Massacro del Circeo – I grandi processi d’Italia
Angelo Izzo, il mostro che odiava le donne. Un’atroce storia di violenza e torture a due giovanissime ragazze: una uccisa e l’altra lasciata in fin di vita.
Sono passati quasi cinquant’anni, eppure la eco del massacro del Circeo che sconvolse l’opinione pubblica è ancora viva nel ricordo di tutti, e chi non era ancora nato non può dimenticare gli occhi spietati dell’assassino, Angelo Izzo, e il suo ghigno feroce, se li ha visti in qualche immagine o filmato televisivo che ha ricostruito il duplice delitto.
Fu una vicenda atroce di violenza e torture continuate su due giovanissime ragazze, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez. Una uccisa e l’altra lasciata in fin di vita. Ma al di là dell’orrenda brutalità dell’episodio, ciò che caratterizza la vicenda è quanto accaduto dopo, durante quello che è diventato uno dei più grandi processi d’Italia, emblematico di come si può chiedere, e talvolta ottenere, giustizia nei casi di violenza sulle donne.
Angelo Izzo: i primi delitti
Angelo Izzo, comunemente chiamato il mostro del Circeo, è un personaggio complesso e controverso. Per semplificare al massimo, potremmo dire che è un misto tra un mostro, un criminale comune e un terrorista. Sicuramente una figura difficile da inquadrare, che infatti ha messo dura prova i criminologi e gli psicologi che hanno tentato di ricostruire la sua personalità e i magistrati che hanno dovuto giudicare i suoi crimini.
Classe 1955, Izzo, rampollo di una famiglia della “Roma bene”, si macchiò di gravi reati contro il patrimonio e contro la persona quando era appena quattordicenne. A 18 anni aveva violentato due ragazze e se l’era cavata con due anni e mezzo di reclusione, non scontati grazie alla sospensione condizionale della pena. Rimasto, quindi, in libertà, quando non era ancora ventenne, entrò nella militanza politica armata neofascista. A 20 anni di età Izzo era già diventato uno stupratore seriale, rapinatore, assassino, maniaco e membro di organizzazioni di estrema destra con le quali nei primi anni Settanta aveva compiuto anche alcuni attentati dinamitardi.
Cosa pensava Angelo Izzo delle donne
In quegli anni di gioventù i delitti per cui Angelo Izzo è diventato tristemente famoso erano ancora da compiere. Ma la direzione era già tracciata: «Eravamo dei guerrieri: quindi stupravamo. E le donne? Sono solo pezzi di carne», ebbe a dire una volta, in un’intervista televisiva, pronunciando quella frase con il sorriso sulle labbra, quasi vantandosi delle sue gesta. E purtroppo era vero: con criminale coerenza, aveva tradotto queste ripugnanti idee nei fatti. Quella che stiamo per raccontare è una vicenda di una brutalità atroce.
Come avvenne il massacro del Circeo
Nel 1975 Angelo Izzo, insieme a due amici, attirò due giovani ragazze conosciute casualmente in un bar, la diciassettenne Rosaria Lopez e la diciannovenne Donatella Colasanti, con lo stratagemma di una festa, in una villa del Circeo (un Comune del litorale romano). La festa non c’era, era solo un’esca per attirare le vittime nella trappola, ma per i tre criminali ciò era una squallida occasione per divertirsi con crudeltà sulla pelle delle ragazze. Infatti in quel luogo isolato, per tre giorni di fila, Izzo e i suoi complici picchiarono, stuprarono e torturarono le due giovani in vari modi. Il dolore delle ragazze era il piacere degli assassini. Rosaria morì per le violenze e le torture, mentre Donatella si salvò fingendosi morta.
L’idea del rapimento non era casuale: Izzo, con i suoi amici e complici Gianni Guido e Andrea Ghira, aveva già programmato di violentare fino alla morte un paio di ragazze semplici e di estrazione sociale modesta, insomma l’opposto del loro stile di ricchi “pariolini”. Le due ragazze, conosciute per caso, corrispondevano a quell’identikit ideale: erano tutte e due giovanissime, Rosaria era studentessa, Donatella barista, e entrambe provenivano da un quartiere popolare.
Affascinate dal loro stile brillante, accettarono l’invito a quella festa che in realtà fu un orrore durato tre giorni di fila. Inizialmente i tre giovani avevano chiesto alle ragazze un rapporto sessuale; di fronte al loro rifiuto, le avevano minacciate con una pistola e avevano deciso di costringerle con la forza. Fu una violenza durata 35 ore consecutive, durante le quali i criminali, eccitati anche dalla droga che avevano assunto, mantennero allegria e spavalderia. Uno di loro addirittura andò a cena a casa dai suoi genitori per poi tornare a riprendere lo stupro.
Massacro del Circeo: l’orrore
Col passare delle ore, i tre uomini divennero sempre più aggressivi e crudeli e dopo la ripetuta violenza sessuale iniziarono le torture. Rosaria fu massacrata di pugni e calci ed infine affogata sotto l’acqua, nella vasca da bagno. Donatella fu colpita con una spranga di ferro e strangolata con una cintura, ma, come detto, riuscì a salvarsi fingendosi morta e rimanendo immobile anche quando fu caricata, insieme all’amica, nel bagagliaio dell’auto degli uomini.
Infine tutti e tre, prima di scaricare i cadaveri e abbandonarli, si fermarono a mangiare in una trattoria del quartiere Trieste, nel centro di Roma. La superstite, ancora chiusa in macchina, riuscì a richiamare l’attenzione di un metronotte, che la liberò e chiamò i Carabinieri. Izzo e Guido furono arrestati quasi subito; Ghira, invece, grazie ad una soffiata si rese latitante.
Massacro del Circeo: il processo
La testimonianza nel processo della superstite Donatella Colasanti fu decisiva per far condannare gli autori delle violenze e dell’omicidio. La ragazza raccontò in udienza con dovizia di particolari tutte le violenze subite, fino a quando era stata gettata, insieme alla compagna ormai morta, dall’automobile dei criminali che le avevano portate via per far sparire i cadaveri la scena del delitto; così, se fossero stati ritrovati, gli inquirenti non le avrebbero ricollegati a quella villa isolata del Circeo dove era avvenuto il delitto. Donatella Colasanti si era anche costituita parte civile nel processo, e fu assistita dalla famosa avvocata Tina Lagostena Bassi, protagonista in quegli anni di celebri battaglie per i diritti delle donne abusate.
Durante il processo Angelo Izzo, per evitare il carcere, aveva puntato sull’infermità mentale, ma una lettera scambiata con i suoi complici e intercettata dagli inquirenti smascherò il suo piano, dimostrando tutta la sua spietata lucidità e la volontà di proseguire nei suoi intenti criminali ad ogni costo: in quella corrispondenza il complice ancora in libertà minacciava di uccidere Donatella, la sopravvissuta, se avesse testimoniato contro di loro.
Massacro del Circeo: l’esito
I giudici in sentenza affermarono – con una notazione di carattere sociale, che è raro trovare nei provvedimenti giudiziari – che il caso esaminato era emblematico del «delitto del più forte sul più debole, del maschio sulla femmina, del ricco sul povero, del giovane dei Parioli su quello delle borgate». Il racconto della vittima superstite Donatella Colasanti fu ritenuto pienamente credibile dai giudici, nonostante le proteste di innocenza degli imputati.
I tre “pariolini” furono condannati in via definitiva l’anno seguente; uno di loro, Ghira, in contumacia, perché era riuscito a fuggire già prima dell’arresto ed era riparato all’estero. Morì oltreconfine, nel 1994, senza mai essere entrato in carcere. Per il massacro del Circeo Angelo Izzo fu condannato all’ergastolo, mentre il suo complice Guido ottenne una riduzione di pena a 30 anni, grazie anche al cospicuo risarcimento di 100 milioni di lire (circa un milione di euro di oggi) ai familiari della ragazza uccisa.
Perché la vittima ha rifiutato il risarcimento
Il risarcimento offerto e Versato da Gianni Guido per evitare l’ergastolo e ottenere una pena detentiva minore riguardava soltanto la ragazza uccisa, Rosaria Lopez. Donatella Colasanti, invece, ha rifiutato i 100 milioni di risarcimento danni che erano stati offerti anche a lei, come alla sua amica morta, dagli imputati durante il processo.
A distanza di molti anni dai fatti la donna, ormai adulta, intervistata da Enzo Biagi sulle ragioni di questo rifiuto ha detto: «Che li accettavo a fare?». Una frase breve, ma che spiega tutto: a riprova che certi dolori fisici si trasformano in sofferenza interiore, e non si cancellano con una somma di denaro, neanche quando essa è ingente, perché non basta a cancellare le conseguenze psichiche del trauma patito dalla vittima. Donatella è morta a 47 anni, per un tumore al seno, ma psicologicamente non si era mai ripresa dalle atroci violenze subite. Il padre, intervistato dal Corriere della Sera, disse che la morte la aveva liberata da un incubo che aveva continuato a vivere ogni giorno per quasi trent’anni.
Cosa ha fatto Angelo Izzo dopo la condanna
La vicenda del massacro del Circeo non si conclude con la condanna penale di Angelo Izzo all’ergastolo, perché anche dopo di essa il protagonista ha trovato il modo di far parlare di sé compiendo altri gesti eclatanti. Durante gli anni di detenzione Izzo tentò di evadere due volte (una volta gli riuscì, ma venne riacciuffato) e poi divenne un “pentito”, collaborando con gli inquirenti nel fare rivelazioni sulle stragi avvenute in Italia negli anni Settanta, come quella di piazza della Loggia, di piazza Fontana e della stazione di Bologna. Essendo in quegli anni un appartenente alle organizzazioni di estrema destra, fu ritenuto credibile, e con queste dichiarazioni ottenne alcuni benefici carcerari.
Nel 2004 fu messo in semilibertà e così uscì di prigione. Non fece un buon uso della libertà riacquistata: un anno dopo, nel 2005, commise un altro duplice omicidio di una madre e di una figlia, Maria Carmela Mariorano, di 49 anni, e Valentina Maiorano, di appena 14 anni. Le vittime furono legate, torturate e infine uccise per soffocamento. «Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato», sancisce l’articolo 27 della Costituzione. Tendere significa aspirare a qualcosa, cercare di ottenere un determinato risultato: quindi fare in modo che la detenzione non sia soltanto una punizione retributiva, ma diventi un’occasione di recupero, reinserimento sociale e astensione dal commettere nuovi crimini.
Con Angelo Izzo, però, questo sistema non ha funzionato. Il carcere per lui è stato solo una parentesi che gli ha impedito, provvisoriamente, di commettere nuovi delitti. In una recente intervista all’Adnkronos, Angelo Izzo ha dichiarato: «Ho commesso cose crudeli ma non sento bisogno di pace. Il perdono? Non appartiene al mio modo di essere e di fare». Ora è stato condannato ad un nuovo duplice ergastolo. Stavolta per lui le porte del carcere non si riapriranno.
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