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Licenziamento: impugnazione, termine di decadenza e prescrizione

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(@redazione)
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Causa di lavoro: la decorrenza del termine di 180 giorni per avviare il giudizio decorre dalla spedizione della impugnazione stragiudiziale.

 Il lavoratore che ritenga di essere stato licenziato illegittimamente ha termini strettissimi per far valere i propri diritti, termini di decadenza sia per la contestazione del licenziamento, sia per avviare la causa di lavoro. Se non vengono rispettate tali scadenze il dipendente perde ogni possibilità di difendersi, pur avendo, nella sostanza, pienamente ragione. Vediamo, quindi, come agire quando si vuole avviare una causa per contestare un licenziamento: impugnazione, termine di decadenza e prescrizione,

La lettera di contestazione

Il licenziamento, a pena di decadenza, deve essere impugnato entro 60 giorni che iniziano a decorrere dal giorno in cui il lavoratore ha ricevuto la lettera di comunicazione o, meglio, da quando detta comunicazione è pervenuta all’indirizzo del lavoratore. Viene fatta salva la dimostrazione, da parte di quest’ultimo, che egli, senza sua colpa, è stato impossibilitato ad avere conoscenza della lettera di licenziamento [1].

Se il licenziamento avvenisse in forma orale, esso sarebbe del tutto inesistente. In tal caso la decadenza non si applicherebbe e il lavoratore potrebbe agire per far dichiarare l’inefficacia del licenziamento orale senza l’onere di previa impugnativa stragiudiziale. Il solo termine da rispettare è quello di prescrizione di cinque anni [2].

L’impugnazione, che, come detto, deve avvenire entro 60 giorni, consiste in una lettera spedita con raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata, all’azienda o al datore di lavoro, con cui si contesta formalmente il licenziamento, senza necessità di entrare nel merito delle ragioni della contestazione.

È necessario che la spedizione della contestazione avvenga entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, anche se tale missiva venga ricevuta dal datore di lavoro oltre detto termine. Così, per esempio, il lavoratore ben potrebbe portare la raccomandata all’ufficio posta il 59mo giorno, anche se l’azienda la riceve il 65mo giorno.

La causa contro il datore di lavoro

È necessario che nei successivi 180 giorni dall’invio della suddetta contestazione, il lavoratore:

  • avvii la causa contro il datore, ossia depositi in tribunale il ricorso giudiziale;
  • oppure comunichi alla controparte l’eventuale richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Come detto, tale termine di 180 giorni fissato dalla legge per agire in giudizio contro un licenziamento decorre dalla data di spedizione dell’impugnazione del licenziamento e non dal momento in cui tale comunicazione è stata ricevuta dal datore di lavoro.

Questo il principio di diritto – di rilevante impatto pratico, ai fini della corretta instaurazione delle controversie di lavoro in tema di licenziamenti – affermato dalla Cassazione [3].

Così, ricapitola la Suprema Corte, il lavoratore che abbia rispettato il primo termine (trasmettendo l’impugnazione entro 60 giorni), rimane comunque assoggettato, sempre a pena di decadenza, all’obbligo di attivare la causa, con la precisazione che questo ulteriore termine (180 giorni) comincia a decorrere dalla spedizione dell’impugnativa. Una soluzione, concludono i giudici, coerente con la volontà di velocizzare il procedimento e che nel contempo «non lede in alcun modo il diritto di difesa del lavoratore, che, anzi, è perfettamente in grado di sapere quale sia il giorno per l’instaurazione della fase giudiziaria».

Ben potrebbe essere che il primo atto con cui il lavoratore impugni il licenziamento sia un ricorso giudiziale: in tal caso, per evitare la decadenza, non è sufficiente il solo deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale, ma è necessaria anche la notifica al datore di lavoro [4].

 
Pubblicato : 10 Maggio 2023 17:27