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Quanto si paga di tasse sulla buonuscita?

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(@paolo-remer)
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Come si calcolano le imposte sul Tfs: a quanto ammonta l’aliquota Irpef agevolata e qual è la differenza da versare sulla ritenuta d’acconto operata dal datore di lavoro.

Dopo decenni di duro lavoro come dipendente pubblico, è arrivata l’ora di dire basta: sei finalmente andato in pensione, e ora attendi che ti venga liquidato il trattamento di fine servizio, comunemente chiamato buonuscita. Sai già che dovrai aspettare un po’ per ottenere la somma, perché dal 2014 le cose sono cambiate e la liquidazione non è più immediata (in caso di pensionamento deve passare almeno un anno dalla data di cessazione dal servizio) e neppure in unica soluzione, perché avviene in rate annuali quando si supera la soglia dei 50mila euro di importo complessivo. Hai già previsto queste evenienze, ma ciò che non sai di preciso è quanto si paga di tasse sulla buonuscita.

Certo, sei il Fisco dovesse pretendere la sua parte in misura analoga a quanto avveniva con lo stipendio, la decurtazione sarebbe consistente: conosci bene la differenza tra stipendio al lordo delle imposte e la cifra netta che ogni mese ti veniva accreditata. Quindi temi che la cifra che otterrai sarà parecchio inferiore alla somma che avevi calcolato in base agli accantonamenti fatti nel corso del tempo, commisurati alla tua retribuzione, periodicamente rivalutata.

Per fortuna con la buonuscita le cose funzionano diversamente rispetto alla tassazione dei redditi di lavoro dipendente, o di pensione, percepiti su base annuale. Per evitare distorsioni e ingiuste penalizzazioni, il Tfs – così come il Tfr dei lavoratori privati – è soggetto a tassazione separata e segue regole particolari, con un’aliquota agevolata: altrimenti l’incremento di reddito ottenuto nell’anno di erogazione farebbe schizzare gli scaglioni e le relative aliquote ordinarie ai valori massimi, arrivando alla pesante imposizione del 43% sulla somma percepita. In sintesi: sulla buonuscita si paga l’Irpef – come è giusto che sia – ma la tassazione è molto “ammorbidita” rispetto a quella dei normali redditi annui. Ciò premesso, vediamo più in dettaglio quanto si paga di tasse sulla buonuscita e come avviene il calcolo delle imposte dovute, tenuto conto della ritenuta d’acconto già operata per legge dal datore di lavoro prima dell’accredito del Tfs al dipendente.

Liquidazione del Tfs: come avviene

La liquidazione del Tfs avviene a cura dell’Inps, che riceve dalla Pubblica Amministrazione o Ente di appartenenza i dati necessari per il calcolo attraverso un modello, chiamato Tfr1, che viene acquisito d’ufficio dall’Istituto. Il dipendente pubblico può avvalersi dei servizi online disponibili sul sito dell’Inps (nell’area riservata, alla sezione “Cruscotto accantonamenti”) per calcolare quanto riceverà di buonuscita ed anche per simulare, in via prospettica, l’ammontare spettante, se non è ancora cessato dal servizio.

L’importo della buonuscita si calcola in base agli accantonamenti annuali, compiuti durante gli anni di lavoro nel pubblico impiego, che sono pari al 6,91% della retribuzione annua e delle sue rivalutazioni. Se il lavoro è avvenuto solo per alcuni mesi dell’anno si calcolano solo le relative frazioni, ed è considerato mese intero quello in cui la prestazione è proseguita per oltre 15 giorni (ad esempio, per un’assunzione avvenuta il 13 settembre si considereranno 4 mesi). Per i “super-stipendi” c’è un tetto massimo della base di calcolo del Tfs, che non può superare i 240mila euro annui, anche se la retribuzione era stata superiore.

Il Tfs rientra nei redditi e va dichiarato?

La buonuscita rientra a pieno titolo tra i redditi imponibili Irpef, ma la tassazione degli importi percepiti avviene secondo regole particolari. Mentre l’anticipo della buonuscita è soggetto alla tassazione ordinaria, l’erogazione finale del Tfs, che il dipendente percepisce dopo la cessazione del rapporto di lavoro, beneficia della tassazione separata, perché si è formato mediante accantonamenti eseguiti in più anni e sarebbe iniquo sottoporlo alla tassazione – più elevata – prevista per i normali redditi conseguiti in un unico periodo di imposta.

Così il Tfs non si cumula con i redditi ordinari dell’anno in cui è stato riscosso (ad esempio, gli ultimi stipendi o le prime mensilità di pensione) e – tieniti forte – non deve neppure essere indicato nella dichiarazione dei redditi riferita all’anno di percezione, anche se deve essere sempre riportato nella Certificazione Unica (Cu, il vecchio Cud) che il datore di lavoro rilascia al dipendente.

Quanto è tassata la buonuscita?

Ai sensi della normativa fiscale [1] tutte le indennità di fine rapporto – quindi il Tfr, il Tfs e le altre varie voci che confluiscono nella buonuscita, come le indennità di servizio – costituiscono reddito «per un importo che si determina riducendo il suo ammontare delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva». Questa frase criptica significa, molto semplicemente, che il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, opera una ritenuta d’acconto, in misura pari al 20%, sulle somme accantonate e dovute al dipendente come buonuscita.

Ma questa tassazione della buonuscita è provvisoria: infatti la norma prosegue spiegando che l’Irpef effettiva e definitiva viene determinata in base all’aliquota riferita all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione. Come si sa, gli scaglioni Irpef e le relative aliquote sono notevolmente cambiati nel corso del tempo (e, con la prossima riforma fiscale all’orizzonte, non è ancora detta la parola fine). Perciò, se il periodo da considerare è molto lungo – come quello di un dipendente pubblico che ha lavorato presso un’unica Amministrazione o Ente va in pensione dopo alcuni decenni – il meccanismo di calcolo è complesso e deve tener conto anche delle riforme sopravvenute, come quella della previdenza complementare o il passaggio dal sistema del Tfs (che era la regola fino al 2000) a quello del Tfr (che vige per le assunzioni compiute in epoca successiva). Inoltre dal 2001 in poi le quote del Tfs sono diventate imponibili solo per la quota capitale, e non più per le rivalutazioni annuali.

C’è anche da considerare che il Decreto fiscale 2019 [2], tenendo conto del fatto che i tempi di erogazione del Tfs per i dipendenti pubblici sono notevolmente dilatati rispetto a quelli del Tfr per i lavoratori privati, ha detassato circa un quarto della buonuscita (precisamente, prevedendo che la base imponibile su cui determinare le aliquote è ridotta del 26,04%) e ha anche introdotto degli speciali abbattimenti dell’aliquota di imposta, in base al ritardo nella percezione del trattamento rispetto alla data di maturazione del diritto: la riduzione va dall’1,5% se l’attesa è stata contenuta entro 12 mesi, al 4,5% se si è prolungata fino a 36 mesi ed al 7,5% se è durata oltre 60 mesi.

Come si paga l’Irpef sulla buonuscita?

Sembra – ed è – veramente complicato, per un comune contribuente, orientarsi nei complessi meccanismi di calcolo che abbiamo sintetizzato e arrivare finalmente a determinare la cifra da pagare a titolo di Irpef sulla buonuscita percepita, visto che l’ammontare della tassazione è variabile e dipende da diverse aliquote le quali, a loro volta, sono soggette a numerosi fattori. Però niente paura, perché il percettore del Tfs e delle indennità collegate non deve fare nulla: provvede d’ufficio l’Agenzia delle Entrate a calcolare e liquidare l’imposta dovuta, applicando al montante del Tfs l’aliquota media Irpef dei 5 anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione (che può essere di un paio d’anni antecedente a quello di effettivo erogazione, specialmente se la somma supera i 50mila euro e il pagamento avviene a rate).

Sempre l’Agenzia delle Entrate, in caso di differenza a debito, iscrive a ruolo le maggiori imposte dovute e notifica al percettore della buonuscita un avviso di liquidazione comunicando l’importo da pagare ed i termini; se, invece, dai calcoli emerge una differenza a credito (perché le trattenute operate dal datore di lavoro nel corso del tempo superano l’Irpef dovuta sulla buonuscita), l’Ufficio esegue il rimborso dell’eccedenza sull’Iban comunicato dal contribuente.

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Pubblicato : 31 Dicembre 2022 12:15