Maltrattamenti in famiglia e divorzio: ultime sentenze
Scopri le ultime sentenze su: reato di maltrattamenti in famiglia; condotte vessatorie contro il coniuge non più convivente.
La durata della convivenza dopo il divorzio incide sulla configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia? Scoprilo nelle ultime sentenze.
Circostanze aggravanti
La presenza di un figlio minore non determina l’esistenza di un vincolo familiare di fatto tra i due ex coniugi ormai divorziati, per cui le condotte persecutorie di uno degli ex coniugi a danno dell’altro non fa scattare l’imputazione per il più grave reato di maltrattamenti in famiglia. Semmai determina l’aggravante del reato di stalking in quanto commesso in danno del coniuge divorziato, come prevede l’articolo 612 bis del Cp.
La Cassazione aderisce all’interpretazione secondo cuoi la dichiarazione di divorzio costituisce il momento di scioglimento del nucleo familiare composto dai coniugi, ormai ex. E tale effetto annullatorio, determinato dal divorzio, della relazione familiare tra i due ex coniugi sussiste, anche in caso vi siano figli minori che comportano congiunti quanto reciproci doveri di assistenza e cura da parte di entrambi i genitori divorziati. La sentenza conferma la condanna per stalking dell’ex marito che è aggravata con corrispondente aumento di pena se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato.
Cassazione penale sez. VI, 08/06/2022, n.32575
Irragionevolezza e violazione del principio di uguaglianza
L’indifferenziata esclusione da una serie di benefici abitativi e di sostegno economico di chi sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per reati contro la persona, non appare ragionevolmente correlabile alla ratio che sorregge le misure in questione, finalizzate a rispondere a situazioni di bisogno economico e abitativo spesso conseguenti a una separazione o a un divorzio, e al tempo stesso a consentire al genitore non assegnatario dell’abitazione in precedenza condivisa di continuare ad accudire i figli, assicurandogli una collocazione abitativa nelle vicinanze. Tale ratio opera, all’evidenza, anche nei confronti del genitore che abbia subito in passato condanne per reati contro la persona, il quale resta cionondimeno titolare del diritto, e prima ancora del dovere, di esercitare la propria responsabilità genitoriale nei confronti dei figli.
La l. reg. Abruzzo 16 giugno 2020, n. 14, intervenuta medio tempore, ha circoscritto l’esclusione dalle misure di sostegno a chi sia stato condannato in via definitiva per i soli delitti di atti persecutori, di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di maltrattamenti in famiglia. Tale intervento, tuttavia, non vale a eliminare il vulnus all’art. 3 Cost. Le residue ipotesi di esclusione accomunano infatti, in maniera indifferenziata, i casi in cui la condanna sia stata pronunciata per fatti commessi a danno dei figli, nel cui interesse i benefici sono previsti dal legislatore regionale, e quelli in cui, invece, il reato sia stato commesso a danno di terze persone, senza che dal reato consegua l’inidoneità di chi abbia subito la condanna a esercitare la responsabilità genitoriale nei confronti dei propri figli.
Irragionevole appare, altresì, la natura assoluta della preclusione, a prescindere dal tempo della commissione del reato per il quale sia intervenuta condanna definitiva, tempo che potrebbe essere anche molto risalente, e non incidere quindi in alcun modo sull’interesse dei figli a mantenere stretti contatti con il genitore. Né, ancora, l’esclusione dal beneficio potrebbe trovare spiegazione in una finalità in senso lato sanzionatoria nei confronti di chi abbia commesso uno dei reati indicati dalla disposizione, dal momento che una simile finalità esulerebbe, all’evidenza, dalle competenze regionali (sentt. nn. 44 del 2020, 9 del 2021).
Corte Costituzionale, 10/06/2021, n.118
Condotte vessatorie
Le condotte vessatorie realizzate in caso di cessazione della convivenza con la vittima, sia nel caso di separazione legale o di divorzio, sia nel caso di interruzione della convivenza allorché si tratti di relazione di fatto, integrano il reato di maltrattamenti in famiglia e non anche quello di atti persecutori, allorché i vincoli di solidarietà derivanti dal precedente rapporto intercorso tra le parti non più conviventi, nascenti dal coniugio, dalla relazione more uxorio o dalla filiazione, permangano integri o comunque solidi ed abituali nonostante il venir meno della convivenza.
Cassazione penale sez. VI, 19/05/2021, n.30129
Condotte vessatorie ai danni del coniuge non più convivente
Le condotte vessatorie poste in essere ai danni del coniuge non più convivente, a seguito di separazione legale o di fatto, integrano il reato di maltrattamenti in famiglia e non quello di atti persecutori, se ed in quanto i vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione permangono integri anche a seguito del venir meno della convivenza (riconosciuta, nella specie, l’ipotesi di stalking atteso che le condotte vessatorie dell’ex marito erano state attuate dopo la cessazione di qualsiasi aspettativa solidaristica tra lui e la vittima, in qualche modo fondata sul precedente legame familiare o di convivenza).
Cassazione penale sez. V, 17/03/2021, n.20861
Maltrattamenti in famiglia o minaccia aggravata: casistica
Una minaccia proferita sotto casa de dell’ex coniuge in un contesto di grave acredine e conflittualità tra le parti, brandendo una spranga, considerata la relazione interpersonale esistente tra le parti e del turbamento psichico provocato nella p.o. spinta a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine, configura il reato di cui all’art. 612 co. 2, non già il reato di maltrattamenti in famiglia.
Tribunale Napoli sez. V, 16/04/2021, n.3406
Maltrattamenti in famiglia e durata della convivenza dopo il divorzio
Il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi è configurabile nell’ipotesi in cui i maltrattamenti siano posti in essere dal marito nei confronti dell’ex moglie, non rilevando in sé e per sé la durata della convivenza tra i due dopo il divorzio, quanto piuttosto l’esistenza di una stabile relazione affettiva tra l’imputato e la persona offesa, relazione che ha creato reciproco affidamento e aspettative di assistenza, protezione e solidarietà.
Cassazione penale sez. VI, 22/02/2018, n.19868
Reato di maltrattamenti in famiglia: quando può configurarsi?
Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato anche quando non vi sia più la convivenza, laddove siano condotte violente minacciose idonee ad un regime di vita penoso.
(Nel caso specie, il marito non solo aveva lasciato il lavoro, ingiuriato e minacciato di morte e la ex moglie cercandola vessandola nel luogo, vessandola ed umiliandola anche dinnanzi ai figli ai minori, ma l’aveva lasciata priva di sostentamento economico per sé e per i figli).
Tribunale Chieti, 13/09/2018, n.992
Configurabilità di condotte di maltrattamento
La cessazione della convivenza non esclude, per ciò stesso, la configurabilità di condotte di maltrattamento tra i componenti della coppia quando il rapporto personale di fatto sia stato il risultato di un progetto di vita fondato sulla reciproca solidarietà ed assistenza.
Cassazione penale sez. VI, 20/04/2017, n.25498
Condotte vessatorie ai danni del coniuge
Le condotte vessatorie poste in essere ai danni del coniuge non più convivente, a seguito di separazione legale o di fatto, integrano il reato di maltrattamenti in famiglia e non quello di atti persecutori, in quanto i vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione permangono integri anche a seguito del venir meno della convivenza.
(In motivazione, la Corte ha precisato che il reato previsto dall’art. 612-bis c.p. è configurabile solo nel caso di divorzio tra i coniugi, ovvero di cessazione della relazione di fatto).
Cassazione penale sez. VI, 19/12/2017, n.3087
Divorzio: è configurabile il reato di atti persecutori o anche quello di maltrattamenti?
In materia di rapporti tra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori di cui all’art. 612 -bis, comma 2 cod. pen., è configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art. 612 -bis, comma secondo, cod. pen.) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo, o comunque della sua attualità temporale.
Con la precisazione che ciò può valere, in particolare, in caso di divorzio, ravvisandosi viceversa il reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in presenza di una separazione legale o di fatto che non vale a porre nel nulla i doveri di rispetto reciproco, assistenza morale e materiale, e di solidarietà nascenti dal rapporto coniugale e in presenza di una situazione, diffusamente richiamata nell’ordinanza impugnata, caratterizzata dalle reiterate e abituali sofferenze fisiche e morali inferte dall’indagato alla moglie e dallo status di vessazione psicologica che ne è scaturito.
Cassazione penale sez. VI, 01/02/2017, n.10932
Separazione tra coniugi: esclude il reato di maltrattamenti?
La separazione tra i coniugi non esclude il reato di maltrattamenti quando vi sia un’attività persecutoria che incida sulla posizione psicologica subordinata della vittima che solo il divorzio o la detenzione del soggetto agente precludono. (Nel caso di specie, l’imputato dopo la separazione personale con la moglie aveva continuato a perseguitarla con appostamenti, ingiurie).
Ufficio Indagini preliminari Milano, 13/04/2016, n.696
Configurabilità del reato di maltrattamenti
Con l’intervenuto divorzio, cui non segua – come nella specie non è seguita – alcuna ricomposizione di una relazione e consuetudine di vita improntata a rapporti di assistenza e solidarietà reciproche, deve ritenersi cessato ogni presupposto per la configurabilità del reato di maltrattamenti.
Cassazione penale sez. VI, 12/06/2013, n.50333
Reato di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori
In tema di rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), salvo il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall’art. 612 bis comma 1 c.p. – che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie – è invece configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art. 612 bis comma 2 c.p.) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale.
(In motivazione, la s.c. ha precisato che ciò può valere, in particolare, in caso di divorzio o di relazione affettiva definitivamente cessata con la persona offesa, ravvisandosi il reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in presenza di una separazione legale o di fatto).
Cassazione penale sez. VI, 24/11/2011, n.24575
Protezione contro gli abusi familiari
Solo la celebrazione dell’udienza di comparizione davanti al Presidente ex art. 706 c.p.c. o ex art. 4 l. n. 898 del 1970 preclude l’accoglimento del ricorso per la protezione contro gli abusi familiari. Ne deriva che, ove tale udienza non si sia tenuta, la domanda prevista dall’art. 342 bis c.c. è senz’altro ammissibile, nonostante la contemporanea o la previa proposizione del ricorso per separazione personale o per divorzio.
Tribunale Bari, 18/07/2002
Reato di maltrattamenti alla famiglia: responsabilità
Deve ritenersi responsabile del reato di maltrattamenti alla famiglia, previsto e punito dall’art. 572 c.p. colui che risulti aver percosso e vessato moralmente la convivente. Sono da considerarsi membri della famiglia, tutelati dall’art. 572 c.p. anche i componenti della famiglia di fatto, fondata cioè sulla volontà di vivere insieme, di avere figli, di avere beni comuni, di dar vita, cioè, ad un nucleo stabile e duraturo.
Questa interpretazione dell’art. 572 c.p. è la più coerente con i principi ispiratori del nostro ordinamento, nonché con la realtà sociale moderna. Del resto l’introduzione del divorzio e il suo largo utilizzo hanno dimostrato che il matrimonio non è più un legame indissolubile ed hanno eliminato, dunque, il presupposto più plausibile per una tutela diversificata dei due rapporti.
Cassazione penale sez. VI, 10/10/2001, n.36576
Riconoscimento della sentenza straniera
L’applicazione al rapporto controverso, da parte del giudice straniero, di una legge diversa da quella indicata dalle norme italiane di diritto internazionale privato non osta al riconoscimento della sentenza straniera, purché questa non sia contraria all’ordine pubblico; di questo principio è espressione l’art. 4 della convenzione italo-tedesca 9 marzo 1936 (resa esecutiva con l. 14 gennaio 1937 n. 106 e lasciata in vigore, per la materia matrimoniale, dall’art. 55 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, resa esecutiva con l. 21 giugno 1971 n. 804), secondo cui la non applicazione della legge di cittadinanza della parte non impedisce il riconoscimento della sentenza straniera che risulti egualmente fondata alla stregua di detta legge; può essere, pertanto, riconosciuta in Italia la sentenza tedesca che abbia sciolto un matrimonio tra cittadini italiani per maltrattamenti, non applicando – come vuole l’art. 17 preleggi – l’art. 3 della legge italiana di divorzio n. 898 del 1970, richiedente la condanna penale in conseguenza dei maltrattamenti, poiché detta sentenza tedesca è pur sempre fondata su cause gravi e obiettive, prefigurate dalla legge e sintomatiche di un irrimediabile disfacimento della comunione coniugale.
Cassazione civile sez. I, 28/07/1977, n.3361
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