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Quanti contributi per la pensione minima?

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(@paolo-remer)
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Quanti anni di contribuzione versata occorrono per raggiungere l’integrazione della pensione di vecchiaia e come arrivarci se mancano.

A volte un’intera vita lavorativa non basta per raggiungere il traguardo di una degna pensione di vecchiaia. È l’amara realtà che molti scoprono quando sono alle soglie dei 67 anni di età ed è ormai troppo tardi per rimediare. «Mancano i contributi», è la risposta secca che ottiene chi chiede informazioni ai patronati o all’Inps.

Per evitare brutte sorprese, è bene sapere quanti contributi servono per la pensione minima. La buona notizia è che esistono vari sistemi per conseguirla anche in deroga agli stringenti requisiti imposti dalla legge Fornero, e quindi con un numero di versamenti inferiore. La cattiva notizia è che questa agevolazione si applica soltanto ad alcune categorie di lavoratori. Insomma, ci sono delle scorciatoie ma anche dei blocchi insuperabili.

Pensione minima: cos’è e chi ne ha diritto

La pensione minima è un’integrazione del trattamento pensionistico fino al “minimo vitale” per tutti coloro che, in base alla situazione contributiva, non raggiungerebbero un importo sufficiente a condurre una vita dignitosa.

Le situazioni che danno diritto alla pensione minima sono molte: ad esempio, c’è chi non ha mai lavorato, ma anche chi ha sempre svolto attività lavorative in nero, e dunque non ha contributi versati. Poi c’è l’ampia fascia intermedia di coloro che non hanno un numero di anni contributivi sufficiente per ottenere una pensione adeguata.

Sono integrabili al minimo le pensioni cosiddette dirette (di vecchiaia, di anzianità ed anticipate) erogate dall’Inps (comprese le gestioni autonome e separate, come quella per i commercianti e gli artigiani) ed anche le pensioni indirette (come la pensione di reversibilità e la pensione ai superstiti del lavoratore deceduto).

Pensione minima: quanti anni di contributi servono?

La pensione minima non dipende dagli anni di contributi versati: l’integrazione si riceve se si è titolari di una pensione che non raggiunge le soglie minime fissate dalla legge, a prescindere dalla situazione contributiva effettiva, che potrebbe essere addirittura pari a zero. In altre parole, non ci sono requisiti contributivi particolari per ottenere la pensione minima, a differenza di quanto avviene per le pensioni di vecchiaia, di cui parleremo fra poco, o per quelle di anzianità, legate al raggiungimento di 41, o 42 anni di contributi.

L’integrazione al minimo della pensione arriva, nel 2023, a 572,20 euro mensili (l’importo era di 563,73 euro nel 2022) se il pensionato non supera il reddito annuale di 7.328,49 euro; la cifra arriva a quasi 600 euro – precisamente, 599,82 euro – per chi ha almeno 75 anni di età.

Se il reddito complessivo del pensionato è superiore alla soglia anzidetta, ma non supera i 14.656,98 euro (il doppio della pensione minima annua ai valori 2022: l’importo viene annualmente incrementato), l’integrazione al minimo non è totale ma parziale: infatti l’importo erogato dall’Inps per colmare questo divario tiene conto degli eventuali ulteriori redditi conseguiti dal pensionato nell’anno di riferimento, sottraendoli dalla soglia limite.

In concreto, l’operazione matematica da fare considera il doppio della pensione minima annua e divide il risultato per 13, in modo da rapportare l’importo dell’integrazione della pensione al numero delle mensilità da erogare. Nell’articolo “Pensione minima: come funziona?” ti forniamo alcuni esempi di calcolo.

Pensione minima e assegno sociale: rapporti

Chi, invece, per vari motivi non può ricevere la pensione – e perciò neanche l’integrazione al minimo, che, come abbiamo visto, presuppone il riconoscimento di un trattamento pensionistico – ha diritto a percepire l’assegno sociale, che non è una pensione bensì una misura assistenziale. Per ottenerlo bisogna essere cittadini italiani e residenti in Italia da almeno 10 anni, aver compiuto 67 anni di età e trovarsi in stato di bisogno economico.

Pensione di vecchiaia: requisiti contributivi

Il requisito base per ottenere la pensione di vecchiaia è un’anzianità contributiva di almeno 20 anni (pari a 1.040 settimane). Non deve trattarsi necessariamente di contributi effettivi: valgono anche quelli figurativi e, soprattutto, quelli volontari, che i disoccupati potrebbero decidere di versare per colmare gli anni mancanti e così raggiungere l’obiettivo. La pensione di vecchiaia è conseguibile, in deroga, per i lavoratori che hanno maturato 15 anni di contribuzione accreditata prima del 31 dicembre 1992.

Al raggiungimento dei 67 anni di età, con almeno 20 anni di contribuzione versata (o di 15 anni, nei casi in deroga), la pensione di vecchiaia viene riconosciuta dall’Inps, che ne determina l’ammontare moltiplicando il “montante contributivo” (cioè la somma di tutti i contributi versati) per il coefficiente di trasformazione relativo all’età pensionabile (i valori sono contenuti in apposite tabelle aggiornate di anno in anno: per conoscere quelli del 2023 puoi leggere l’articolo “Le pensioni aumentano come i salari non faranno mai“).

Integrazione contributi per raggiungimento pensione 

Chi non ha raggiunto il numero di anni necessari per arrivare alla pensione di vecchiaia può versare volontariamente all’Inps, previa autorizzazione, i contributi mancanti. I requisiti per l’integrazione volontaria dei contributi sono questi:

  • avere almeno 5 anni di contributi versati;
  • avere almeno 3 anni di contribuzione nel quinquennio che precede la presentazione della domanda di autorizzazione all’integrazione volontaria .

Siccome i periodi di contribuzione vengono calcolati su diverse basi – giornaliera, settimanale o mensile – per alcune categorie di lavoratori, di seguito ti forniamo la tabella di ragguaglio dei requisiti generali, di 5 anni di contributi versati ed almeno 3 nel quinquennio precedente, che abbiamo indicato:

Cinque anni di contributi versati corrispondono a:

  • 260 contributi settimanali per i lavoratori dipendenti e domestici;
  • 60 contributi mensili per i lavoratori autonomi autonomi;
  • 465 contributi giornalieri per i lavoratori agricoli;
  • 310 contributi giornalieri per le lavoratrici agricole.

Tre anni di contributi versati nell’ultimo quinquennio corrispondono a:

  • 36 contributi mensili per i lavoratori autonomi;
  • 279 contributi giornalieri per i lavoratori agricoli;
  • 186 contributi giornalieri per le lavoratrici.

Approfondimenti

Per altre informazioni leggi gli articoli “Pensioni basse: come rimediare?” e “Come andare in pensione prima“.

 
Pubblicato : 10 Agosto 2023 09:45