Riconoscimento fotografico: cos’è e come funziona?
In cosa consiste la ricognizione personale? Che valore probatorio ha l’identificazione del colpevole mediante riconoscimento su album fotografico?
La polizia può avvalersi di innumerevoli strumenti per portare a compimento le proprie indagini e risalire così al colpevole del reato. Tra questi c’è la cosiddetta “ricognizione”, all’interno della quale è possibile far rientrare anche il riconoscimento fotografico. Cos’è e come funziona?
In effetti, la denominazione di questo mezzo d’indagine è già di per sé sufficiente a dare l’idea di cosa si tratti. La legge, però, non lascia mai nulla al caso: anche per la ricognizione personale e per il riconoscimento fotografico, infatti, sono stabilite delle regole precise. Vediamo di cosa si tratta.
Ricognizione di persone: che cos’è?
La ricognizione di persone è un mezzo di prova che consente di individuare il presunto responsabile di un reato mediante il riconoscimento che la persona offesa o il testimone riesce a fare, scegliendo tra più soggetti che gli sono presentati.
La ricognizione personale è tipica dei film e telefilm americani: davanti alla vittima, accuratamente nascosta dietro un vetro a specchio, vengono posti diversi soggetti che corrispondono alla descrizione del presunto colpevole, cosicché possa indicare quello che riconosce come tale.
Come funziona la ricognizione personale?
La ricognizione di persone si svolge secondo modalità espressamente stabilite dalla legge.
Preliminarmente, a pena di nullità dell’intera operazione, il giudice deve invitare colui che deve eseguire la ricognizione a descrivere il sospettato indicando tutti i particolari che ricorda; poi, deve chiedergli se:
- sia stato già chiamato a eseguire il riconoscimento;
- prima e dopo il fatto per cui si procede, abbia visto, anche se riprodotta in fotografia o altrimenti, la persona da riconoscere;
- la persona gli sia stata indicata o descritta da altri;
- vi siano altre circostanze che possano influire sull’attendibilità del riconoscimento [1].
Compiute queste operazioni preliminari, si passa alla ricognizione vera e propria. Innanzitutto, colui che deve eseguire la ricognizione deve essere allontanato per far entrare almeno due persone il più possibile somiglianti, anche nell’abbigliamento, a quella descritta come responsabile.
Invita quindi quest’ultima a scegliere il suo posto rispetto alle altre, curando che si presenti, sin dove è possibile, nelle stesse condizioni nelle quali sarebbe stata vista dalla persona chiamata a effettuare la ricognizione.
Ad esempio, se al momento del furto il ladro è stato visto indossare una giacca nera con una sciarpa rossa, dovrà presentarsi alla ricognizione con gli stessi indumenti.
Solamente una volta che il sospettato e le persone a lui somiglianti sono disposte in fila, una accanto all’altra, viene nuovamente fatto entrare colui che deve eseguire il riconoscimento, il quale è invitato a effettuare l’identificazione.
Se vi è fondata ragione di ritenere che la persona chiamata alla ricognizione possa subire intimidazione o altra influenza dalla presenza di quella sottoposta a ricognizione, il giudice dispone che l’atto sia compiuto senza che quest’ultima possa vedere la prima: è il caso, sopra esemplificato, del riconoscimento che avviene dietro un vetro a specchio [2].
Cos’è il riconoscimento fotografico?
Il riconoscimento fotografico è del tutto simile alla ricognizione personale appena descritta, con la differenza che l’individuazione avviene sulla base di immagini e fotografie in possesso della polizia, quindi senza la presenza fisica dei soggetti “papabili”.
Come funziona il riconoscimento fotografico?
A differenza della ricognizione personale, il riconoscimento fotografico non necessita di particolari formalità: non occorre quindi che avvenga in presenza del giudice o che siano convocati i soggetti somiglianti al sospettato, né ovviamente che siano adottate precauzioni per tutelare il soggetto identificante.
Ciò avviene perché il riconoscimento fotografico è un mezzo di prova atipico, cioè non espressamente previsto dalla legge ma comunque ammesso.
Il Codice di procedura penale afferma che, quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti. In questi casi, il giudice provvede alla sua ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova [3].
Riconoscimento fotografico: che valore probatorio ha?
Secondo la giurisprudenza [4], il riconoscimento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari è prova pienamente utilizzabile e idonea ad accertare la responsabilità del reo, purché, attraverso l’acquisizione dell’album fotografico, il giudice sia posto in grado di apprezzare compiutamente l’affidabilità del risultato probatorio, verificando in particolare il numero e la qualità delle fotografie sottoposte al dichiarante e le caratteristiche fisionomiche sia della persona riconosciuta che delle altre.
In pratica, in assenza di regole certe, la giurisprudenza ritiene affidabile il riconoscimento fotografico dell’imputato, purché questo sia avvenuto mettendo il soggetto identificante nelle condizioni di poter scegliere tra soggetti fra loro somiglianti, sia per fisionomia che per abbigliamento, riproducendo così le modalità di esecuzione della ricognizione personale.
Nello stesso senso anche altra giurisprudenza [5], secondo cui il riconoscimento fotografico operato dalla polizia costituisce uno strumento probatorio atipico la cui efficacia è condizionata all’adozione di cautele (quali la descrizione, prima dell’identificazione, delle fattezze dell’autore del reato e delle circostanze della percezione visiva avuta del medesimo) che consentano al giudice e alle parti la necessaria verifica del grado di attendibilità di colui che opera il riconoscimento.
Secondo la Cassazione [6], l’individuazione di un soggetto, sia personale che fotografica, è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione; pertanto, la sua forza probatoria non deriva dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale.
Ad esempio, i Supremi giudici hanno ritenuto fondata la responsabilità di due ladri che, pur essendosi dati alla fuga, sono stati riconosciuti dalla vittima appena due settimane dopo il fatto mediante identificazione fotografica [7].
Di diverso avviso altra sentenza [8], invece, per cui il riconoscimento fotografico operato in fase di indagini non può fondare in modo esclusivo l’affermazione di responsabilità penale dell’imputato.
Secondo questa tesi, l’individuazione del responsabile mediante riconoscimento dell’immagine all’interno di un album fotografico non è sufficiente per la condanna dell’imputato, se l’identificazione non è accompagnata da ulteriori elementi che ne forniscano riscontro, come ad esempio la testimonianza resa da altre persone.
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