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Licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta

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(@angelo-greco)
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Lavoratore divenuto disabile e incapace di svolgere la mansione alle stesse condizioni: il licenziamento è illegittimo se il datore di lavoro non gli viene incontro.

L’articolo 2087 del codice civile impone al datore di lavoro di tutelare la salute del lavoratore, finanche licenziandolo laddove dovesse essere necessario perché incapace, a causa di una patologia sopravvenuta, di svolgere le sue mansioni. Ma la risoluzione del rapporto lavorativo non è automatica. Prima di procedere in tal senso, l’azienda deve prima verificare se sia possibile venire incontro al dipendente al fine di salvargli il posto, anche se ciò dovesse comportare costi aggiuntivi.

A questa interessante conclusione è giunta la Cassazione al termine di una causa di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta. L’aspetto più importante di tale pronuncia è che, nel fissare tale principio, richiama la normativa nazionale e comunitaria le quali, a detta della Suprema Corte, pongono la tutela del lavoratore disabile su un livello superiore rispetto all’organizzazione aziendale.

Vediamo dunque quali sono i principi e le regole fissate dai giudici e dalla legge.

Licenziamento per inabilità alla mansione: come funziona?

Il licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta rientra nell’ambito del cosiddetto «licenziamento economico», meglio chiamato «licenziamento per giustificato motivo oggettivo». In quanto tale esso non deve essere previamente comunicato all’interessato, né questi ha la possibilità di presentare scritti difensivi come invece nel caso di licenziamento per motivi disciplinari.

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo infatti presuppone solo la previa verifica del “ripescaggio”, meglio conosciuto come repêchage, ossia la prova – che deve fornire il datore datore di lavoro – di non aver potuto adibire il lavoratore ad altre mansioni, anche se di livello inferiore.

Cosa prevede la legge sul licenziamento del lavoratore divenuto disabile?

La normativa europea e italiana, in particolare la direttiva 78/2000/Cee e il decreto legge 76/2013, stabiliscono dei criteri specifici per il licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta.

Il datore di lavoro è tenuto a cercare soluzioni organizzative ragionevoli che permettano al dipendente di continuare a lavorare, a meno che ciò non comporti un onere economico sproporzionato.

Cosa significa “soluzioni organizzative ragionevoli”?

Le soluzioni organizzative ragionevoli – che altro non sono che il repêchage di cui abbiamo parlato sopra – implicano l’obbligo per il datore di lavoro di adattare le condizioni lavorative in modo da permettere al dipendente disabile di svolgere mansioni compatibili con il suo stato di salute. Tali soluzioni non devono comportare costi eccessivi o modifiche organizzative rilevanti.

Quali sono gli esempi di adattamenti organizzativi menzionati dalla Cassazione?

Tra gli esempi di adattamenti organizzativi menzionati, si includono la concessione di pause aggiuntive, l’utilizzo di mascherine respiratorie in ambienti polverosi o la possibilità di svolgere il lavoro seduti. Questi accorgimenti devono essere tecnicamente possibili e non eccessivamente onerosi.

Come ha interpretato la Cassazione questa normativa?

La Cassazione, con le sentenze n. 6798/2018 e n. 27502/2019, ha chiarito che prima di procedere al licenziamento, il datore di lavoro deve verificare la possibilità di adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro.

Il lavoratore, da parte sua, deve dimostrare la natura della propria disabilità e in che modo questa influisce sulla sua capacità di partecipare alla vita lavorativa. Del resto non ogni situazione di infermità fisica che renda il lavoratore inidoneo alle mansioni di assegnazione risulta automaticamente riconducibile alla nozione di disabilità.

In che modo il datore di lavoro deve valutare la situazione?

Il datore di lavoro è obbligato a considerare attentamente la situazione e a valutare se è possibile mantenere il lavoratore in azienda senza oneri economici sproporzionati. Solo dopo un’accurata valutazione che escluda la possibilità di adattamenti ragionevoli, può essere considerato il licenziamento.

Qual è l’importanza di queste norme e sentenze per i lavoratori disabili?

Queste norme e sentenze tutelano i diritti dei lavoratori disabili, garantendo che non vengano licenziati semplicemente a causa della loro disabilità. Inoltre, promuovono un ambiente lavorativo inclusivo, obbligando i datori di lavoro a considerare soluzioni pratiche per l’integrazione dei lavoratori disabili.

La giurisprudenza

La previa verifica degli adattamenti organizzativi

Cassazione sentenza n. 6798/2018

In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di “handicap”, sussiste l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità del recesso.

L’onere della prova

Cassazione civile, sez. lav., 28/10/2019, n. 27502

In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore derivante da una condizione di handicap, ai fini dell’accertamento dell’obbligo, posto a carico del datore di lavoro dall’ art. 3, comma 3-bis, del d.lgs. n. 216 del 2003, della verifica della possibilità di adottare adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro, il lavoratore deve allegare e provare la limitazione risultante dalle proprie menomazioni fisiche, mentali e psichiche durature e il fatto che tale limitazione, in interazione con barriere di diversa natura, si traduca in un ostacolo alla propria partecipazione, piena ed effettiva, alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori, posto che non ogni situazione di infermità fisica che renda il lavoratore inidoneo alle mansioni di assegnazione risulta ex se riconducibile alla nozione di disabilità di cui alla disposizione suddetta.

 
Pubblicato : 14 Novembre 2023 08:30