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Proscioglimento: cos’è e come funziona?

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(@mariano-acquaviva)
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In cosa consiste la sentenza di non doversi procedere? Cos’è l’assoluzione con formula piena? In quali casi l’imputato non può essere condannato?

L’imputato viene dichiarato innocente ogni volta che il pubblico ministero non è riuscito a dimostrare la sua responsabilità penale. In casi del genere, il giudice deve porre fine al processo con sentenza di assoluzione. Ci sono però circostanze in cui l’imputato, pur non essendo innocente, riesce comunque ad evitare la condanna. È in questo contesto che si inserisce l’argomento di cui parleremo. Cos’è e come funziona il proscioglimento? Scopriamolo.

Cos’è il proscioglimento?

Nel proscioglimento rientrano tutte le ipotesi in cui la persona sottoposta a processo penale non viene condannata.

Ciò non significa che si tratti necessariamente di un’assoluzione: quest’ultima, infatti, è solo una delle possibili forme di proscioglimento.

Possiamo quindi definire il proscioglimento come il provvedimento con cui il giudice definisce il processo senza che l’imputato sia condannato.

Quante forme di proscioglimento esistono?

Il proscioglimento indica due tipologie di sentenza: quella di non doversi procedere e quella di assoluzione. Analizziamo entrambe le ipotesi.

La sentenza di non doversi procedere

Con la sentenza di non doversi procedere il giudice non stabilisce che l’imputato è innocente: semplicemente, pone fine al giudizio perché è intervenuta una causa che gli impedisce di pronunciarsi sul merito della vicenda.

In particolare, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere:

  • perché l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita (ad esempio, per carenza della condizione di procedibilità prevista dalla legge. È il caso della mancanza di querela sin dall’inizio);
  • per estinzione del reato (morte del reo, prescrizione, remissione della querela, ecc.);
  • per particolare tenuità del fatto, prima dell’apertura del dibattimento, ogni volta in cui il giudice ritiene che l’imputato, anche se colpevole, abbia commesso un crimine talmente lieve da non meritare una sanzione penale (cosiddetto proscioglimento predibattimentale) [1].

La sentenza di assoluzione

Secondo il codice di procedura penale [2], il giudice pronuncia sentenza di assoluzione quando:

  • il fatto non sussiste, cioè la condotta criminosa attribuita all’imputato non è mai esistita né è stata commessa da qualcun altro. Si pensi all’uomo accusato di omicidio mentre in realtà la vittima è morta per cause naturali;
  • l’imputato non ha commesso il fatto per il quale si procede; ciò significa che, a differenza dell’ipotesi di prima, il crimine è avvenuto, solo che l’imputato non ne è l’autore;
  • il fatto non costituisce reato; significa che il crimine è avvenuto ed è attribuibile all’imputato, solamente che manca uno degli elementi essenziali perché si possa parlare di fatto penalmente perseguibile. Classico esempio è l’assenza dell’elemento psicologico o la presenza di una causa di giustificazione: nel primo caso, Paolo ha sì portato via con sé un oggetto altrui, ma lo ha fatto inavvertitamente (manca il dolo); nella seconda ipotesi, Marco ha davvero sparato a Matteo, ma lo ha fatto per legittima difesa;
  • il fatto non è previsto dalla legge come reato. È il caso di un crimine nel frattempo abrogato o depenalizzato;
  • il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione. È il caso del reato commesso da un minore di quattordici anni o da persona affetta da vizio totale di mente;
  • sussistono le condizioni per dichiarare la particolare tenuità del fatto (quando non si è già dato luogo a proscioglimento predibattimentale).

Il giudice pronuncia altresì sentenza di assoluzione quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile.

Proscioglimento e assoluzione: qual è più favorevole?

È chiaro che la sentenza di assoluzione è sicuramente più favorevole rispetto a una sentenza di proscioglimento di tipo processuale (sentenza di non doversi procedere), in quanto solo nel primo caso l’imputato viene scagionato del tutto.

Nell’ambito delle sentenze assolutorie, poi, ce ne sono due particolarmente importanti che comportano la cosiddetta “assoluzione con formula piena”: si tratta dell’assoluzione perché il fatto non sussiste e dell’assoluzione perché l’imputato non l’ha commesso.

In questi due casi il giudice stabilisce l’assoluta innocenza dell’imputato, il quale viene ritenuto del tutto estraneo al reato, con la conseguenza che tale sentenza potrà essere utilizzata anche nell’ambito di un eventuale giudizio civile per difendersi da qualsiasi pretesa risarcitoria della persona offesa.

 
Pubblicato : 31 Agosto 2023 11:00