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Quando il lavoro è troppo stressante?

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(@paolo-florio)
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Sindrome di burnout e stress da lavoro correlato: tutti i sintomi, le manifestazioni e la richiesta di risarcimento del danno. 

Non poche sentenze riconoscono al dipendente il diritto al risarcimento del danno quando il lavoro è troppo stressante. L’aspetto più problematico però per quest’ultimo è il cosiddetto «onere della prova» ossia la dimostrazione della fondatezza delle proprie pretese. Difatti, al ricorrente non basta dedurre di essere stato sottoposto a superlavoro. Egli deve anche provare la malattia che, in forza di ciò, ha contratto e che essa è derivata unicamente dall’ambiente lavorativo e non da altri fattori esterni o personali (ad esempio un carattere ansioso o stacanovista).  

In particolare, secondo la Cassazione [1], il lavoratore è tenuto a fornire la prova dello svolgimento della prestazione secondo modalità nocive e del fatto che proprio da tale circostanza è derivato un danno alla sua salute. Il datore di lavoro, che ha il dovere di assicurare la tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore, deve invece dimostrare – per difendersi – che la prestazione si è svolta con modalità normali, congrue e tollerabili per l’integrità psicofisica e la personalità del prestatore.

Detto ciò cerchiamo di vedere quando il lavoro si può considerare troppo stressante e quando si configura ciò che tecnicamente viene chiamata sindrome di burnout.

Lo stress da lavoro è una sindrome

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, lo stress da lavoro o da disoccupazione è una sindrome anche se non può essere considerato una malattia. Viene chiamata sindrome burnout. Secondo la descrizione disponibile sul sito internet dell’Organizzazione, il burnout è una sindrome conseguente a uno stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo. È caratterizzato da tre elementi: 1) sensazione di mancanza di energie o spossamento; 2) incremento della distanza mentale dalla propria attività o senso di negatività correlato al lavoro svolto; 3) riduzione dell’efficacia professionale. 

L’Oms ha anche specificato che prima di diagnosticare a qualcuno il burnout occorre anche escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come il disturbo dell’adattamento, l’ansia o disordini legati a paure o la depressione. Inoltre il burnout è una condizione che si riferisce solo a un contesto lavorativo e non può essere estesa ad altre aree della vita. L’Organizzazione mondiale della sanità non ha tuttavia stabilito quali sono le cure per trattare chi è affetto da questa sindrome.  

Come riconoscere lo stress causato dal lavoro?

Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro devono considerarsi causate dal lavoro stesso; queste possono derivare anche da vari fattori quali il contenuto e l’organizzazione del lavoro, l’ambiente di lavoro, una comunicazione “povera” ecc.

I sintomi più frequenti sono:

  • l’affaticamento mentale;
  • la cefalea;
  • la gastrite;
  • l’insonnia;
  • la modificazione dell’umore;
  • la depressione e l’ansia;
  • le forme disparate di alopecia;
  • la dipendenza da farmaci.

Quali sono le cause dello stress sul lavoro?

I fattori “tradizionali” che causano stress possono essere:

  • il lavoro ripetitivo e arido;
  • il carico di lavoro e di responsabilità eccessivo o ridotto;
  • il rapporto conflittuale uomo-macchina;
  • i conflitti nei rapporti con i colleghi e i superiori;
  • i fattori ambientali (rumore, presenza di pubblico ecc.);
  • il lavoro notturno e la turnazione eccessiva.

Ai tradizionali fattori di rischio, inoltre, se ne affiancano oggi di nuovi, legati al rapporto persona-lavoro, agli aspetti relazionali e motivazionali, alla disaffezione, all’insoddisfazione, al malessere collegato al ruolo del singolo lavoro, alle relazioni con i colleghi e i capi, al rapporto con le tecnologie e con le loro continue evoluzioni.

I fattori psicopatogeni correlati all’ambiente di lavoro maggiormente ricorrenti possono essere identificati in:

  • senso di soggezione, di inferiorità, di sensazione propria a inadeguatezza rispetto al lavoro: la sensazione di non essere all’altezza del compito (per esempio, assegnato in fase di emergenza in cui si è coscienti di non avere formazione adeguata a quanto richiesto) determina disagio emotivo, ansia, frustrazione e stress in un ambiente conflittuale. Per alcuni, la reazione è rappresentata da fenomeni di rimozione, di fuga ed evitamento; per altri, l’incapacità di reagire si traduce in una nevroticizzazione dell’esperienza lavorativa. Il lavoro diventa, insopportabile e, con il tempo, si struttura una condizione nevrotica con sintomi depressivi, ansiosi e somatoformi esasperati dalle condizioni ambientali al contorno;
  • esperienze di umiliazione occasionali o continue: la reazione nei confronti dell’umiliazione può determinare senso di inferiorità, di incapacità, di frustrazione, di ansia, di depressione, di nevrosi. Il soggetto si sente ingiustamente colpito e la sua reattività può sconfinare perfino nella paranoia;
  • iperimpegno, carrierismo, voglia di emergere:­ l’eccessivo impegno nel lavoro (in cui decadono gli orari a causa dell’emergenza verificatasi) può provocare situazioni di stress caratterizzate da blocco, astenia, ansia, senso di insufficienza, depressione;
  • conflittualità nel lavoro: la conflittualità tra colleghi può essere responsabile di manifestazioni ansioso-depressive;
  • competitività nel lavoro:­ la competitività tra colleghi è fonte di ansia, di irritabilità, di frustrazione, di insonnia e di stress;
  • eccessiva responsabilizzazione:­ un eccessivo carico di responsabilità può determinare ansia, frustrazione, depressione, senso di insufficienza;
  • scarsa responsabilizzazione: la mancanza di impegni, ovvero l’inadeguatezza delle responsabilità può determinare ansia, frustrazione, depressione, nevrosi;
  • turnazione eccessiva: l’alterazione dei ritmi circadiani, dovuta all’alternanza dei turni, può alterare l’omeostasi psicofisica del soggetto, alla quale seguono sintomi di ansia, di frustrazione, di malessere, di stress;
  • mobilità: gli spostamenti, soprattutto quando impongono un pendolarismo del lavoratore, possono essere responsabili di disturbi quali ansia, stress, somatizzazioni depressive. Un esempio calzante è il caso in cui il lavoratore, ormai senza più neanche l’abitazione, debba “rifugiarsi” in alloggi lontani dal posto di lavoro al quale deve presentarsi quotidianamente;
  • rumore, affollamento dell’ambiente lavorativo (interno ed esterno), ristrettezza dell’ambiente: queste condizioni socio-ambientali spesso si riflettono sullo psichismo dei lavoratori che possono andare incontro a disturbi somatoformi, frustrazione, ansia, stress.

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Pubblicato : 30 Dicembre 2022 10:00