Quando le villette a schiera sono un condominio?
Se le costruzioni indipendenti condividono parti e servizi comuni, si applica la disciplina condominiale. Come funziona in pratica: quando serve l’amministratore e che poteri ha l’assemblea.
Il condominio è un’entità giuridica, non materiale: perciò può essere costituito non soltanto da un unico edificio, ma anche da un complesso di fabbricati apparentemente indipendenti in quanto distinti e staccati l’uno dall’altro, come quando ogni villetta ha il proprio giardinetto e la sua recinzione che delimita la proprietà individuale dalle altre. In altre parole, l’autonomia strutturale di ogni costruzione non è decisiva per escludere la condominialità. Ma quando le villette a schiera sono un condominio?
In concreto possono verificarsi diverse situazioni, come quando le villette sono monofamiliari, oppure bi, tri e quadrifamiliari, e, se sono parecchie, costituiscono un vero e proprio villaggio, o complesso residenziale, spesso battezzato con un nome proprio.
Chi compra uno di questi immobili, o già vi abita, deve capire come regolarsi, e sapere se può comportarsi come un monarca assoluto nel suo territorio oppure se deve rispettare alcune regole comuni e quindi fare i conti con i vicini e con gli organi rappresentativi della compagine condominiale, come l’amministratore e l’assemblea. Possono incidere sulla sua proprietà? E se sì, entro quali limiti? Vediamo quando le villette a schiera formano un condominio e, in caso affermativo, qual è la normativa applicabile, perché ci sono delle importanti particolarità rispetto al condominio ordinario.
Quando c’è condominio negli edifici?
Il condominio negli edifici si realizza quando si verificano congiuntamente queste due condizioni:
- il fabbricato è costituito da una pluralità di unità immobiliari (ne bastano due), suscettibili di uso abitativo, commerciale o di altro tipo (ad esempio, garage);
- ciascuna unità immobiliare di cui è composto l’edificio appartiene ad almeno due proprietari diversi.
In tali situazioni il condominio sorge automaticamente, anche senza un apposito atto di costituzione, e quindi si applica la relativa disciplina senza che nessuno possa opporsi.
Quando i proprietari sono soltanto due c’è condominio?
Dal secondo requisito che abbiamo descritto ti sarai accorto che bastano due proprietari diversi delle unità immobiliari che compongono l’edificio per avere un condominio.
In questo caso se i proprietari sono pochi (fra poco vedremo esattamente quanti) si parla di condominio minimo, e questo vale anche se le unità immobiliari sono più di due (dunque, alcune di esse appartengono ad uno dei proprietari). Facciamo un esempio.
Un fabbricato è composto dal piano terra, dove c’è un negozio che si affaccia sulla strada, e da due piani rialzati, dove ci sono in tutto tre appartamenti. Il negozio appartiene a Tizio, gli appartamenti sono di proprietà di Caio. Ci sono quindi due titolari differenti delle unità immobiliari: è un condominio minimo. Se Caio fosse stato proprietario dell’intero fabbricato, il condominio non sarebbe sorto, nonostante le 4 unità immobiliari distinte.
Fino a quando c’è condominio minimo?
Il condominio minimo sussiste quando il numero dei proprietari è compreso fra due e otto: quindi meno di nove.
Il condominio minimo si caratterizza perché non è indispensabile la presenza di un amministratore, anche se è sempre preferibile averlo, perché altrimenti qualcuno tra i condòmini deve comunque occuparsi della gestione; ma nel condominio minimo non si può ricorrere al giudice per ottenere la nomina dell’amministratore, appunto perché non è un organo obbligatorio.
Quando le villette a schiera formano un condominio?
È importante notare che per avere un condominio le unità immobiliari non devono essere situate nel medesimo edificio, ma possono essere anche contigue o attigue, purché condividano alcune parti comuni, come, ad esempio:
- la recinzione esterna del complesso immobiliare;
- il cancello d’ingresso al villaggio;
- il viale di accesso unico, con le diramazioni per raggiungere le varie villette;
- il locale garage (autorimessa o distinto in box);
- le aree adibite a parcheggio esterno;
- il cortile, il giardino e gli eventuali impianti sportivi;
- il servizio di guardiania o di portineria;
- le fognature, o i servizi di riscaldamento centralizzato;
- l’illuminazione privata (non comunale);
- citofoni, telecamere e altri impianti di sorveglianza.
Quindi un villaggio di case o villette a schiera, anche se isolate e staccate l’una dall’altra, forma sicuramente un condominio se esse condividono una o più di queste parti comuni dell’edificio (la loro elencazione – esemplificativa, e non esaustiva – è contenuta nell’articolo 1117 del Codice civile).
Case bifamiliari, trifamiliari o quadrifamiliari: cambia qualcosa?
Attenzione: nulla vieta che le singole villette che compongono questo condominio siano suddivise, a loro volta, in distinti appartamenti, come avviene nel caso delle case bifamiliari (o trifamiliari, e quadrifamiliari). Come abbiamo visto, l’unica differenza sta nel fatto che se il numero complessivo dei proprietari è di almeno nove, non si applicherà più la speciale disciplina del condominio minimo.
Come funziona il condominio delle villette a schiera
Il caso delle villette a schiera che stiamo esaminando costituisce, in linguaggio tecnico, un «condominio orizzontale» (anziché verticale, come nel caso classico del palazzo unico a più piani), perché si sviluppa in estensione lineare sul territorio, piuttosto che in altezza. Il fenomeno è definito anche «condominio complesso», perché ha una regolamentazione parzialmente diversa da quella del condominio ordinario.
La complessità deriva dal fatto che il condominio è composto da diversi corpi di fabbrica che però condividono alcune parti, impianti o servizi comuni. A tal proposito l’articolo 1117 bis del Codice civile stabilisce che le disposizioni generali in materia di condominio «si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117».
Condominio di villette a schiera: che poteri ha l’assemblea?
In un condominio di villette a schiera, l’assemblea è competente a deliberare su tutto ciò che riguarda la disciplina e le modalità d’uso delle parti, impianti e servizi comuni. Ad esempio, può:
- regolamentare gli spazi adibiti a parcheggio e il loro uso turnario;
- distribuire ai partecipanti le chiavi, o i telecomandi, del cancello di accesso principale;
- stabilire gli orari di accensione e spegnimento del riscaldamento, o condizionamento, centralizzato;
- disciplinare le modalità di fruizione del giardino e degli impianti sportivi;
- modificare la destinazione d’uso delle parti comuni (ma ciò deve avvenire ai sensi dell’art. 1117 ter del Codice civile, con la maggioranza qualificata di 4/5 dei millesimi e dei partecipanti).
Condominio di villette a schiera: quali innovazioni?
Anche nel condominio composto da villette a schiera possono rendersi necessarie determinate innovazioni, cioè interventi volti a migliorare l’uso delle parti comuni e dei relativi impianti, o per eliminare le barriere architettoniche, realizzare parcheggi a servizio del complesso immobiliare, aumentare l’efficientamento energetico.
Va sottolineato che sono sempre vietate – ai sensi dell’articolo 1120 del Codice civile – «le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino».
Villette a schiera e decoro architettonico
Anche il condominio composto da villette a schiera ha il proprio “decoro architettonico”, inteso come l’insieme delle linee armoniche ed estetiche che caratterizzano la fisionomia dell’edificio complessivo e lo rendono percepibile dall’esterno: in un villaggio o complesso residenziale, questo biglietto da visita contribuisce al valore delle proprietà immobiliari.
Ciò significa che, ad esempio, il proprietario di una villetta non può autonomamente cambiare il colore della facciata o della staccionata, distinguendola dalle altre e spezzando l’uniformità cromatica del complesso immobiliare [1] Se ciò avviene, ciascun partecipante può agire in giudizio per la tutela ed il ripristino del decoro architettonico della proprietà comune [2].
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