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Nonnismo: cos’è e come difendersi

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(@tiziana-costarella)
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Nonnismo: cos’è e come difendersi

Bullismo militare: quali tutele da violenze, mobbing e comportamenti di integrazione forzata nelle caserme delle Forze Armate.

Per molti ragazzi la vita militare ha un particolare fascino e fare carriera in tale mondo, magari dopo aver frequentato l’Accademia, rappresenta la meta da raggiungere. Indossare una divisa corrisponde a difendere la Patria, a servire la Nazione, ad assumere delle responsabilità con il proprio popolo,  a mettersi a disposizione di chi versa in condizioni di difficoltà.

Tuttavia, per alcune persone (per fortuna, poche e sempre meno), l’uniforme ha un significato diverso: è simbolo di potere, di predominio, di dominazione. In questi casi, l’autorità viene abusata; è cioè esercitata a danno degli altri. Si tratta del nonnismo: vediamo cos’è e come difendersi da queste prevaricazioni e umiliazioni, che vengono compiute nelle caserme delle Forze Armate da parte di superiori o commilitoni più “anziani”, e possono assumere varie forme, comprese le correzioni e punizioni lesive della dignità della persona.

Nonnismo nella vita militare: che cos’è?

Il termine nonnismo deriva dal sostantivo “nonno” e sta ad indicare la pratica dei militari “anziani” volta all’educazione e all’inserimento nella vita di caserma delle nuove leve. Ben lontana dall’avere un fine nobile, tale condotta si presenta però ai limiti dell’illegalità. Essa si compone, infatti, di comportamenti, molto spesso contrari alla legge, finalizzati a sminuire la personalità degli appartenenti alle Forze Armate.

Nonnismo: quando si manifesta?

Fino al 2005, quando era in vigore il servizio militare obbligatorio, il bersaglio preferito erano le reclute, ma talvolta nelle caserme queste condotte proseguono ancora oggi nei confronti degli allievi delle Accademie e delle Scuole militari o dei Vfp, i volontari in ferma prolungata. Insulti, violenze fisiche e verbali, isolamento, emarginazione, incursioni nel cuore della notte sono soltanto alcuni esempi di quello che le povere vittime sono costrette a subire.

Il nonnismo non è finito con l’abolizione della leva

Il nonnismo ha trovato massima diffusione ai tempi del servizio militare obbligatorio, dunque fino al 2004. In quel periodo, infatti, la leva non era frutto della libera scelta dell’individuo, ma era imposta ai ragazzi di sesso maschile. Tutti coloro che raggiungevano il diciottesimo anno di età erano costretti a servire la Patria e le caserme erano piene di soggetti con diversa personalità (dalla più fragile alla più dominante) e di differente estrazione sociale. Tale pratica, molto in voga in quegli anni, era poco conosciuta: veniva pacificamente accettata all’interno delle caserme e ben nascosta all’opinione pubblica.

Il problema è iniziato ad emergere quando si è posta l’attenzione sul numero di suicidi che, ogni anno, si registravano nella realtà militare (in alcuni alloggi con maggiore frequenza rispetto ad altri). E’ così iniziata una graduale presa di consapevolezza del fenomeno che ha spinto il legislatore a intervenire in materia e le autorità militari ad istituire, nel 1998, un “Osservatorio permanente sul nonnismo” con il fine di analizzare la portata degli eventi, comprenderne le cause e individuare le possibili soluzioni.

Nonnismo e personale militare femminile

La situazione è poi gradatamente migliorata (anche se non del tutto eliminata) a seguito dell’introduzione della ferma volontaria (breve o definitiva) in sostituzione del servizio militare obbligatorio: la data di svolta è quella del giugno 2004.

Ma nel 2000 l’Italia aveva dato il via libera all’ingresso delle donne nelle Forze Armate: Esercito, Marina, Aeronautica, Arma dei Carabinieri. È stata una svolta epocale, che oggi, ad oltre vent’anni di distanza, è stata completamente accettata e ben assorbita; ma intanto il fenomeno del nonnismo ha colpito anche il personale militare femminile, come dimostrano alcuni recenti e clamorosi episodi di cronaca.

Nonnismo fuori dalle caserme: in cosa consiste

Pur essendosi sviluppato prevalentemente nel contesto militare, il nonnismo è presente, anche se in misura minore, in altri luoghi di aggregazione sociale: esempi eclatanti sono le scuole e i centri sportivi per ragazzi. In tali circostanze, il fenomeno si presenta come un’ipotesi speciale di bullismo: quando, infatti, il bullo è un soggetto più grande di età ed esercita la propria supremazia in forza di questa anzianità si può fare un parallelismo con quanto accade nelle caserme.

In queste situazioni, a prescindere dalle definizioni terminologiche, nella maggior parte dei casi, trattandosi di ragazzi minorenni, si applicano tutte le norme relative al bullismo (o al cyberbullismo se l’aggressione viene effettuata con modalità telematica, ad esempio mediante i social o su WhatsApp), finalizzate al contrasto delle aggressioni psicologiche, fisiche, verbali e, talvolta, sessuali protratte nel tempo.

Nonnismo: quali reati si configurano?

Sul punto, occorre fare una precisazione importante: se per il cyberbullismo esiste una legge del 2017 che si occupa di tale fenomeno nella sua interezza, per il bullismo occorre fare riferimento alle disposizioni contenute nel codice penale e relative alle singole condotte di reato poste in essere, che possono essere anche avvinte da un nesso di unitarietà, quando non sono sporadiche e puntano tutte al medesimo fine di umiliazione della persona colpita da plurimi atti di nonnismo compiuti nei suoi confronti.

Tra questo ampio ventaglio di possibili reati, spiccano il mobbing finalizzato a emarginare la vittima o lo stalking (atti persecutori), passando per tutte le ipotesi di reati che comportano un’aggressione alla persona, come le lesioni personali, le minacce, la violenza privata e l’estorsione, fino al reato di tortura.

Come difendersi dal nonnismo?

La tutela giuridica dagli atti di nonnismo deve essere rintracciata facendo riferimento al sistema penale ordinario e all’ordinamento militare. A causa della scarsa considerazione attribuita per lungo tempo al fenomeno, gli episodi di nonnismo non sono disciplinati da una normativa organica, ma vengono puniti sulla base delle singole disposizioni del codice penale (quando non è possibile individuare un rapporto gerarchico tra vittima e carnefice, ipotesi in cui si applica il codice militare).

Nel corso degli anni diverse forze governative e parlamentari sono intervenute per introdurre alcune proposte di legge in grado affrontare la materia in maniera complessiva. Tuttavia, nessuna di tali iniziative ha visto ancora oggi la luce e l’adozione definitiva. È questo il motivo dell’utilizzo prevalente delle disposizioni contenute nel codice penale militare e della competenza dei tribunali militari per il giudizio quando gli atti vengono compiuti da soggetti di grado diverso.

Le disposizioni più utilizzate sono quelle relative all’abuso di autorità e si sviluppano in diverse condotte come:

  • la violenza contro un inferiore;
  • la minaccia o l’ingiuria a un inferiore;
  • la provocazione.

In tutte queste eventualità, la soluzione migliore per essere tutelati è sporgere denuncia querela presso gli organi competenti: vertici militari (se non direttamente coinvolti negli atteggiamenti di abuso), Procura militare o, in alternativa, alle forze dell’ordine ed alla Procura della Repubblica competente per territorio.

 
Pubblicato : 18 Aprile 2023 16:32