Mediatore familiare: chi è e cosa fa?
La mediazione familiare dopo la riforma Cartabia: in quali casi si può ricorrere e quando invece è vietata? Perché il mediatore non è un consulente matrimoniale?
La mediazione è una procedura conciliativa che serve a mettere d’accordo le parti che sono in lite tra loro. La legge ne prevede l’obbligatorietà in alcune controversie civili, come ad esempio quelle che riguardano il condominio oppure le locazioni. Per favorire la soluzione bonaria della crisi la legge ha previsto anche un’altra forma di mediazione: quella familiare.
Come vedremo, questa speciale procedura non consente necessariamente di risolvere la controversia ma almeno di affrontarla in maniera più serena. Ad esempio, il mediatore familiare avrà successo se riesce a concordare, con i genitori che si stanno separando, le modalità affidamento condiviso della prole. La riforma Cartabia [1] ha ulteriormente incrementato il ricorso a questo speciale istituto. Vediamo allora chi è e cosa fa il mediatore familiare.
Cos’è la mediazione?
Come anticipato in premessa, la mediazione è una procedura conciliativa che serve a scongiurare il ricorso all’autorità giudiziaria.
La mediazione rientra quindi all’interno dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie (anche detti ADR, acronimo che sta per “Alternative Dispute Resolution”), insieme a procedure come, ad esempio, l’arbitrato.
Cos’è la mediazione familiare?
La mediazione familiare non costituisce propriamente un istituto di risoluzione alternativa della controversia perché, anche quando produce un accordo, non risolve la lite, essendo necessario un ulteriore passaggio dal giudice.
In particolare, con riferimento alle ipotesi in cui si tratti di provvedimenti riguardanti i figli (si pensi all’affido della prole nel caso di separazione dei coniugi), la mediazione si propone come un percorso di ristrutturazione e rigenerazione della relazione tra le parti.
Insomma: la mediazione familiare è la procedura che consente di “smorzare” le ostilità che ci sono tra le parti in causa (ad esempio, tra marito e moglie che stanno per separarsi).
Cosa fa il mediatore familiare?
Come detto, il mediatore familiare aiuta le coppie che intendono separarsi a trovare degli accordi in merito alle questioni inerenti all’affidamento dei figli e al mantenimento.
Ad esempio, il mediatore potrebbe favorire un accordo tra le parti, così da trasformare in consensuale la procedura di separazione.
Il mediatore non è quindi un consulente matrimoniale: mentre a quest’ultimo ci si rivolge prima di separarsi nella speranza di risolvere la crisi, il mediatore ha il compito di trovare una soluzione pacifica e consensuale.
Il mediatore può intervenire in qualsiasi tipo di controversia familiare, anche in quelle diverse dalla separazione e dal divorzio. Si pensi, ad esempio, al contrasto tra fratelli in merito all’accudimento e al mantenimento dei genitori anziani.
Chi è il mediatore familiare?
Il mediatore è una persona particolarmente esperta in materia familiare. Possono svolgere tale ruolo coloro che sono in possesso di una laurea in ambito giuridico, psicologico, umanistico o sociologico, e che hanno proficuamente preso parte a un corso di formazione per mediatore familiare. Molto spesso, il mediatore è un avvocato specializzato nel settore della famiglia.
Le persone in possesso di questi requisiti possono chiedere di essere iscritti nell’elenco conservato presso ogni tribunale, come diremo nel prossimo paragrafo.
Mediazione familiare: cosa dice la legge?
Come ricordato in apertura, la riforma Cartabia ha inteso potenziare il ricorso alla mediazione familiare.
La legge [2] dice infatti che, nelle controversie riguardanti i minorenni e le famiglie, Il giudice può, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare e invitarle a rivolgersi a un mediatore, da loro scelto tra le persone iscritte nell’elenco del tribunale, per ricevere informazioni circa le finalità, i contenuti e le modalità del percorso e per valutare se intraprenderlo.
Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.
Dalla norma ora riportata si comprende chiaramente come la mediazione familiare non sia obbligatoria: il giudice può soltanto suggerire alle parti di intraprendere un percorso di conciliazione.
Mediazione familiare: quando è vietata?
La legge [3] proibisce il ricorso alla mediazione familiare se nel procedimento in corso siano emersi abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o dei figli minori, ovvero se tali crimini sono già stati accertati con sentenza penale ovvero se è in corso, per l’accertamento degli stessi, un procedimento penale.
In queste ipotesi, il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze.
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