Mutuo tra privati: quando è reato?
Dare in prestito soldi a privati può essere considerato esercizio abusivo del credito.
Erroneamente si crede che un contratto di mutuo tra privati costituisca reato. Ma non è così. Non sempre, almeno. A fare il punto della situazione è la giurisprudenza della Cassazione. Tracciamo quelli che sono gli aspetti essenziali del discorso per comprendere il confine tra il lecito e il reato e quindi individuare quando un mutuo tra privati è reato e quando invece è un’attività consentita dalla legge.
Partiamo innanzitutto col ricordare che il contratto di mutuo non è nient’altro che un prestito di denaro in cambio di interessi. Il creditore può anche rinunciare agli interessi, richiedendo indietro solo il capitale; in tal caso si parla di «prestito infruttifero» o «a titolo gratuito». La rinuncia agli interessi deve essere però esplicita. Difatti, se nulla è stabilito nel contratto, il mutuo si considera «a titolo oneroso», ossia «fruttifero», quindi produttivo di interessi.
Torniamo ora a chi può concedere un prestito. Non solo le banche possono erogare mutui. Lo possono fare anche i privati, a condizione che ciò avvenga occasionalmente. Non si deve cioè trattare di un’attività abituale. Diversamente scatta il reato di esercizio abusivo dell’attività di intermediazione previsto dall’articolo 132 del cosiddetto Testo Unico Bancario (il TUB), ossia il decreto legislativo 385 del 1993. Tale norma prevede la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni e la multa da euro 2.065 ad euro 10.329 per chi svolge nei confronti del pubblico una o più attività finanziarie in assenza dell’autorizzazione amministrativa.
Prima di stabilire quando il mutuo tra privati è reato, è bene ricordare il secondo limite che incontra il privato (ma anche la banca) nella concessione del prestito: il tasso di interessi non deve superare la soglia dell’usura. L’usura scatta quando l’interesse supera di oltre la metà la media dei tassi di interesse normalmente praticati dalle banche: questa misura è fissata periodicamente dal Ministero dell’Economia con apposito decreto. In questo modo chiunque può calcolare il proprio tasso d’interesse e verificare se esso sia usurario o meno. L’erogazione di un mutuo al tasso usurario costituisce reato.
Riprendiamo il discorso relativo al reato di esercizio abusivo del credito. Come fa un privato a comprendere se il prestito da questi erogato a un amico, a un parente o a un estraneo rientri nel penale? Tutto si basa su una questione “quantitativa”. Il mutuo sporadico non è reato. Ad esempio, se un amico ti chiede dei soldi in prestito – anche una cifra consistente come svariate decine di migliaia di euro – e tu gliela concedi non commetti reato. Non commetti reato neanche se, il giorno dopo, tua sorella ti chiede un altro prestito. E così tuo cugino. Ma quando la tua attività inizia a diventare costante, tanto da divenire un riferimento per le persone che necessitano di soldi, allora stai travalicando i limiti della legalità. E non importa se i mutui siano a titolo oneroso o gratuito.
Il delitto di esercizio abusivo dell’attività bancaria è integrato ogni qualvolta un soggetto diverso dalle banche o non autorizzato raccolga risparmi tra il pubblico e congiuntamente ponga in essere attività di credito, in modo da svolgere un’attività professionale unitariamente valutabile. Ciò che rileva è l’attività svolta in modo organizzato, seppur nel concreto rivolta ad una stretta cerchia di clienti, ma potenzialmente diretta ad un numero illimitato di soggetti. Quindi, c’è ugualmente reato se i beneficiari del credito sono i membri di una associazione o di una società.
Secondo la Cassazione [1], l’erogazione di molteplici finanziamenti da privato a privato costituisce esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Ed il reato – come appena detto – scatta anche nel caso in cui non siano previsti interessi e oneri o addirittura quando il beneficiario del prestito sia sempre lo stesso soggetto. Ciò che rileva infatti è la potenziale offerta rivolta al pubblico e la professionalità espressa a fronte di plurimi mutui contratti.
Quindi, ad esempio, una persona che corra sempre in soccorso di un amico, facendogli periodicamente dei prestiti potrebbe commettere reato.
Esiste però un’eccezione, indicata dall’articolo 122 del Testo Unico Bancario: non rientrano nel divieto i prestiti inferiori a 200 euro. Chiaramente, un prestito frammentato in tanti microprestiti singolarmente presi di importo inferiore a 200 euro rientra nel divieto.
A riguardo è interessante citare un precedente della Corte d’Appello di Reggio Calabria [2] secondo la quale l’erogazione di prestiti privati non può essere considerata sempre e a priori come “esercizio abusivo del credito”. Pertanto, non commettono reato coloro che prestano soldi ad amici e conoscenti sotto forma di mutuo chiedendo il rimborso del capitale prestato e gli interessi convenuti tra le parti.
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