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Quando il Comune paga i danni da movida

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(@angelo-greco)
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Come i Comuni possono essere obbligati a risarcire i residenti per i danni da locali notturni che violano la quiete pubblica.  

Quando la vita notturna diventa troppo rumorosa, chi è responsabile? Se il rumore interrompe il vostro sonno o disturba la vostra vita familiare, avete diritto a un risarcimento? Queste sono domande comuni che possono sorgere quando i residenti devono affrontare le conseguenze del chiasso provocato dai clienti o dalla musica che si irradia dalle casse esterne. Una recente sentenza della Cassazione spiega quando il Comune paga i danni da movida. La pronuncia potrebbe avere un impatto significativo su come vengono gestiti questi problemi. 

Cosa dice la sentenza sul pagamento dei danni da movida da parte del Comune?

Secondo una sentenza pubblicata il 23 maggio 2023 dalla terza sezione civile della Cassazione (n. 14209), il Comune ha l’obbligo di essere diligente nel gestire i suoi beni, compresa la pubblica via. Pertanto, può essere condannato a risarcire i danni subiti dai residenti a causa del rumore notturno, oltre che a ridurre il rumore a un livello tollerabile. 

Non importa se il rumore è provocato dalla musica degli amplificatori posti all’esterno dei locali o dagli stessi avventori che sostano fuori la porta in attesa di entrare o che siedono sui tavolini dei bar. 

È vero, la giurisprudenza ritiene che il titolare del locale è responsabile per il rumore prodotto dai propri clienti. E a tal fine non gli basta posizionare, al di fuori del bar, un cartello con l’avviso di fare silenzio: deve anche predisporre un servizio d’ordine e, se del caso, allontanare i molestatori. Ma il Comune deve fare la sua parte: sicché la responsabilità dell’ente locale si somma – e non si sostituisce – a quella del titolare dell’attività di intrattenimento.

È possibile portare in giudizio il comune per chiedere il risarcimento del danno e la cessazione dei rumori molesti che, soprattutto nei periodi estivi, salgono dalla strada dopo la chiusura dei locali, quando le persone si attardano sotto le abitazioni.

Qual è il principio alla base di questa decisione?

Il principio alla base di questa decisione è il cosiddetto neminem laedere, ovvero l’obbligo di non violare i diritti altrui e non produrre danni ingiusti a terzi. Questo significa che se il rumore notturno viola i vostri diritti alla salute, alla vita familiare o alla proprietà privata, potete chiedere un risarcimento direttamente al Comune e, nello stesso tempo, agire contro la società che gestisce il locale. A tal fine potreste recarvi all’interno di esso e acquistare una consumazione in modo da poter verificare, attraverso lo scontrino, l’esatta denominazione sociale, la relativa sede legale e la Partita Iva. Si tratta di dati importanti se si vuol agire in via civile o penale. A tal fine è anche possibile, con tali informazioni, chiedere presso la Camera di Commercio, una visura della ditta o della società e risalire all’identità dell’amministratore o comunque del legale rappresentante.

Perché il Comune è responsabile?

Il Comune ha una “responsabilità omissiva“: per prevenire o fermare i danno il Comune doveva intervenire tramite il controllo sulle strade per far cessare il rumore notturno, eventualmente inviando i propri vigili (la polizia locale).

La tutela del riposo notturno è sancita anche dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: entrambe tutelano la persona e la proprietà privata, beni questi lesi dalle immissioni acustiche intollerabili che provengono dalla strada pubblica. Anche l’ente locale è tenuto a osservare le regole tecniche e i canoni di prudenza nella propria gestione. 

Nei confronti del Comune, dunque, si può proporre sia una richiesta di risarcimento del danno, sia un ordine di cessazione delle condotte moleste: spetta poi alla discrezionalità dell’amministrazione scegliere le modalità con cui liberare i residenti dall’assedio notturno e ripristinare quindi la legalità nell’area.  

Per la Suprema Corte “la P.A. è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un “fare”, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l’appunto, un’attività soggetta al principio del neminem laedere“. Ne consegue la titolarità dal lato passivo del convenuto Comune.

Inoltre, prosegue la decisione, la domanda di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, “non postula alcun intervento del giudice ordinario di conformazione del potere pubblico e, dunque, non spiega alcuna incidenza rispetto al perimetro dei limiti interni della relativa giurisdizione, ma richiede soltanto la verifica della violazione da parte della P.A. del principio delneminem laedere e, dunque, della sussistenza o meno della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver mancato di osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni quale condotta, connotata da c.d. colpa generica, determinativa di danno ingiusto per il privato”.

 
Pubblicato : 24 Maggio 2023 16:15