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Procedura penale: dall’accusa alla sentenza del reato

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(@mariano-acquaviva)
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Le tre fasi del procedimento penale: l’acquisizione della notizia di reato, le indagini preliminari e il processo davanti al giudice.

Il procedimento penale è composto da diverse fasi, ognuna delle quali è indispensabile per l’accertamento della responsabilità penale del soggetto denunciato. Il primo passo è l’acquisizione della notizia di reato, cioè dell’informazione con cui l’autorità giudiziaria viene messa a conoscenza dell’illecito penale; il secondo step è costituito dalle indagini preliminari, cioè dalle investigazioni che la polizia deve compiere per verificare la fondatezza della segnalazione; infine c’è il processo vero e proprio, quello che si svolge davanti al giudice. È questa, in estrema sintesi, la procedura penale che va dall’accusa fino alla sentenza del reato. Approfondiamone meglio i singoli aspetti.

L’acquisizione della notizia di reato

La notizia di reato può essere definita come l’informazione, trasmessa alle autorità competenti oppure da loro acquisita autonomamente, di un fatto che presenta i connotati del reato.

Solitamente, l’acquisizione della notizia di reato avviene tramite denuncia della persona che ha assistito o querela della vittima; più raramente, invece, è la polizia giudiziaria ad attivarsi spontaneamente, cosa che solitamente avviene solo per reati particolarmente gravi, come narcotraffico, associazione per delinquere, ecc.

Insomma: la comunicazione della notizia di reato è quasi sempre ad opera dei cittadini.

Le indagini preliminari

La prima fase del procedimento penale prende il nome di “indagini preliminari”: si tratta del periodo di tempo (a volte anche molto lungo) durante il quale le autorità compiono le necessarie investigazioni per verificare la fondatezza della notizia di reato.

Le indagini preliminari cominciano formalmente dal momento in cui il nominativo del soggetto denunciato o querelato viene iscritto all’interno del registro delle notizie di reato (meglio noto come “registro degli indagati”) conservato presso ogni Procura della Repubblica.

A partire dall’iscrizione, gli inquirenti hanno un termine preciso per concludere le indagini, pari a:

  • sei mesi per le contravvenzioni (reati meno gravi, puniti al massimo con tre anni di arresto).
  • un anno per i delitti;
  • diciotto mesi per i delitti più gravi (narcotraffico, associazione per delinquere di stampo mafioso, ecc.) [1].

Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, quando le indagini sono complesse, la proroga dei termini appena illustrati. La richiesta contiene l’indicazione della notizia di reato e l’esposizione dei motivi che la giustificano. La proroga può essere autorizzata per una sola volta e per un tempo non superiore a sei mesi [2].

Durante la fase delle indagini preliminari la polizia giudiziaria compie tutte le investigazioni necessarie per accertare la fondatezza della notizia di reato acquisita: sente a sommarie informazioni le persone che possono riferire circostanze utili (i futuri testimoni nel processo, in pratica); interroga direttamente l’indagato, in presenza del suo difensore; effettua ispezioni, perquisizioni e sequestri; acquisisce ogni altra fonte di prova, come ad esempio documenti, filmati, ecc.

Caratteristica fondamentale della fase delle indagini preliminari è il segreto istruttorio: tutto ciò che accade durante le investigazioni non può essere condiviso (se non eccezionalmente) con l’indagato, il quale quindi resta per tutto il tempo all’oscuro dell’attività investigativa svolta dalla Procura.

Tutto ciò che viene raccolto durante la fase delle indagini preliminari serve al pubblico ministero per valutare la fondatezza della notizia di reato, cioè per verificare se gli elementi sono sufficienti a giustificare una condanna del giudice in sede processuale.

Gli esiti delle indagini preliminari sono pertanto due:

  • la richiesta di rinvio a giudizio (oppure la citazione diretta a giudizio), se la notizia di reato è ritenuta fondata;
  • la richiesta di archiviazione, quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna.

Il processo penale davanti al giudice

Se la notizia di reato appare fondata, la fase delle indagini preliminari si conclude e si apre quella processuale vera e propria, in cui finalmente anche l’imputato può partecipare attivamente con l’assistenza del proprio difensore.

La fase processuale assume forme diverse a seconda del rito scelto: ad esempio, il ricorso al giudizio abbreviato esaurisce ogni attività in un’unica udienza, in cui l’avvocato discute sulla base del materiale probatorio raccolto dalla Procura; il patteggiamento consente di concludere il processo con una sentenza di condanna la cui pena è stata concordata tra accusa e difesa; il rito ordinario, invece, è caratterizzato dall’apertura del dibattimento, cioè della fase in cui pm e avvocato si fronteggiano.

Durante il processo, nel contraddittorio tra le parti, si formano le prove di cui il giudice dovrà tener conto per accertare la responsabilità penale dell’imputato.

Il processo serve infatti al giudice per poter valutare gli elementi che sono stati raccolti dal pubblico ministero durante la fase delle indagini preliminari, in contraddittorio con la difesa dell’imputato.

Allo stesso tempo, anche l’imputato potrà chiedere l’ammissione dei propri mezzi di prova, come ad esempio le testimonianze, la documentazione, le perizie, ecc.

La sentenza di condanna e quella di proscioglimento

All’esito del processo, il giudice pronuncerà sentenza di condanna, di assoluzione oppure di proscioglimento:

  • c’è condanna ogni volta che la colpevolezza dell’imputato è stata provata dal pm oltre ogni ragionevole dubbio [3];
  • c’è assoluzione ogni volta che la responsabilità penale dell’imputato non è stata accertata con sufficiente sicurezza. Quindi, anche se permane il sospetto che il soggetto tratto in giudizio possa essere colpevole, il giudice dovrà pronunciare l’assoluzione anche se c’è un solo dubbio (purché ragionevole) sulla sua responsabilità penale;
  • c’è proscioglimento non solo in tutti i casi di assoluzione ma anche in quelli in cui non è possibile procedere contro l’imputato perché il reato si è estinto (ad esempio, per prescrizione o remissione di querela), l’azione penale non doveva nemmeno essere intrapresa (ad esempio, per mancanza della querela) oppure perché il fatto è talmente tenue da non giustificare la condanna.
 
Pubblicato : 15 Ottobre 2023 12:00