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Quanti soldi posso regalare a mio figlio con bonifico?

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(@angelo-greco)
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Esiste un limite all’importo di denaro che si può dare in donazione? Come rispettare le regole fiscali ed evitare contestazioni da parte dei familiari?

Un lettore ci chiede: quanti soldi posso regalare a mio figlio con bonifico? C’è un limite di soldi che si possono donare? Quali contestazioni potrebbero sorgere dal fisco o dagli eventuali ulteriori familiari? Bisogna pagare le tasse sulla donazione e a quanto ammontano? Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Anticipiamo subito che non esiste un limite di importo per le donazioni tra padre e figlio. Questo significa che un genitore può regalare anche 10.000 euro o una somma superiore senza avere alcun problema con il fisco.

È vero che la legge fissa dei limiti agli scambi di denaro tra soggetti diversi (e quindi anche tra familiari) ma ciò vale solo quando la donazione avviene per contanti. Invece, per i bonifici non ci sono limiti. Ma procediamo con ordine.

Come regalare soldi a un figlio

Regalare dei soldi a un figlio costituisce un atto di donazione.  

Se la donazione è finalizzata a uno specifico scopo (ad esempio, l’acquisto di una casa o il pagamento di un debito) si definisce donazione indiretta.

Se viceversa non c’è una finalità legata alla donazione, sicché il figlio è libero di utilizzare il denaro per come meglio crede, siamo in presenza di una donazione diretta.

Come si fa la donazione? Di norma, se l’importo è “modico” rispetto alle condizioni economiche del donante e del donatario (nel senso che non impoverisce troppo il primo e non arricchisce eccessivamente il secondo), è sufficiente il semplice bonifico o l’uso dell’assegno non trasferibile. Si tenga comunque conto che l’uso dei contanti è vietato sopra una certa soglia (attualmente 2.000 euro e, dal 2023, 1.000 euro).

Viceversa se si parla di una donazione di «non modico valore», la stessa deve avvenire mediante il notaio e alla presenza di due testimoni. 

Sulla donazione si pagano le tasse?

Sulla donazione tra padre e figlio non si pagano le imposte sulla donazione se l’importo è inferiore a un milione di euro. Oltre tale importo, e solo sulla differenza, l’aliquota è del 4%.

Se la donazione avviene con atto notarile però ci sarà da pagare, oltre all’onorario del professionista, anche l’imposta di registro sulla registrazione del rogito.

L’atto notarile è richiesto a pena di nullità. Ciò significa che, in assenza di esso, la donazione è nulla. Il donatario pertanto sarà tenuto a restituire i soldi ricevuti su richiesta di chiunque lo chieda, sia questi il donante o i suoi familiari/eredi. Per l’azione di nullità non sono previsti termini di prescrizione: essa quindi può essere esercitata anche dopo molto tempo dalla stessa morte del donante.

Attenzione: aggiornamenti e maggiori informazioni in Quanti soldi si possono donare a un figlio con bonifico.

C’è un limite di soldi che si possono regalare?

Non esiste un limite ai soldi che si possono regalare (a un figlio come a chiunque altro). Senonché bisogna solo stare attenti a giustificare tale operazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e a preservare le quote di eventuali eredi legittimari (il coniuge e altri figli). Cerchiamo di spiegare questi due aspetti trattandoli separatamente. 

Donazione di denaro e problemi fiscali

L’Agenzia delle Entrate è in grado di verificare, tramite l’Anagrafe tributaria e dei conti correnti, tutte le operazioni che avvengono su un conto corrente. Dunque, il bonifico fatto dal padre al figlio apparirà sui “computer” dell’ufficio delle imposte. Ma questo non deve preoccupare: difatti l’operazione è perfettamente lecita. Anzi, proprio il fatto di aver eseguito la donazione tramite bonifico mette al riparo da eventuali contestazioni o accertamenti: qualsiasi acquisto possa fare il figlio con tali soldi sarà sempre giustificabile dalla tracciabilità del pagamento. Si pensi a un giovane disoccupato che compri casa con i soldi regalatigli dal padre: l’Agenzia delle Entrate, accorgendosi dell’acquisto di lusso da parte di un soggetto che non avrebbe le capacità per sostenere la spesa, gli chiederà con quale denaro ha pagato il prezzo. E in questo caso soccorrerà proprio la prova del bonifico o dell’assegno. E posto che non c’è alcun limite alla possibilità di regalare soldi a un figlio, il fisco non potrà sollevare alcuna contestazione circa l’operazione. 

Diverso sarebbe se il denaro relativo alla donazione venisse erogato in contanti. Oltre a violare la disciplina sulla tracciabilità dei pagamenti, il figlio potrebbe trovarsi in difficoltà a dimostrare la provenienza del denaro qualora il fisco si accorga di spese superiori alle sue capacità economiche. E potrebbe quindi, a seguito di accertamento, chiedergli il versamento delle tasse su tali importi, oltre alle sanzioni (è comunque esclusa la possibilità di illeciti penali).

La tracciabilità è garantita non solo con il bonifico bancario ma anche con gli assegni bancari o circolari, i vaglia, le carte di credito.

Una soluzione per chi non riesca a fare a meno dei contanti è stipulare un contratto di donazione e registrarlo presso l’Agenzia delle Entrate, al fine di dargli una data certa e così opporlo in caso di contestazioni del Fisco. La soluzione preferibile, però, resta pur sempre il bonifico. 

Donazione in denaro e problemi con gli eredi

Se, sotto un profilo pubblicistico, non esiste un limite ai soldi che il padre può regalare al figlio, sotto un profilo privatistico bisogna fare i conti con le eventuali contestazioni degli eredi legittimari, contestazioni che però potrebbero sorgere solo dopo la morte del donante e mai prima.

Ipotizziamo il caso di un uomo che, avendo come unico patrimonio un conto corrente, prima di morire bonifichi l’intero importo a un figlio, lasciando alla sua morte l’altra figlia senza niente. La sorella potrebbe fare causa al fratello entro 10 anni dalla morte del padre per ottenere il rispetto delle quote di legittima che le spettano per legge. 

Difatti il nostro Codice civile tutela gli eredi legittimari ossia:

  • il coniuge;
  • i figli;
  • i genitori (solo in assenza dei figli).

Ad essi spettano sempre delle quote minime del patrimonio del de cuius che non possono essere lese né con il testamento, né con donazioni da questi fatte in vita.

La quota di legittima varia in base al patrimonio del defunto e al numero di eredi legittimari. Troverai tutti i calcoli nell’articolo Quali sono le quote di legittima e cosa spetta ai legittimari. Tanto per fare un esempio numerico e avere un’idea dell’ordine di grandezze di cui parliamo, una persona che lasci una moglie, un figlio e un conto in banca con 100mila euro, dovrà riservare un terzo di tale patrimonio al coniuge, un altro terzo al figlio mentre l’ultimo terzo potrà essere oggetto di donazioni libere. Se invece ci sono due o più figli, al coniuge va un quarto del conto mentre una metà va divisa tra i figli; il residuo quarto potrà essere regalato a chiunque altro.

Dunque, almeno sotto l’aspetto civilistico, la donazione è al sicuro dopo 10 anni dalla morte del donante perché tale è il termine per l’esercizio, da parte degli eredi legittimari, dell’azione di riduzione.

Per evitare contestazioni da parte degli eredi legittimari il donante dovrebbe essere sicuro che, a fronte della donazione al figlio, abbia un’altra parte del proprio patrimonio da destinare ai primi in modo che questi, alla sua morte, non esercitino l’azione di riduzione. Egli potrebbe soddisfare le quote di legittima dei legittimari anche con altre donazioni fatte in vita e non necessariamente tramite il testamento. 

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Pubblicato : 11 Febbraio 2023 06:00