Quando può essere imposto un Trattamento sanitario obbligatorio (TSO)
Condizioni per disporre un trattamento obbligatorio presso un centro di salute mentale.
L’articolo 32 della Costituzione stabilisce che nessuno può essere sottoposto a trattamenti sanitari se non in forza di legge e che ciò non può avvenire in spregio del rispetto della persona.
In una recente ordinanza [1] la Cassazione ha chiarito quando può essere imposto un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Si tratta chiaramente di una deroga – prevista solo per situazioni di grave pericolo sia per la salute del singolo che soprattutto per la sicurezza della collettività – al regime del «consenso informato»: consenso che, come noto, di regola è obbligatorio prima di qualsiasi trattamento sanitario, dal vaccino al ricovero presso un centro di salute mentale, dall’intervento chirurgico al trattamento di riabilitazione.
Ma procediamo con ordine e vediamo quando si può imporre un TSO secondo la Cassazione.
Le 3 condizioni per imporre un TSO
La Suprema corte, con un principio di diritto appena formulato, ha definito le tre condizioni in cui per tutelare la salute del paziente è possibile ricorrere ad un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Queste sono:
- alterazioni psichiche tali da richiedere interventi urgenti terapeutici;
- mancata accettazione delle terapie proposte da parte del paziente;
- impossibilità di effettuare idonee e tempestive misure sanitarie diverse da quelle ospedaliere.
Naturalmente devono sussistere tutti e tre i presupposti per rendere legittimo il TSO. Diversamente il paziente a cui sia stato praticato il trattamento obbligatorio ha diritto a pretendere il risarcimento del danno.
Nel caso di specie, la Suprema Corte, sussistendo le tre condizioni appena viste, ha rigettato la richiesta di indennizzo di un uomo che, dopo essersi recato al centro di salute mentale, era stato trattenuto dai medici per un TSO della durata di 15 giorni in quanto affetto da un “disturbo delirante in fase di scompenso”. Il TSO era stato così attivato dopo che il paziente, affetto da un disturbo delirante cronico in fase di scompenso, «aveva ripetutamente rifiutato gli terapeutici proposti, nella comprovata sussistenza dei tre presupposti poc’anzi indicati». A quel punto, il provvedimento di trattenimento era stato proposto da una prima dottoressa e poi convalidato da una collega; ordinato dal Sindaco della città nella sua qualità di Ufficiale di Governo e successivamente convalidato dal giudice Tutelare.
TSO per disturbi mentali
Il campo in cui il TSO viene più spesso praticato è quello per disturbi mentali. In questi casi – sottolinea la Cassazione – l’ospedalizzazione «costituisce un evento intriso di problematicità, essendo associata ad una presumibile condizione di incapacità del paziente a prestare un valido consenso».
Nonostante dal punto di vista normativo, prosegue la Suprema Corte, un paziente sia considerato capace oppure incapace, la realtà clinica suggerisce che possano esistere degli «spazi di autonomia e libertà decisionale residui anche in pazienti sottoposti a TSO». Dunque «un approccio di tipo multidimensionale, basato sulla valutazione, nel singolo paziente, della capacità a prestare consenso (mental capacity), costituisce un possibile terreno sul quale ricostruire, all’interno della relazione medico-paziente, un percorso di ripristino della capacità di prestare consenso alle cure».
Legge sul TSO: cosa dice?
La normativa che regola il trattamento sanitario obbligatorio è la legge n. 833 del 1978. Agli articoli 34 e 35 si indicano le condizioni al ricorrere delle quali si può prescindere dal consenso del paziente.
Si tratta, spiega la Corte, di un “evento straordinario” finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente che «non deve essere considerato una misura di difesa sociale» e che deve essere attivato solo dopo aver ricercato, con ogni iniziativa possibile, il consenso del paziente ad un intervento volontario.
In particolare la legge dice che il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’articolo 33 da parte di un medico della unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma. Nei casi di cui al precedente comma il ricovero deve essere attuato presso gli ospedali generali, in specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura all’interno delle strutture dipartimentali per la salute mentale comprendenti anche i presidi e i servizi extraospedalieri, al fine di garantire la continuità terapeutica. I servizi ospedalieri di cui al presente comma sono dotati di posti letto nel numero fissato dal piano sanitario regionale.
Qual è la procedura per il TSO?
La procedura del TSO viene attivata da parte di un medico che verifica e certifica l’esistenza:
- dell’avvenuta convalida della proposta da parte di un altro medico, dipendente pubblico, generalmente specialista in psichiatria;
- dell’emanazione da parte del Sindaco dell’ordinanza esecutiva (entro 48 ore);
- della notifica al Giudice Tutelare (entro 48 ore), che provvede a convalidare o meno il provvedimento, comunicandolo al Sindaco.
Quanto dura un TSO?
La durata del provvedimento che dispone il TSO è di 7 giorni che però è possibile prorogare se persistono le tre condizioni necessarie (da comunicare al Sindaco ed al Giudice Tutelare). Allo stesso modo, e in senso inverso, è possibile cessare il TSO prima dello scadere dei 7 giorni se cessa anche una delle suddette condizioni (anche in tal caso occorre fare la comunicazione al Sindaco ed al Giudice Tutelare).
Procedura per attuare un TSO
Il provvedimento con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida, corredato dalla proposta medica motivata e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune. Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.
Se il provvedimento è disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di residenza dell’infermo, ne va data comunicazione al sindaco di questo ultimo comune, nonché al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune di residenza.
Se il provvedimento è adottato nei confronti di cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell’interno, e al consolato competente, tramite il prefetto. Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico della unità sanitaria locale è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso. Il sanitario è tenuto a comunicare al sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuità di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l’obbligo del trattamento sanitario; comunica altresì la eventuale sopravvenuta impossibilità a proseguire il trattamento stesso. Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del sanitario, ne dà notizia al giudice tutelare.
Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo. L’omissione delle comunicazioni suddette determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio.
Chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare. Entro il termine di trenta giorni, il sindaco può proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio.
Nel processo davanti al tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso può essere presentato al tribunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Il presidente del tribunale fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto in calce al ricorso che, a cura del cancelliere, è notificato alle parti nonché al pubblico ministero.
Il presidente del tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico ministero, può sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l’udienza di comparizione.
Sulla richiesta di sospensiva il presidente del tribunale provvede entro dieci giorni. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, dopo avere assunto le informazioni e raccolto le prove disposte di ufficio o richieste dalle parti. I ricorsi ed i successivi provvedimenti sono esenti da imposta di bollo.
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