Querela per stalking: quando è irrevocabile?
Reato di atti persecutori: in quali casi la querela sporta dalla vittima non può essere ritirata? Quando si procede d’ufficio?
Lo stalking è il reato che commette chi, con minacce o molestie reiterate, procura alla vittima un grave stato d’ansia o di timore per la propria incolumità. Si tratta di un reato solitamente procedibile a querela di parte, nel senso che solo la persona offesa può farne segnalazione alle autorità. È in questo preciso contesto che si pone la seguente domanda: quando la querela per stalking è irrevocabile?
Va infatti detto che, normalmente, la querela può essere ritirata da chi l’ha sporta fino a che non sia intervenuta una sentenza di condanna definitiva. In altre parole, è sempre possibile tornare sui propri passi e rinunciare alla pretesa punitiva.
Questa regola non è però sempre valida. Un esempio è dato dalla violenza sessuale, la cui querela è sempre irrevocabile. Per lo stalking, invece, l’irrevocabilità scatta solamente al ricorrere di alcune circostanze. Vediamo quali.
In cosa consiste lo stalking?
Come anticipato, lo stalking è il reato che commette chi perseguita un’altra persona con molestie e/o minacce, causando nella vittima almeno una delle seguenti conseguenze:
- un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
- un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva;
- l’alterazione delle proprie abitudini di vita [1].
Com’è punito lo stalking?
Lo stalking è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
Al ricorrere di alcune circostanze, tuttavia, la pena subisce un incremento. Per la precisione, la pena è aumentata se il fatto è commesso:
- dal coniuge, anche separato o divorziato;
- da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla vittima;
- attraverso strumenti informatici o telematici.
Ma non solo. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso:
- a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità;
- con armi o da persona travisata (cioè, non riconoscibile, ad esempio perché coperta da un passamontagna).
Stalking: in quali casi la querela è irrevocabile?
Come detto in apertura, lo stalking è un reato procedibile a querela di parte. Ciò implica essenzialmente due conseguenze:
- solamente la vittima (cioè, la persona “stalkerizzata”) può segnalare l’accaduto alla polizia;
- fino a che non sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna, la querela può sempre essere rimessa.
Su quest’ultimo punto ci sono delle eccezioni. Secondo la legge, infatti, la querela è irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce gravi e reiterate.
Le minacce sono “gravi” quando sono commesse con le armi, da persona travisata, con scritto anonimo, da più persone riunite o in qualsiasi altro modo che possa ingenerare nella vittima un reale e fondato timore per la propria incolumità (si pensi alla minaccia di morte, ad esempio).
In ipotesi del genere, la vittima di stalking non può più tornare indietro dopo aver presentato la querela: questa diventa irrevocabile, escludendo qualsiasi possibilità di remissione della stessa.
Nello stesso senso anche la Corte di Cassazione [2], secondo cui è irrevocabile la querela presentata per il reato di atti persecutori quando la condotta sia stata realizzata con minacce reiterate e gravi.
Per la Suprema Corte, l’irrevocabilità della querela nei casi caratterizzati da maggior disvalore della condotta intimidatoria, poiché ripetuta e grave, risponde ad una logica di tutela rafforzata della vittima del reato di stalking.
Quest’ultima, infatti, potrebbe subire la forza intimidatrice dello stalker, il quale potrebbe costringerla a rimettere la querela.
Insomma: la vittima di stalking realizzato con minacce gravi e reiterate non può, una volta presentata, ritirare la querela.
Stalking: quando si procede d’ufficio?
Nelle ipotesi di ancor maggiore gravità, la legge ha previsto che lo stalking sia addirittura perseguibile d’ufficio, cioè su segnalazione di qualsiasi persona, non solo della vittima.
Per la precisione, si procede d’ufficio se il fatto è commesso:
- nei confronti di un minore o di una persona con disabilità;
- con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio. È il caso delle lesioni personali gravissime o perfino del tentato omicidio.
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