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Quando si deve restituire la pensione ricevuta indebitamente?

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(@paolo-florio)
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Rimborso all’Inps degli importi ricevuti per errore: chi è responsabile?

Non capita di rado che l’Inps comunichi al pensionato un errore nel conteggio degli importi a questi dovuti e ne esiga il rimborso. Cosa bisogna fare in detti casi, specie se tali soldi sono stati già spesi e non si ha più modo di pagare? Quando si deve restituire la pensione ricevuta indebitamente?

Il calcolo degli assegni pensionistici passa spesso dalla correttezza delle informazioni fornite dallo stesso interessato. La mancata o incompleta segnalazione, da parte di questi, di elementi che incidono sul diritto o l’importo della sua pensione è equiparata a un comportamento doloso, con la conseguenza che l’Inps può chiedere la restituzione degli importi già corrisposti.

Cosa stabilisce la legge sul rimborso della pensione?

L’articolo 52 della Legge 88/1989 stabilisce la possibilità di rettificare le pensioni “in ogni momento”da parte degli enti previdenziali, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione.

Tuttavia, qualora, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si procede al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Quindi è necessario un comportamento consapevole, cosciente e soprattutto posto in malafede.

Tuttavia, l’articolo 13, comma 1, della Legge 412/1991 ha precisato che ci può essere obbligo di restituzione degli importi anche se l’errore dell’ente previdenziale è dovuto a omessa o incompleta segnalazione da parte del pensionato.

Quando non è dovuta la restituzione della pensione all’Inps?

La sentenza 5984/2022 della Cassazione ha sottolineato che per non dover restituire la pensione all’Inps è necessario il verificarsi contemporaneo di quattro requisiti:

  • il pagamento deve essere avvenuto sulla base di un provvedimento formale e definitivo;
  • il provvedimento deve essere stato notificato al soggetto interessato;
  • l’errore deve essere attribuibile all’Inps, indipendentemente dalla sua natura;
  • non deve sussistere il dolo da parte del pensionato, al quale (come detto sopra) si equipara la mancata o parziale comunicazione di fatti rilevanti non già noti all’ente.

In assenza anche di uno solo di questi requisiti, entra in gioco l’articolo 2033 del Codice civile, secondo cui chi ha ricevuto un pagamento non dovuto è tenuto a restituire quanto ottenuto, oltre agli interessi maturati dal giorno del pagamento se era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.

Per esemplificare, immaginiamo il caso di un pensionato che omette di comunicare un cambiamento di reddito, il quale influirebbe sull’importo della pensione. Se l’ente previdenziale eroga somme non dovute basandosi su queste informazioni incomplete, e successivamente scopre l’omissione, può legittimamente richiedere la restituzione degli importi indebitamente percepiti, considerando l’omissione come un atto di dolo.

Come l’omessa comunicazione all’Inps influisce sulla pensione

Nel caso deciso dalla Corte, l’Inps aveva scoperto tramite l’Ispettorato del Lavoro, e non direttamente dal pensionato, che l’attività presunta autonoma, base per il riconoscimento di un supplemento pensionistico, era in realtà un rapporto di lavoro subordinato. Tale riqualificazione del rapporto di lavoro ha minato il presupposto per l’assegnazione del supplemento pensionistico. Ciò evidenzia come l’omessa comunicazione da parte del pensionato possa avere significative ripercussioni legali e finanziarie.

La Cassazione ha ritenuto che, in questo caso, venisse meno la quarta condizione precedentemente menzionata, ossia l’assenza di dolo, poiché il pensionato non aveva comunicato una modifica sostanziale del proprio status lavorativo.

Come evitare il rimborso della pensione

È pertanto essenziale che i pensionati si mantengano scrupolosamente trasparenti nella comunicazione di qualsiasi informazione che possa influenzare il loro diritto alla pensione o l’importo della stessa, per evitare complicazioni legali e finanziarie in futuro. Questo principio riflette non solo l’importanza della veridicità nelle relazioni con gli enti previdenziali, ma sottolinea anche la responsabilità individuale nel mantenimento di un sistema previdenziale equo e sostenibile.

Quando la restituzione della pensione grava sul datore di lavoro

In un contesto differente, ma sempre relativo alla ripetizione di somme indebitamente percepite, si inserisce il caso di un dipendente postale licenziato e successivamente riassunto, a seguito dell’annullamento del licenziamento. Durante il periodo di licenziamento, il dipendente aveva percepito la pensione, presupposto venuto meno con il reintegro nel lavoro. La questione giuridica qui riguarda chi debba restituire le somme percepite a titolo di pensione: secondo la Cassazione, la responsabilità ricade sul datore di lavoro, che ha beneficiato indebitamente del licenziamento annullato, a discapito dell’Inps che aveva erogato la pensione in assenza del legittimo presupposto.

 
Pubblicato : 12 Marzo 2024 12:15