Quando si può considerare minaccia?
Quali comportamenti si considerano minaccia: il reato e le giustificazioni.
Non basta minacciare una persona per commettere reato. Bisogna farle paura. E soprattutto il male prospettato alla vittima deve essere ingiusto e dipendere dall’azione di chi agisce. Cerchiamo di comprendere, più da vicino, quando si può considerare minaccia un comportamento, un post su un social o anche un semplice gesto.
I requisiti del reato di minaccia
L’articolo 612 del codice penale punisce con la multa fino a 1.032 euro chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno.
Il concetto di “ingiusto danno” è stato poi specificato dalla giurisprudenza che ha così spiegato quali sono i presupposti del reato di minaccia. Eccoli:
- l’evento prospettato alla vittima deve essere vietato dall’ordinamento, deve cioè costituire un illecito (civile o amministrativo). Ad esempio, minacciare qualcuno di denuncia se non rimuove una recensione diffamatoria, di presentare un esposto per una presunta costruzione abusiva o di provocarne il fallimento se non salda un debito non sono considerate minacce nel senso penale del termine. Questo perché il diritto di agire in giudizio è sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 24;
- il verificarsi dell’evento paventato alla vittima deve dipendere dall’azione del presunto colpevole e non da fatti naturali o dal comportamento di terzi. Ad esempio non è minaccia augurare a una persona di morire con atroci sofferenze o di subire disgrazie, malattie e sfortune in quanto tali circostanze sono conseguenza del fato. Sarebbe invece reato dire a una persona, anche solo velatamente «Guardati le spalle… Non sai cosa ti posso fare…!»;
- la minaccia deve essere tale da incutere timore in una persona media della stessa categoria, genere, condizioni sociali, fisiche ed economiche della vittima. E questo a prescindere poi dal fatto che il soggetto si sia sentito realmente intimidito: basta la semplice attitudine, la potenzialità. Ad esempio non potrebbe costituire reato la minaccia di un anziano su una sedia a rotelle di picchiare un giovane aitante, ma ben potrebbe essere il contrario. Il fatto che un noto criminale dica a un’altra persona di “stare attento a sé” integra una minaccia, anche se nelle effettive intenzioni dell’agente non v’è alcuna volontà di compiere reato.
La Cassazione ha ribadito che nel reato di minaccia è sufficiente la sola attitudine ad intimorire senza che si verifichi concretamente il male minacciato. Basta cagionare il timore nella vittima o comunque in una persona media che si trovi nelle medesime condizioni (Cass. sent. n. 31830/2024).
«Nel reato di minaccia elemento essenziale è la limitazione della libertà psichicamediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall’autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest’ultima. È sufficiente la sola idoneità della condotta a intimorire; è irrilevante, invece, l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto (cfr., tra le altre, Cass. n. 45502/2014; n. 21601/2010).
Inoltre la minaccia scatta anche quando il destinatario della condotta lesiva non è identificato in modo preciso, purché sia determinabile. Ad esempio, riferire a una persona di voler far del male a un’altra, sapendo che questa informerà il diretto destinatario della minaccia integra un reato. Lo è anche il fatto di scrivere un post minatorio sulla propria bacheca social, senza fare nome e cognome della vittima ma consentendo che questa lo legga e si senta “chiamata in causa”.
Sempre la Cassazione ha detto che la minaccia è un reato di pericolo, per la cui integrazione non è richiesto che il bene tutelato sia realmente leso: basta che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale. La valutazione dell’idoneità della minaccia a realizzare tale finalità va fatta avendo a riferimento le reazioni dell’uomo comune (Cass. sent. n. 35817/2018).
Sussiste la responsabilità per il reato di minacce nei confronti del soggetto che abbia causato lesioni personali alla persona offesa e contemporaneamente l’abbia minacciata di morte e di dar fuoco ai suoi beni, non rilevando come giustificazione l’essere stato accecato dalla rabbia e dalla foga del momento nel proferire dette frasi minatorie.
Esempi di minaccia
Ecco alcune frasi che possono considerarsi minacciose e quindi reato:
- ti uccido;
- non sai cosa ti farò;
- guardati le spalle;
- la sera non camminare mai da solo…;
- attento ai tuoi figli;
- ti brucio la casa;
- ti distruggo;
- ora rivelo a tuo marito che hai l’amante;
- farò vedere a tutti quanti ciò che mi hai scritto in modo che sappiano che persona sei;
- ti rovino la reputazione;
- sei un uomo morto.
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