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Quando una minaccia è reato?

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Presupposti e condizione per denunciare una persona per minaccia.

Affinché la minaccia possa costituire reato è necessario che il male prospettato alla vittima sia illecito, potenzialmente possibile e possa incutere timore in una persona media. Non sarebbe minaccia ad esempio augurare a una persona la morte se non si lasci intendere di che ciò dipenderà dal proprio comportamento. Cerchiamo allora di comprendere quando una minaccia è reato, quando cioè si può querelare e ottenere magari il risarcimento del danno.

In questa brevissima guida vedremo quali sono i presupposti del reato di minaccia, se si può essere condannati anche senza aver parlato o in assenza del destinatario delle minacce.

Quando si può essere condannati per minaccia?

Partiamo dal dato letterale della norma. L’articolo 612 del codice penale stabilisce che «chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro».

La legge non ci offre un grande aiuto nel capire quando una minaccia è reato: non descrive cioè dettagliatamente il comportamento che deve assumere il colpevole per poter giungere a una condanna penale.

A questo però ha pensato la giurisprudenza e, in particolare, la Cassazione che ha dettato i criteri guida e le condizioni per poter parlare del reato di minaccia.

Il danno ingiusto

Partiamo dal primo presupposto, l’unico forse esplicitato dalla norma: l’ingiusto danno. Si commette reato solo se si prospetta alla vittima qualcosa di illegale: una lesione, la violazione di un diritto, un abuso, ecc.

Non è quindi minaccia dire a una persona «ti faccio causa» oppure «ti denuncio», anche se l’azione dovesse essere infondata. Difatti, semmai dovessero mancare i presupposti per la stessa, sarà il giudice a disporre il rigetto della domanda, con eventuale condanna alle spese processuali nei confronti del ricorrente.

Per la stessa ragione non è reato dire a una persona «ti faccio fallire» (a meno che non si minacci l’utilizzo di mezzi illegali) visto che, alla fine, sarà solo il giudice a decidere se un imprenditore è in condizione di insolvenza o meno.

Insomma il ricorso al giudice, per quanto privo dei presupposti, è pur sempre un diritto costituzionale e non costituisce un “ingiusto danno” per configurare la minaccia.

La possibilità del danno ingiusto

Il male prospettato alla vittima deve essere fisicamente o giuridicamente possibile, anche solo potenzialmente. Non si ha minaccia quando si promette qualcosa di inverosimile come ad esempio «ti tiro un calcio e ti spedisco sulla luna». Tuttavia le metafore iperboliche possono integrare la minaccia come ad esempio: «Ti smonto e ti tolgo, ad uno ad uno, tutti i pezzi del corpo».

Non è minaccia qualcosa di giuridicamente impossibile. Ad esempi, una persona che minacci ad un’altra di farla licenziare, quando non ha alcun peso decisionale all’interno dell’azienda ove la vittima lavora, non compirebbe una minaccia

Inoltre è necessario che l’evento prospettato possa dipendere dall’azione del reo. Dire «Ti faccio un maleficio affinché tu muoia» non è reato. Così come non lo è il semplice augurio: «Ti auguro di morire con atroci sofferenze», visto che l’evento non viene prospettato come la conseguenza di una propria azione.

Un esempio di danno ingiusto potrebbe essere rappresentato dalla minaccia di licenziamento fatta dal datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti se questi non accetteranno uno stipendio inferiore rispetto al dovuto.

Lo stato di timore

Per la minaccia è necessario intimorire una persona media che si trovi nelle stesse condizioni fisiche o mentali della vittima. Ad esempio, un vecchietto disabile che dica a un ragazzo «ti picchio» non potrebbe mai realizzare una minaccia. Lo sarebbe invece la situazione inversa.

Il timore non deve per forza essere legato a una lesione fisica, potendo anche essere di carattere psicologico.

Quali parole fanno scattare la minaccia?

Non è necessario esprimersi con specifiche parole per poter parlare di minaccia. La giurisprudenza ritiene sussistente tale reato anche con semplici gesti concludenti come il fatto di brandire un bastone dinanzi a una persona o l’introdurre la mano all’interno del taschino di una giacca, come a prendere un’arma nascosta all’interno della stessa.

Non rileva neanche il fatto che la minaccia sia esplicita o implicita (ad esempio «Non sai che ti faccio», oppure «Stai attento a quando cammini da solo», o ancora «Al posto tuo mi guarderei le spalle da oggi in poi»): in entrambi i casi sussiste il reato. Quindi è sufficiente anche un linguaggio simbolico per la minaccia: ciò che conta è l’atteggiamento intimidatorio.

È minaccia se la vittima è assente?

La presenza della vittima non è necessaria per poter aversi minaccia. Difatti si può minacciare una persona assente se vi è la probabilità che la frase intimidatoria arrivi all’orecchio di quest’ultima. Ad esempio, ben potrebbe essere che il colpevole parli con altre persone e queste poi lo riferiscano al diretto interessato, a condizione che vi sia la volontà dell’agente di produrre il vero e proprio risultato di intimorire la persona offesa.

Allo stesso modo è minaccia anche una frase riportata su internet, come commento in un post su un social network, oppure inoltrata tramite messaggio o email.

I termini per la querela

Per punire il colpevole è necessaria la querela della vittima che deve essere sporta entro 3 mesi dalla commissione dell’illecito.

La prova della minaccia

Le dichiarazioni della vittima possono essere assunte a prova nel processo penale, ma non devono apparire né inverosimile, né contraddette da elementi esterni.

La punizione per le intimidazioni

La minaccia rappresenta un reato minore. Il legislatore ha infatti voluto punirla in modo blando. L’articolo 612 del codice penale prevede due sanzioni:

  • per le minacce “semplici”, è prevista la sola multa fino a 1.032 euro;
  • per le minacce “gravi” (ad esempio, la minaccia di morte) e per quelle fatte avvalendosi di armi o di scritti anonimi, oppure da più persone riunite o anche da una sola però mascherata in viso, la pena è l’arresto fino a un anno.
 
Pubblicato : 2 Gennaio 2024 19:00