalla lavoratrice allo svolgimento di prestazioni inferiori e non pertinenti alla sua qualifica, talché la condotta contestata risultava deprivata del carattere di illiceità disciplinare che connota il licenziamento; segnatamente, la donna, assunta come cuoca e come tale tenuta all’approntamento dei pasti relativi all’utenza, nonché a tutte le attività preesistenti e successive indispensabili a consentire la preparazione e l’assunzione dei cibi, si era rifiutata di portare le colazioni in classe agli studenti).

Cassazione civile sez. lav., 18/10/2022, n.30543

Demansionamento: prestazione lavorativa del dipendente

Non configura eccezione di inadempimento rilevante ai sensi dell’art. 1460 c.c. la condotta della lavoratrice che, a seguito di un provvedimento di adibizione a mansioni inferiori, rifiuti di presenziare per ben due volte alla visita medica di idoneità allo svolgimento delle suddette mansioni, con lo scopo di contrastare un illegittimo demansionamento.

L’art. 1460 c.c., infatti, è invocabile soltanto nel caso di totale inadempimento del datore di lavoro o in ipotesi di gravità della condotta tale da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo (cfr. Cass. n. 836/2018).

Il rifiuto di svolgere la prestazione lavorativa in reazione a un provvedimento di demansionamento è pertanto illegittimo, giustificando il conseguente licenziamento per giusta causa senza preavviso del datore di lavoro.

Cassazione civile sez. lav., 06/09/2022, n.26199

Rifiuto di trasferirsi all’estero a svolgere le proprie mansioni

Va ritenuto legittimo un licenziamento per giusta causa nell’ipotesi in cui il dipendente si rifiuti di trasferirsi all’estero a svolgere le proprie mansioni pretendendo di far valere il proprio diritto allo studio ex art. 10 l. 20 maggio 1970 n. 300, da esercitarsi in luogo diverso dalla sede lavorativa assegnata, poiché detto diritto pur essendo di tipo assoluto deve sempre coordinarsi con le esigenze organizzative del datore di lavoro.

Tribunale Vicenza, 16/09/2020, n.218

Quando il rifiuto del lavoratore di svolgere le mansioni è legittimo

Il lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla qualifica può chiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell’ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutarsi senza avallo giudiziario di eseguire la prestazione richiestagli, essendo egli tenuto a osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dall’imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall’art. 41 Cost., e potendo egli invocare l’art. 1460 c.c. solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro, o che sia tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo.

Tribunale Firenze sez. lav., 29/06/2020, n.303

Demansionamento e riorganizzazione aziendale

Non costituisce demansionamento, ai sensi dell’art. 2103, c.c., l’adibizione di un lavoratore a mansioni in parte inferiori rispetto a quelle svolte precedenti, nel caso in cui la società datrice di lavoro provi l’esatto adempimento degli obblighi di cui al medesimo art. 2103, c.c. ovvero, in alternativa, l’impossibilità dell’adempimento derivante da causa a lui non imputabile, ai sensi dell’art. 1218, c.c., in tema di obbligazioni contrattuali.

Ne consegue, che a fronte del rifiuto opposto dal lavoratore di svolgere attività equivalenti a quelle precedentemente poste in essere presso siti diversi dalla sede aziendale, nell’ambito di una ristrutturazione aziendale con riduzione di specifiche posizioni lavorative, è legittima l’assegnazione dello stesso a mansioni anche in parte inferiori.

Cassazione civile sez. lav., 01/07/2019, n.17634

Il rifiuto del lavoratore opposto al datore di lavoro

Non integra giusta causa di licenziamento il rifiuto del lavoratore a svolgere mansioni diverse, opposto prima di conoscere gli esiti della visita medica di idoneità cui è stato sottoposto e relativamente ad un ordine di servizio generico che non individua ancora esattamente i nuovi compiti da espletare.

Cassazione civile sez. lav., 05/06/2018, n.14391

Giustificato rifiuto a svolgere le mansioni superiori

È illegittimo il licenziamento comminato dal datore di lavoro a seguito del rifiuto del lavoratore a svolgere la prestazione lavorativa; prefigura, inoltre, gli estremi dell’eccezione di inadempimento, nel caso in cui tale rifiuto sia determinato dal mancato riconoscimento del superiore livello, maturato dal lavoratore a fronte dello stabile svolgimento delle nuove mansioni da oltre tre anni.

Cassazione civile sez. lav., 07/10/2016, n.20222

Il lavoratore può rifiutarsi di svolgere mansioni incompatibili con la sua salute?

Il lavoratore adibito a mansioni che ritenga incompatibili con il proprio stato di salute può chiedere la destinazione a compiti più adeguati ma non, senza avallo giudiziario, rifiutare l’esecuzione della prestazione, potendo invocare l’art. 1460 c.c. solo se l’inadempimento del datore di lavoro sia totale ovvero sia talmente grave da pregiudicare irrimediabilmente le esigenze vitali del lavoratore. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto legittimo il licenziamento di un portalettere, che si era reiteratamente rifiutato di svolgere le mansioni di recapito della corrispondenza per asserita inidoneità fisica e al quale, nonostante l’accertata idoneità, era stato comunque messo a disposizione un mezzo aziendale per lo svolgimento della prestazione).

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2016, n.831

Sostituzione di un collega assente

Il rifiuto del lavoratore di rendere solo una parte delle mansioni che è tenuto a svolgere non può essere qualificato come sciopero – il quale presuppone un rifiuto integrale – bensì come un mero inadempimento parziale della prestazione, passibile di conseguenze sul piano disciplinare (nella specie, il dipendente si era rifiutato di svolgere una «prestazione aggiuntiva», come definita dall’accordo sindacale del 20 luglio 2004, consistente nella sostituzione di un collega assente – appartenente alla medesima area ed entro determinati limiti di orario giornalieri e mensili – nella consegna della corrispondenza).

Cassazione civile sez. lav., 10/07/2015, n.14457

Rifiuto di effettuare una mansione contrattualmente prevista

Non costituisce legittimo esercizio del diritto di sciopero, il rifiuto di rendere la prestazione, per una data unità di tempo, che non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere (cd. sciopero delle mansioni).

Cassazione civile sez. lav., 06/11/2014, n.23672

Lo sciopero delle mansioni

Il rifiuto di eseguire una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore, non costituisce l’esercizio legittimo del diritto di sciopero e può, quindi, configurare una responsabilità contrattuale e disciplinare del dipendente (nella specie, la Corte ha ritenuto che il rifiuto da parte di un portalettere di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza di competenza di un collega assegnatario di altra zona della medesima area territoriale, in violazione dell’obbligo di sostituzione previsto dal contratto collettivo non costituisce astensione dal lavoro straordinario, ne’ astensione per un orario delimitato e predefinito, ma è rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute, situazione assimilabile a quella del cd. sciopero delle mansioni, perché, all’interno del complesso di attività che il lavoratore è tenuto a svolgere, l’omissione concerne uno specifico di tali obblighi).

Cassazione civile sez. lav., 06/11/2014, n.23672

Astensione collettiva dal lavoro

In tema di astensione collettiva dal lavoro, non costituisce legittimo esercizio del diritto di sciopero il rifiuto di rendere la prestazione, per una data unità di tempo, che non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere (cd. sciopero delle mansioni), come ad esempio il rifiuto di sostituire un collega assente, nonostante l’obbligo in tal senso previsto dalla contrattazione collettiva.

Cassazione civile sez. lav., 16/10/2013, n.23528

Principio di autotutela nel contratto a prestazioni corrispettive

Il rifiuto, da parte del lavoratore subordinato, di essere addetto allo svolgimento di mansioni non spettanti può essere legittimo e quindi non giustificare il licenziamento in base al principio di autotutela nel contratto a prestazioni corrispettive enunciato dall’art. 1460 c.c., sempre che il rifiuto sia proporzionato all’illegittimo comportamento del datore di lavoro e conforme a buona fede.

Ne consegue che deve considerarsi legittimo il rifiuto opposto da un dipendente di una società che si occupa del commercio e della vendita di alimenti e bevande, e che è articolata sul territorio in più punti vendita, di svolgere il servizio di permanenza di direzione di uno di questi punti vendita -servizio che comporta l’assunzione del ruolo di responsabile del punto vendita stesso, nei suoi riflessi anche penalistici – se non è dimostrato che si tratta di un compito rientrante nella qualifica di competenza del lavoratore e che questi ha conoscenze adeguate per il relativo svolgimento.

Cassazione civile sez. lav., 19/07/2013, n.17713

Gravità dell’inadempimento del lavoratore

In base al principio di autotutela di cui all’art. 1460 c.c., il rifiuto del lavoratore di svolgere la prestazione può essere legittimo, e quindi inidoneo a giustificare il licenziamento, a condizione che sia proporzionato all’illegittimo comportamento datoriale (nella specie, la Corte ha ritenuto che il prolungato demansionamento operato dalla società datrice – pur senza giustificare un totale rifiuto del lavoratore a svolgere le proprie mansioni – poteva essere preso in considerazione per inferirne un ridimensionamento della gravità dell’inadempimento del lavoratore, licenziato per giusta causa in ragione dalla ripetuta inosservanza dell’orario di lavoro)

Cassazione civile sez. lav., 24/01/2013, n.1693

Esercizio delle mansioni superiori

Il diritto del pubblico dipendente allo svolgimento delle mansioni proprie della qualifica rivestita vale a giustificare l’eventuale rifiuto del dipendente di svolgere mansioni diverse, ma da esso non può farsi derivare, in mancanza di disposizioni legislative o contrattuali in tal senso, anche il diritto alle relative differenze retributive nel caso in cui tali diverse mansioni vengano esercitate.

Consiglio di Stato sez. V, 02/08/2010, n.5064

Diritto alle relative differenze retributive

Il diritto del pubblico dipendente allo svolgimento delle mansioni proprie della qualifica rivestita vale a giustificare il suo eventuale rifiuto di svolgere mansioni diverse, ma da esso non può farsi derivare, in mancanza di disposizioni legislative o contrattuali in tal senso, anche il diritto alle relative differenze retributive nel caso in cui tali diverse mansioni siano state da lui effettivamente esercitate, atteso che le differenze retributive spettano, in via generale, mancando in precedenza un’esplicita disposizione in tal senso, solo dal momento dell’entrata in vigore dell’art. 15, d. lg. 29 ottobre 1998 n. 387 e, quindi, dal 22 novembre 1998.

Consiglio di Stato sez. V, 16/07/2010, n.4615

Rifiuto di svolgere nuove mansioni e licenziamento

È legittimo, in base al principio di autotutela nel contratto a prestazioni corrispettive ex art. 1460 c.c., il rifiuto, da parte del lavoratore subordinato, di essere addetto allo svolgimento di mansioni non spettanti, sempre che tale rifiuto sia proporzionato all’illegittimo comportamento del datore di lavoro e conforme a buona fede.

Pertanto, nel caso in cui il lavoratore, licenziato per aver rifiutato di svolgere le nuove mansioni affidategli dal datore di lavoro, deduca la violazione dell’art. 2103 c.c., formulando, così, una eccezione di inadempimento nei confronti della controparte, il giudice, chiamato a procedere ad una valutazione complessiva dei comportamenti di entrambe le parti, deve verificare in primo luogo la correttezza dell’operato del datore di lavoro in relazione all’eventuale illegittimità dell’esercizio dello “ius variandi”; ne consegue che in una controversia siffatta è necessario accertare anzitutto la qualifica e le mansioni del dipendente al fine di stabilire se la lamentata modificazione di queste abbia dato luogo o meno ad un illegittimo esercizio dei poteri datoriali.

Cassazione civile sez. lav., 12/02/2008, n.3304

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Pubblicato : 3 Gennaio 2023 05:30