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Quanto dura l’incarico dell’amministratore di condominio

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(@angelo-greco)
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Nuovo articolo 1129 del codice civile: la durata in carica dell’amministratore di condominio è dibattuta. Una panoramica delle interpretazioni e delle decisioni giurisprudenziali recenti.

L’amministratore di condominio dura in carica un anno. Lo dice esplicitamente l’articolo 1129 del codice civile. Ciò che però non è ancora chiaro è cosa succede alla scadenza di tale anno: se cioè l’incarico si rinnova in automatico o se, al contrario, è necessaria un’apposita delibera dell’assemblea che ne riconfermi il mandato.

La norma che regola tale materia è l’articolo 1129, comma 10, del codice civile. La sua formulazione è tuttavia equivoca, sicché si è formato un certo contrasto all’interno della giurisprudenza.

Vediamo dunque quali sono le due tesi attualmente più accreditate e, in definitiva, quanto dura l’incarico dell’amministratore di condominio. In questo articolo riporteremo le principali sentenze sull’argomento. Ma procediamo con ordine.

Quanto dura in carica l’amministratore?

Come abbiamo appena detto, l’amministratore riceve un mandato che non può durare più di un anno.

È appena il caso di ricordare che la nomina dell’amministratore è nulla se questi, prima della votazione dell’assemblea, non presenta il preventivo con i compensi richiesti. Tutto ciò che non viene specificamente riportato nel preventivo non può poi essere richiesto in pagamento. In assenza di tale formalità, non solo l’incarico dell’amministratore decade ma questi non potrà neanche pretendere il pagamento per quanto svolto sino ad allora.

Cosa succede alla scadenza dell’anno?

L’assemblea di condominio può, in qualsiasi momento, revocare l’amministratore dal proprio incarico anche in corso di anno, trattandosi di un mandato fiduciario. Se tuttavia la revoca avviene in assenza di una valida ragione, il condominio ha l’obbligo di pagargli il compenso fino alla fine dell’anno (dovuto a titolo di risarcimento del danno). Viceversa nulla è dovuto se la revoca avviene per una grave violazione dei doveri professionali da parte dell’amministratore (ad esempio l’aver omesso di convocare l’assemblea per l’approvazione del bilancio, non aver utilizzato il conto corrente condominiale per l’accredito delle quote riscosse, aver fatto confusione tra la contabilità condominiale e quella personale o di altri condomini, aver omesso di comunicare al condominio la notifica di atti giudiziari, ecc.).

Resta ancora dubbia in giurisprudenza la questione relativa al rinnovo del suo incarico: se ciò avvenga in automatico, senza bisogno di una apposita delibera assembleare, o se invece richieda una votazione ad hoc alla scadenza dell’anno di mandato.

L’articolo 1129 cod. civ. dice solo: «L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore».

Cosa significa “si intende rinnovato per eguale durata?”.

Due sono le correnti di pensiero principali:

Durata 1+1: secondo tale interpretazione, al termine del primo anno di mandato l’incarico si rinnova automaticamente per un altro anno senza necessità di conferma e quindi senza bisogno di convocare l’assemblea. Tuttavia, alla scadenza del secondo anno, è necessaria la riconferma e quindi una nuova delibera. Anche in questa sede il professionista deve ripresentare il preventivo coi propri compensi, a prescindere dal fatto che siano rimasti invariati rispetto all’anno precedente. In caso contrario il rinnovo è nullo.

Durata 1 anno + rinnovo sine die: secondo questa interpretazione, l’incarico si rinnova tacitamente di anno in anno, senza una scadenza definita, a meno che non avvenga una revoca o dimissioni.

Esempio pratico: secondo i sostenitori della durata “1+1”, se un amministratore viene nominato nel 2023, il suo incarico scadrebbe automaticamente nel 2025, a meno di revoca. Invece secondo i sostenitori della durata “1 anno + rinnovo sine die”, l’incarico potrebbe teoricamente continuare a tempo indeterminato, a meno di una revoca o dimissioni esplicite.

Cosa dice la giurisprudenza sulla durata dell’incarico dell’amministratore?

Le corti italiane hanno emesso sentenze in entrambe le direzioni.

A favore della tesi 1+1 vi sono:

  • Tribunale di Napoli, ordinanza del 19 aprile 2023; Tribunale di Milano, ordinanza del 07 ottobre 2015; Tribunale di Taranto, seconda sezione, sentenza del 10 dicembre 2015; Tribunale di Cassino, decreto 1186/2016

A favore della tesi 1+ rinnovo sine die vi sono:

  • Tribunale di Sassari, sentenza 1114/2022; Corte di appello di Palermo, decreto del 6 maggio 2019; Cassazione civile, seconda sezione, 2242/2016.

La sentenza del Tribunale di Sassari del 2022, ad esempio, appoggia l’interpretazione del rinnovo “sine die” e afferma: «il legislatore non ha anche posto un limite temporale a detto sistema di rinnovo tacito annuale e men che meno voluto che questo operasse per una sola altra annualità».

D’altro canto, il Tribunale di Napoli con l’ordinanza del 19 aprile 2023, sostiene la durata “1+1”, sottolineando l’importanza della volontà dei condomini nel rinnovo dell’incarico. Secondo il giudice partenopeo, alla scadenza del periodo “1+1”, l’amministratore non ha più obblighi gestori e diritto a compensi, a meno che non gli vengano conferiti nuovi poteri dall’assemblea dei condomini. Questa interpretazione potrebbe avere conseguenze sul funzionamento quotidiano dei condomini e sulle decisioni prese dall’assemblea.

Ad esempio, se in un condominio l’amministratore ha compiuto atti gestori nel terzo anno senza una nuova conferma, tali atti potrebbero essere considerati non validi.

Nella pronuncia sopra richiamata, il tribunale di Napoli afferma: «l’espressa indicazione del termine durante il quale l’incarico può essere rinnovato è stata introdotta dalla legge numero 220/2012 che ha riscritto il testo del previgente articolo 1129 del Codice civile, il quale si limitava a stabilire la durata annuale dell’incarico di amministratore di condominio. Tale previsione del termine di rinnovo è evidentemente frutto della volontà del legislatore di considerare l’amministratore di condominio, in caso di sua mancata revoca, ancora in carica in regime di prorogatio per un solo anno durante il quale soltanto si ritiene, in virtù di una presunzione semplice, che l’amministratore – la cui nomina non sia stata confermata dall’assemblea – continui a porre in essere atti gestori in forza della volontà dei condomini e nel loro interesse. Decorso il secondo anno, invece, l’amministratore cessa dal suo incarico automaticamente, ossia senza la necessità di un’espressa manifestazione di volontà dell’assemblea, perdendo immediatamente i poteri rappresentativi dei condomini e quelli gestori in precedenza a lui attribuiti. In tale situazione l’unico potere – dovere che residua in capo all’amministratore è dunque quello, previsto dall’articolo 1129, comma 8, Codice civile, di compiere gli atti urgenti necessari a evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto a compensi ulteriori».

 
Pubblicato : 18 Settembre 2023 08:15