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Quanto tempo ha il giudice per sciogliere la riserva?

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(@paolo-remer)
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Termini processuali ordinatori e perentori: quanto bisogna aspettare per avere un’ordinanza o una sentenza; quali sono le conseguenze in caso di inosservanza da parte del giudice.

Certe volte i tempi della giustizia sembrano eterni. Il fatto è che la nostra percezione del tempo si dilata o si restringe in base alle aspettative del momento. Ad esempio, quando il giudice entra in riserva, come si dice in gergo tecnico, vuol dire che sta per decidere. Può trattarsi dell’intera causa, oppure di una questione specifica e importante che le parti gli hanno sottoposto, e richiede un provvedimento per poter proseguire oltre. In questa fase, tutto è in stand by. Le parti, e i loro avvocati, stanno col fiato sospeso. Ma quanto tempo ha il giudice per sciogliere una riserva?

La riserva è una fase necessaria in tutti i casi in cui il giudice non può decidere immediatamente e in udienza, quindi ha bisogno di esaminare con calma gli atti e le prospettazioni delle parti in causa. Deve riflettere e valutare attentamente il da farsi. Solo a quel punto potrà sciogliere la riserva, emettendo il suo provvedimento. Intanto, però, le parti devono attendere. Ma precisamente per quanto? Vediamo se esistono dei termini prestabiliti che impongono al giudice di provvedere sollecitamente, anziché trattenere la riserva per un periodo indefinito.

Termini ordinatori e perentori

I termini processuali – che riguardano sia le parti sia il giudice – sono di due tipi: ordinatori e perentori. Entrambi sono previsti dalla legge, ma la differenza è che i primi non hanno una sanzione in caso di mancato rispetto della scadenza. In altre parole, anche se non si osservano non succede niente. Non ci sono conseguenze negative, come la decadenza dal potere.

Il nostro problema sta nel fatto che la maggior parte dei termini processuali in materia civile sono ordinatori. In ambito penale, invece, prevalgono i tempi perentori.

Ad esempio, nella fase finale del processo penale, appena terminata la discussione delle parti, il Collegio – ed anche il giudice monocratico – si ritira in camera di consiglio e deve uscire, il giorno stesso, con il dispositivo della sentenza. Quindi è questione di ore. Le parti, solitamente, attendono in aula, per conoscere la sorte dell’imputato: condannato o assolto. Le motivazioni della sentenza, però, arrivano in seguito. Quindi anche nel penale per avere la sentenza completa bisogna aspettare, a volte parecchio.

Nelle cause civili, invece, il giudice si riserva spesso (sia nella fase interlocutoria del giudizio, sia nella fase finale, quando si arriva a sentenza) e può trattenersi in questo stato per giorni, settimane o anche mesi. All’esito, la sua decisione viene comunicata alle parti dalla cancelleria.

Tempi di scioglimento riserva nelle cause civili

Durante l’istruttoria, il giudice dovrebbe provvedere in udienza sulle domande ed eccezioni prospettate dalle parti, ma ha facoltà di riservarsi, pronunciandosi entro i 5 giorni successivi, con ordinanza. Lo prevede l’articolo 186 del Codice di procedura civile. Si tratta di un termine ordinatorio, che molto spesso viene disatteso, e il provvedimento arriva in tempi molto più lunghi.

Il termine per l’emissione della sentenza, invece, inizia a decorrere dal momento in cui, avvenuta la cosiddetta «precisazione delle conclusioni», scade il termine concesso alle parti per il deposito delle rispettive note finali (chiamate comparse conclusionali e memorie di replica). Acquisito tale materiale, il giudice trattiene la causa in decisione e si pone in riserva per emettere la sentenza.

Talvolta c’è un colpo di scena, perché, anziché la sentenza, arriva un provvedimento di rimessione della causa sul ruolo: significa che il materiale acquisito è incompleto, o c’è qualche vizio cui occorre rimediare, e quindi la causa viene rimessa in istruttoria e prosegue per colmare la lacuna che il giudice ha ravvisato (ad esempio, bisogna acquisire dei documenti, o ascoltare dei testimoni, o svolgere una consulenza tecnica d’ufficio).

Termini di emissione sentenza civile

Nel rito civile ordinario, il termine per il deposito della sentenza pronunciata dal giudice monocratico è di 30 giorni, mentre quello della sentenza emessa da un giudice in forma collegiale è di 60 giorni. Nel rito del lavoro (che comprende anche le cause di previdenza) il termine è abbreviato a 15 giorni.

Si tratta in tutti i casi di termini ordinatori, la cui inosservanza non comporta alcuna nullità o invalidità della sentenza tardivamente emessa, ma potrebbe avere rilievo per configurare la responsabilità disciplinare a carico del giudice.

Tempi di pronuncia sentenza penale

Nel processo penale, non esistono vere e proprie riserve, salvo quelle connesse all’eventuale azione civile esercitata dalla parte che si è costituita contro l’imputato, ma in ogni caso la pronuncia della sentenza completa – quindi del dispositivo più le motivazioni – deve avvenire, ai sensi dell’articolo 544 del Codice di rito:

  • di regola, appena conclusa la deliberazione, con l’emissione del dispositivo accompagnato da una concisa motivazione contestuale, quindi senza aspettare; ma questa forma viene adottata piuttosto di rado, e solo nei casi più semplici (ad esempio, un processo di furto con arresto in flagranza e celebrato per direttissima);
  • entro 15 giorni dalla pronuncia del dispositivo (che, come abbiamo detto prima, deve essere emanato immediatamente, all’esito dell’udienza finale, subito dopo la discussione delle parti); quindi la motivazione è differita di due settimane;
  • se la motivazione è complessa, entro un termine più lungo fissato dal giudice, compreso tra 15 e 90 giorni. In tali casi, possono occorrere tre mesi (o anche di più, se il termine, ordinatorio, non viene rispettato) per conoscere le ragioni della decisione adottata con il dispositivo già comunicato. Talvolta, in alcuni maxi processi, sono occorsi anche due anni per arrivare al deposito delle motivazioni.

La sentenza viene depositata in cancelleria subito dopo la sua pubblicazione, o comunque entro i termini stabiliti dal giudice per la redazione delle motivazioni. Dal momento del deposito, decorrono i termini per proporre impugnazione, a meno che la sentenza non sia stata depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice; in tali casi i termini per impugnare decorrono dal momento della notifica dell’avviso di deposito alle parti private, o dalla sua comunicazione all’ufficio del pubblico ministero.

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Pubblicato : 4 Giugno 2023 10:30