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Quando si può diffamare?

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(@mariano-acquaviva)
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Insulti su Facebook e Instagram: in quali casi non si può essere puniti per il reato di diffamazione? In cosa consiste la provocazione?

La diffamazione è un reato semplice da commettere: è sufficiente parlare male di qualcuno in sua assenza per essere incriminati. Tanto vale anche se i commenti poco lusinghieri sono espressi in chat o sui social: l’assenza della vittima e la presenza di altri soggetti che possono prendere visione degli insulti fa scattare il delitto. Esistono casi in cui si può diffamare senza essere puniti?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione [1] ha risposto a questa domanda. Il caso ha riguardato un uomo imputato del reato di diffamazione per aver replicato, sul proprio blog personale, a un post su Facebook in cui era stato per primo attaccato dalla vittima. Secondo i Supremi giudici, in casi del genere bisogna valutare con molta attenzione l’entità della reazione rispetto all’iniziale provocazione. Ma non anticipiamo troppo. Prosegui nella lettura se vuoi sapere quando si può diffamare.

Quando c’è diffamazione?

La diffamazione consiste nell’offendere la reputazione di una persona assente in presenza di almeno altre due persone [2].

La caratteristica del reato sta nell’incapacità della vittima di potersi difendere, atteso che, al momento degli insulti, non è presente.

Paolo, mentre è a cena con gli amici, descrive uno dei suoi colleghi di lavoro come una persona incompetente e non qualificata a svolgere le sue mansioni.

Marco, in una chat di gruppo, denigra la sua ex fidanzata utilizzando termini offensivi.

Quando c’è offesa alla reputazione?

La diffamazione presuppone sempre l’offesa alla reputazione, per tale dovendosi intendere la considerazione che le altre persone hanno della vittima, sul piano sociale, umano, professionale e/o familiare.

Ad esempio, è diffamazione mettere in giro la voce che il vicino di casa non è un buon padre perché non sta mai in casa coi figli; allo stesso modo, è reato denigrare un avvocato, infangandone la sua immagine professionale.

La reputazione, quindi, non è legata solamente all’ambito lavorativo, ma a qualsiasi aspetto della persona che possa essere meritevole di considerazione e di stima da parte degli altri.

Come si può diffamare?

I modi di diffamare una persona sono a dir poco numerosi. A parte la classica ingiuria proferita a voce oppure per iscritto (si pensi al post su Facebook, ad esempio), è possibile diffamare qualcuno:

  • con una foto. Si pensi a chi condivide sul proprio profilo social l’immagine scattata “a tradimento” in cui la vittima si trova in una posizione disdicevole (ad esempio, si sta ubriacando o drogando, oppure è semplicemente in bagno);
  • con un disegno, ad esempio mediante una caricatura profondamente offensiva;
  • con un video. Vale quanto detto a proposito della foto inopportuna.

In quali casi non c’è diffamazione?

Non c’è diffamazione ogni volta che non c’è offesa alla reputazione, che la vittima è presente, che le espressioni ingiuriose sono percepite da una sola persona.

Pubblicare una recensione negativa non è diffamazione, in quanto si tratta di una libera manifestazione del proprio pensiero, anche se sotto forma di critica.

Non c’è diffamazione se ci si limita a riportare in modo oggettivo alcuni fatti, per quanto siano poco lusinghieri per qualcun altro.

Ad esempio, raccontare di aver visto il vicino di casa spacciare droga non è diffamazione, purché non ci sia l’intento di screditare il protagonista della narrazione.

Non è diffamazione lo scoop del giornalista con cui viene svelato un giro di corruzione tra politici, in quanto si rientra nel diritto di cronaca.

Non è reato nemmeno la diffamazione generica, cioè quella rivolta a una categoria indeterminata di persone (ad esempio, “Tutti i politici sono ladri”).  La vittima del reato di diffamazione deve infatti essere un soggetto individuato o comunque individuabile.

Ad esempio, chi insulta su Facebook la propria suocera pur non menzionandone il nome commette diffamazione, in quanto il destinatario delle offese è inequivocabile.

In quali casi si può diffamare?

Secondo la sentenza della Corte di Cassazione citata in apertura, si può diffamare senza essere puniti quando si reagisce alla provocazione altrui.

Per la legge [3], infatti, non è punibile chi ha commesso diffamazione in preda allo stato d’ira determinato da un fatto ingiusto, subito dopo di esso.

Perché scatti la provocazione che fa venir meno il reato occorre quindi che il diffamatore abbia agito in preda alla rabbia e immediatamente dopo aver subito l’ingiustizia.

Alla luce di questi principi la Corte di Cassazione ha giustificato l’uomo che, subito dopo aver appreso su Facebook di essere stato velatamente (ma inequivocabilmente) accusato di alcune condotte poco onorevoli, si è vendicato replicando all’interno del proprio blog personale.

Secondo la Suprema Corte, la reazione non è stata eccessiva rispetto all’offesa ricevuta, cosicché va applicata la “scusante” della provocazione, secondo cui non può essere punito chi ha agito in risposta immediata al fatto illecito altrui.

Perché si possa diffamare senza incorrere in sanzioni, però, occorre che l’ingiustizia altrui non sia solo un pretesto per dare sfogo alla propria rabbia e, soprattutto, che ci sia equilibrio tra l’offesa iniziale e la propria risposta. Cosicché, non avrà scusanti chi inveisce pesantemente in pubblico contro una persona che si era limitata solamente a sollevare delle critiche.

Insomma: tra risposta diffamatoria e ingiustizia iniziale occorre che ci sia proporzione, un po’ come avviene nella legittima difesa quando si parla di proporzionalità tra aggressione e difesa.

The post Quando si può diffamare? first appeared on La Legge per tutti.

 
Pubblicato : 14 Dicembre 2022 06:00