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Pronta disponibilità: quando c’è il risarcimento del danno?

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(@mariano-acquaviva)
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Cos’è e come funziona la pronta disponibilità nel settore medico-sanitario? In quali casi è possibile chiedere il pagamento dei danni derivanti dall’abuso?

Ci sono alcuni lavoratori che, pur non essendo formalmente in servizio, devono comunque garantire la reperibilità o, addirittura, l’immediata disponibilità a rientrare subito al lavoro. Si tratta soprattutto di dipendenti la cui attività è essenziale per la tutela dei diritti dei cittadini: si pensi, ad esempio, al personale medico. È in questo contesto che si inserisce la seguente problematica: quando c’è il risarcimento del danno per pronta disponibilità?

In effetti, non è raro che il datore abusi della reperibilità del dipendente per tartassarlo continuamente, anche quando non è in servizio. Ciò accade spesso nel settore privato e ancor di più quando le mansioni vengono svolte da remoto, in smart working, in cui la legge è dovuta intervenire per garantire il cosiddetto “diritto alla disconnessione”. Ma quand’è che, davanti a un abuso di disponibilità, scatta l’illecito vero e proprio? Vediamo cosa ne pensa la giurisprudenza.

Cos’è la pronta disponibilità?

La pronta disponibilità è un istituto regolato dalla contrattazione collettiva nazionale (nello specifico, area medica e comparto sanità), che implica l’immediata reperibilità del dipendente sul luogo di lavoro, al fine di rispondere alle esigenze della struttura aziendale.

In pratica, il dipendente in pronta disponibilità non solo deve “rispondere al telefono” ma deve anche raggiungere il luogo di lavoro nel minor tempo possibile.

Il dipendente che non risponde alla chiamata di reperibilità o che non si presenta sul luogo di lavoro può essere sottoposto a procedimento disciplinare.

Quando va garantita la pronta disponibilità?

Come ricordato, la pronta disponibilità riguarda il personale medico e sanitario (infermieri, ecc.).

In linea di massima, l’istituto della pronta disponibilità opera soltanto in caso di urgente necessità, e cioè quando occorre:

  • garantire interventi assistenziali urgenti e non programmabili;
  • salvaguardare la funzionalità di alcune strutture (pronto soccorso, sale operatorie, ecc.).

Pronta disponibilità: come funziona?

La programmazione della pronta disponibilità deve avvenire di norma mensilmente, in concomitanza con i turni di servizio.

I turni in pronta disponibilità devono essere limitati per un massimo di 6 al mese, al turno notturno e ai giorni festivi.

Qualora il dipendente venga chiamato in pronta disponibilità in un giorno festivo, ha diritto ad un riposo settimanale compensativo, senza riduzione del debito orario settimanale, assegnato in maniera automatica e non su richiesta.

La pronta disponibilità ha una durata di dodici ore e l’indennità prevista è ragguagliata a tale arco temporale; tuttavia, la pronta disponibilità può essere prevista anche per un numero minore di ore, purché non inferiore a quattro.

Pronta disponibilità attiva e passiva: differenza

La pronta disponibilità dei dipendenti può essere di due tipi:

  • attiva, quando il dipendente è effettivamente impegnato in attività lavorative;
  • passiva o “senza chiamata”, quando egli è semplicemente disponibile senza però che venga chiamato sul posto di lavoro. Come vedremo, anche l’abuso di tale situazione può determinare il risarcimento del danno.

Nella pronta disponibilità “passiva” eseguita nel giorno di riposo settimanale il lavoratore ha diritto, se lo richiede, a un giorno di riposo compensativo, senza riduzione del debito orario. Perciò, il sanitario deve comunque garantire l’orario di lavoro normale, recuperando le ore non lavorate.

Nell’ipotesi di pronta disponibilità “attiva”, invece, l’azienda deve far recuperare al lavoratore il giorno di riposo nella settimana successiva anche senza una specifica richiesta del dipendente, trattandosi di diritto indisponibile.

Pronta disponibilità: quando si può chiedere il risarcimento?

Un abuso dell’istituto della pronta disponibilità da parte del datore giustifica la richiesta di risarcimento dei danni.

Tanto è stato stabilito dalla Corte di Cassazione [1] secondo la quale, però, il superamento dei limiti di turni non è in sé ragione di inadempimento datoriale ma lo può diventare se, in concreto, si determina un’interferenza tale nella vita privata del lavoratore da determinare un pregiudizio al diritto al riposo.

In altre parole, il dipendente che chiede il risarcimento non deve solo dimostrare di aver svolto un numero di turni di pronta disponibilità notevolmente superiore a quello (pari a sei ore mensili) di regola previsto dalla contrattazione collettiva, ma anche che tale carico di lavoro gli abbia causato un danno.

La Cassazione sostiene che, laddove la contrattazione collettiva ammetta il superamento dei limiti temporali della prestazione da essa stessa fissati, è necessario valutare il concreto atteggiarsi della mancata fruizione piena dei riposi, per comprendere se il lavoratore abbia diritto o meno ad un risarcimento.

Secondo la Suprema Corte, detto risarcimento è strettamente legato al carattere usurante della prestazione e alla lesione della personalità morale del dipendente che deriva dall’impedimento al ristoro ed alla conduzione di una vita compatibile con gli impegni lavorativi.

Detta situazione, per la Cassazione, è rinvenibile anche laddove i turni eccedenti riguardino solo la disponibilità (e non la prestazione effettiva), dal momento che ciò impedisce comunque, da un lato, la fruizione di un vero e proprio riposo (inteso come allontanamento, anche mentale, dalla necessità di mantenersi a disposizione del datore) e, dall’altro lato, la possibilità di svolgere liberamente attività a una certa distanza territoriale dal posto di lavoro.

Secondo un’altra sentenza [2], va riconosciuto il risarcimento del danno nell’ipotesi di abuso della pronta disponibilità del dipendente se è dimostrato il costante, ordinario e reiterato sforamento del limite previsto dalla legge, e cioè un’eccezionale adibizione del dipendente a turni di reperibilità ben oltre il limite contrattuale.

Ciò fa intendere che non è sufficiente il singolo e occasionale sforamento dei turni di pronta reperibilità, ma è necessario, al fine dell’ottenimento del risarcimento del danno, che la chiamata ad un numero eccessivo di turni di pronta disponibilità sia frutto di un costante e abituale ricorso della struttura a tale strumento, che pertanto perde ogni connotato di eccezionalità divenendo così una vera e propria prassi illecita.

 
Pubblicato : 2 Settembre 2023 17:30