Quali vendite online vanno dichiarate?
Quali ricavi dell’e-commerce e proventi delle vendite occasionali effettuate da privati sulle piattaforme devono essere inseriti in dichiarazione dei redditi; quando serve anche aprire la partita Iva.
Una domanda pratica che riguarda moltissimi contribuenti è: quali vendite online vanno dichiarate al Fisco? Se la pongono tutti coloro che in una determinata occasione, isolata o ripetuta, hanno posto in vendita oggetti o prodotti di qualsiasi tipo: i proventi guadagnati vanno dichiarati nel 730, e se sì come vengono tassati? E quando bisogna aprire la partita Iva per questa attività?
Il Fisco conosce le vendite online?
Dal 2023, con il recepimento in Italia della Direttiva UE n. 514/2021 ad opera del D. Lgs. n. 32/2023, è diventato obbligatorio per tutti i portali di vendita online comunicare agli organi fiscali dei Paesi membri dell’Unione Europea i dati identificativi dei loro iscritti e delle vendite realizzate, precisando il numero delle operazioni e l’importo di ciascuna.
Questo obbligo però scatta soltanto quando il numero di vendite effettuate nel corso dell’anno è pari o superiore a 30, oppure se i guadagni ottenuti nell’annualità di riferimento (dal 1° gennaio al 31 dicembre) raggiungono, o superano, i 2000 euro.
L’Agenzia delle Entrate, quindi, a seguito di queste comunicazioni sa chi sono i contribuenti che hanno venduto online superando una, o entrambe, le soglie previste.
Tenuto conto delle suddette soglie di comunicazione dei dati delle piattaforme al Fisco, facciamo alcuni esempi pratici di vendite online che non sono fiscalmente imponibili e come tali – a prescindere dal portale utilizzato, come, per citare qualcuna tra le più note, Amazon, eBay, Facebook Marketplace o Subito.it – non richiedono l’indicazione dei proventi nella dichiarazione dei redditi né il pagamento delle imposte.
Potrebbe trattarsi di chi ha effettuato molte operazioni di piccolo importo, come la vendita di centinaia di fumetti sfusi ad acquirenti diversi per un prezzo di pochi euro ciascuno, o di chi ne ha realizzate poche ma ottenendo incassi elevati, come un’unica autovettura usata venduta a 20mila euro o più.
Quando le vendite online diventano imponibili?
Il criterio di imponibilità fiscale si basa sull’occasionalità o meno delle prestazioni. Quando le vendite sul web sono episodiche e non sistematiche, i proventi non hanno rilevanza fiscale, né ai fini delle imposte dirette né in ambito Iva. Al contrario, se l’attività di vendita è abituale ed organizzata scattano gli obblighi dichiarativi dei redditi ed anche quelli di apertura della partita Iva e di tenuta delle scritture contabili, perché il soggetto svolge una vera e propria attività d’impresa.
Tornando agli esempi precedenti, chi vende fumetti in modo sistematico e per realizzare un profitto, magari acquistandoli da privati e poi mettendoli in vendita pubblicamente per lucrare sulla differenza di prezzo, dovrà dichiarare i proventi e pagare le tasse; viceversa chi ha venduto privatamente la sua auto usata grazie a un’inserzione sul web non avrà alcun obbligo dichiarativo, così come chi si limita a vendere la propria, pur corposa, collezione di giornalini usati e posseduti sin da quando era bambino.
Come dichiarare i redditi percepiti
Volendo esaminare altre situazioni ricorrenti, un hobbista che realizza prodotti artigianali e li pone in vendita stabilmente, o comunque frequentemente, su varie piattaforme online, o sul proprio sito Internet, sarà considerato fiscalmente un imprenditore, e come tale dovrà dichiarare il reddito d’impresa ed anche adempiere a tutte le formalità Iva, mentre chi sporadicamente pone in vendita qualche oggetto di casa non sarà soggetto a questi obblighi, e chi si trova in una situazione intermedia, perché realizza un’attività occasionale ma non sporadica, sarà tenuto a indicare i compensi percepiti dagli acquirenti tra i «redditi diversi» di cui all’articolo 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), riportandoli nell’apposita sezione del modello 730 (o del modello Redditi) annuale e pagando su di essi l’Irpef in base alle normali aliquote applicate sugli scaglioni di reddito complessivo.
Allo stesso modo, chi ha un’attività di dropshipping, mediante la quale gestisce un negozio virtuale di prodotti che acquista dai suoi fornitori in base agli ordini ricevuti dai clienti, ai quali li rivende (mentre la spedizione è curata direttamente dal fornitore), diventa automaticamente un soggetto passivo Irpef ed Iva ed è tenuto ai conseguenti adempimenti fiscali anche se i ricavi ottenuti sono esigui e se dedica a quell’attività un tempo marginale, perché essa è comunque stabile e continuativa in quanto il suo sito è sempre attivo 24/7.
Conclusioni
Pertanto, in estrema sintesi, le vendite online non sono imponibili quando sono episodiche, sporadiche e non hanno finalità lucrativa; viceversa, quando l’attività di vendita è abituale o comunque risulta stabilmente organizzata, anche se a livello meramente individuale e senza l’aiuto di altri, i redditi percepiti vanno dichiarati e si è tenuti anche ad aprire la partita Iva, a prescindere dall’entità dei ricavi concretamente conseguiti.
Approfondimenti
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