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Licenziamento per cessazione attività e cessione d’azienda

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(@redazione)
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Nel caso in cui la cessazione dell’attività nasconda un trasferimento d’azienda la procedura di licenziamento collettivo è illegittima. 

Ipotizziamo il caso di un’azienda che avvii una procedura di licenziamento collettivo per crisi aziendale e che, in forza di ciò, concluda un accordo con i sindacati per evitare contestazioni. Tutti i contratti di lavoro vengono così risolti in vista della cessazione definitiva dell’attività. Cosa succede però se la società dovesse, in un momento successivo, concludere un contratto di affitto dell’azienda in favore di una nuova società costituita all’occorrenza? 

Di tanto si è occupata una recente sentenza della Cassazione [1]. La Suprema Corte ha ritenuto, nel caso di specie, illegittimo il licenziamento per cessazione dell’attività con successiva cessione dell’azienda stessa. E ciò per aver accertato che l’attività non era mai cessata come invece il datore di lavoro aveva fatto credere ai sindacati per giustificare la risoluzione dei contratti di lavoro.  

Ad avviso dei giudici, dunque, il contratto d’affitto d’azienda non era che una finzione per nascondere il vero intento: quello di eseguire un trasferimento d’azienda. E si sa che, in base all’articolo 2112 del codice civile, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro con i dipendenti continua con il cessionario (ossia l’acquirente). Sicché tutti i lavoratori conservano immutati i propri diritti che avevano acquisito con il precedente datore. 

Ma come si fa a capire che la nuova società sta proseguendo quella precedente e che si tratta quindi di una finta cessazione dell’attività d’impresa? Nel caso di specie, il giudice ha valorizzato elementi come: 

  • l’identità di oggetto sociale della cedente e della cessionaria;
  • l’utilizzo da parte della cessionaria degli stessi stabilimenti e beni aziendali della cedente;
  • lo svolgimento dell’attività con gli stessi clienti e fornitori.

L’aver omesso le reali intenzioni della società nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo rende illegittima procedura, stante la violazione dell’obbligo di legge [2] di fornire ai sindacati tutte le informazioni occorrenti. Risultato: tutti i licenziamenti sono illegittimi e possono essere impugnati dinanzi al giudice.

I rapporti di lavoro illegittimamente cessati dalla cedente, dunque, devono considerarsi in essere al momento della stipula del contratto di affitto e proseguiti con la cessionaria, così come del resto dispone l’art. 2112 cod. civ.

Per la cassazione, nessun pregio può attribuirsi alla sfasatura temporale tra la cessazione dell’attività della cedente e la costituzione della cessionaria – come rilevato dai ricorrenti – atteso che, dal punto di vista logico e giuridico, la conclusione del contratto di affitto di azienda presuppone necessariamente la contemporanea esistenza dei due soggetti giuridici. 

Secondo il costante orientamento della Suprema Corte [3], i rapporti di lavoro illegittimamente cessati prima del trasferimento d’azienda proseguono con il cessionario «senza che rilevi l’anteriorità del recesso rispetto al trasferimento d’azienda», salva la possibilità per il cessionario di opporre le eccezioni relative al rapporto di lavoro, alle modalità della sua cessazione o alla tutela applicabile al cedente avverso il licenziamento, a prescindere dalle difese spiegate da quest’ultimo e dalla formazione del giudicato nei suoi confronti ed in favore del lavoratore.

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Pubblicato : 21 Novembre 2022 18:00