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Licenziamento intimato ma non eseguito: c’è risarcimento?

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(@paolo-remer)
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L’indennità risarcitoria prevista dallo Statuto dei Lavoratori è dovuta anche quando il rapporto di lavoro non si è interrotto, se il recesso datoriale era stato illegittimo. 

Immagina di essere licenziato in modo illegittimo, ad esempio in forma verbale o con discriminazioni e in modo ritorsivo: ricevi la comunicazione, con il previsto termine di preavviso, durante il quale, però, il datore di lavoro ci ripensa e decide di tenerti, anziché porre fine al rapporto; oppure la vertenza viene subito risolta in sede conciliativa, quindi senza arrivare davanti al giudice.

In sostanza, in queste situazioni tu nel frattempo hai continuato a lavorare e non hai perso il posto; il licenziamento è rimasto “sulla carta”, ma non è più come se niente fosse stato: potresti aver subito un danno psico-fisico, o anche solo economico, e allora ti chiedi se per il licenziamento intimato ma non eseguito c’è risarcimento.

In realtà le tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori scattano anche in questi casi, e il lavoratore non rimane privo di protezione di fronte ai comportamenti illegittimi del datore di lavoro, anche quando non avevano provocato la fine del rapporto e perciò non c’è bisogno di disporre la reintegra, che sarebbe inutile: è necessario, invece, prevedere un congruo ristoro economico.

Effetti del licenziamento: da quando decorrono?

La risposta alla nostra domanda di partenza è arrivata con una nuova sentenza emessa dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione [1] ed è stata positiva: il risarcimento spetta anche se il licenziamento non è stato eseguito, e dunque se il rapporto di lavoro non si era interrotto. Afferma il Collegio: «riconosciuto illegittimo il licenziamento, va condannato il datore di lavoro a pagare il risarcimento in questione, pur nelle ipotesi in cui egli abbia scelto di non eseguire il licenziamento medesimo».

Questa soluzione è imposta dal fatto che il licenziamento è considerato dalla giurisprudenza come un «atto unilaterale recettizio», cioè che produce effetti dal momento in cui la volontà di interrompere il contratto viene comunicata all’altra parte del rapporto in essere. In altre parole, il licenziamento si perfeziona nel momento in cui il dipendente, che riceve la comunicazione scritta (il licenziamento verbale, invece, è radicalmente invalido) viene a conoscenza della volontà del datore di recedere dal contratto di lavoro.

Licenziamento illegittimo: l’indennità risarcitoria

In base alla pronuncia della Cassazione, se il licenziamento intimato ma non eseguito risulta illegittimo, e pertanto sarebbe prevista la reintegra nel posto di lavoro, del dipendente licenziato, in base all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, è dovuta l’indennità risarcitoria nella misura minima di cinque mensilità di retribuzione globale di fatto.

Questa indennità, nei casi di licenziamento non eseguito, non consiste affatto nel pagamento di una doppia retribuzione, visto che il dipendente ha continuato a lavorare percependo regolarmente la sua paga, altrimenti – afferma il Collegio – ciò «si tradurrebbe in una illegittima locupletazione», ma consiste in un ristoro economico dei danni patiti dal lavoratore illegittimamente licenziato, applicando le previsioni dello Statuto dei Lavoratori che ora analizzeremo.

Licenziamento non eseguito: perché non c’è la reintegra

Il punto è che se il rapporto di lavoro non si è interrotto, ed è proseguito, la reintegra non è necessaria (sarebbe del tutto inutile), ma in favore del dipendente colpito rimane ferma la possibilità di ottenere la condanna del datore di lavoro, che lo aveva licenziato senza giustificazione, al pagamento del risarcimento del danno.

Perciò, per non lasciare privo di tutela il lavoratore colpito da un licenziamento illegittimo, ma che non riceverebbe nessun beneficio da una reintegra solo formale, visto che ha continuato a lavorare, la misura economica di questo ristoro viene stabilita in base ad un congruo numero di mensilità di retribuzione, con un minimo di cinque, da versare a titolo di indennità risarcitoria, come prevede lo Statuto dei Lavoratori.

Licenziamento non eseguito e Statuto dei Lavoratori

L’importanza pratica di questa pronuncia sta nel fatto che spesso, a fronte di un iniziale licenziamento illegittimo, poi revocato dallo stesso datore di lavoro prima di darvi effettivo corso, fa seguito un altro licenziamento, rinnovato con una diversa e più solida motivazione (come era avvenuto nel caso, deciso dalla Cassazione, che abbiamo illustrato). E allora si pone il problema del rapporto tra reintegra e indennità risarcitoria, anche perché l’originaria formulazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, risalente al 1970, è stata profondamente modificata, prima dalla riforma Fornero del 2012, e poi dal Jobs Act nel 2015.

A tal proposito ci sono stati anche due recenti interventi della Corte Costituzionale [2] e la nuova sentenza della Cassazione ha osservato che, nei casi, ormai residuali e circoscritti, in cui è ancora prevista la reintegrazione a fronte di un licenziamento risultato illegittimo che era stato intimato per giustificato motivo oggettivo (gmo, detto anche licenziamento economico) o soggettivo, non c’è alternativa tra «tutela ripristinatoria» (la reintegra) e «tutela economica» (l’indennità risarcitoria).

Indennità risarcitoria: quando spetta e come si calcola

Per fare chiarezza su questo importante punto, ti ricordiamo che fino al 2012 la reintegrazione nel posto di lavoro era applicabile a tutti i casi di licenziamento illegittimo di dipendenti impiegati presso datori con più di 15 lavoratori per ciascuna unità produttiva o comunque più di 60 lavoratori occupati in totale. In seguito la legge Fornero e il Jobs Act hanno introdotto un regime di «tutele crescenti» per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi, che prevede in favore del lavoratore licenziato un’indennità risarcitoria in sostituzione della reintegra. Poi è intervenuta la Corte Costituzionale, stabilendo che nei licenziamenti economici la reintegra scatta anche se l’insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento non è «manifesta».

Ma se il licenziamento disposto non era stato materialmente eseguito, allora non sorge più l’esigenza di riportare il dipendente nella stessa posizione organizzativa e retributiva, che a ben vedere non ha mai perso; in questi casi le eventuali conseguenze negative subite per effetto di un licenziamento soltanto intimato, ma poi non effettivamente concretizzatosi, devono essere ristorate attraverso l’indennità risarcitoria, il cui esatto ammontare sarà stabilito dal giudice del Lavoro (o in via conciliativa tra le parti), in base alla durata del periodo intercorrente tra la comunicazione di licenziamento e la sua revoca, alla gravità della violazione commessa dal datore di lavoro, e all’entità del danno arrecato al lavoratore colpito.

Approfondimenti

Per maggiori dettagli sulla quantificazione dell’importo spettante, leggi “Calcolo risarcimento per licenziamento illegittimo” e “Indennità di licenziamento: come si calcola“.

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Pubblicato : 20 Gennaio 2023 07:30