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Licenziamento collettivo di un singolo reparto: è legittimo?

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(@angelo-greco)
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Riduzione del personale: il datore deve motivare perché intende licenziare solo i dipendenti di uno specifico settore. 

Semmai il datore di lavoro volesse effettuare un licenziamento collettivo, dovrebbe prima concordare i criteri di scelta dei lavoratori da mandare a casa con i sindacati. In assenza di questa procedura fissata dalla legge il licenziamento sarebbe illegittimo. Ci si chiede però spesso se il datore possa risolvere i contratti con i dipendenti di uno specifico reparto pur essendo le mansioni di questi intercambiabili con quelle dei colleghi.  Insomma è legittimo il licenziamento collettivo di un singolo reparto? Sul punto la Cassazione ha sposato un orientamento che potremmo ormai qualificare come costante. 

Prima però di occuparci di tale aspetto sarà bene ricordare come funziona il licenziamento collettivo. 

Il licenziamento collettivo: come funziona

Il licenziamento collettivo in Italia è una particolare tipologia di licenziamento economico che si verifica quando un datore di lavoro che abbia più di 15 dipendenti intende effettuare almeno 5 licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nell’arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia. 

Il licenziamento collettivo rientra quindi nel licenziamento di tipo economico (cosiddetto «licenziamento per giustificato motivo oggettivo»), quello cioè determinato da ragioni produttive e organizzative. Sono quindi esclusi i licenziamenti disciplinari, quelli cioè che avvengono per cause riconducibili al comportamento dei dipendenti. 

In caso di licenziamento collettivo, il datore di lavoro è tenuto a informare preventivamente i rappresentanti sindacali e le autorità competenti, oltre che a seguire una procedura di consultazione e negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori per cercare di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

In particolare, è necessario determinare con anticipo i criteri di scelta dei lavoratori a cui risolvere il contratto in modo che la decisione del datore non si fondi su ragioni discriminatorie o ritorsive. 

I criteri di scelta dei lavoratori nel licenziamento collettivo

Di seguito sono elencati alcuni dei criteri legali più comuni per la selezione dei dipendenti da licenziare:

  • anzianità di servizio: spesso la prima considerazione che viene fatta è l’anzianità di servizio dei dipendenti, ovvero la durata del rapporto di lavoro con l’azienda;
  • qualifica e competenze: il datore di lavoro può valutare la qualifica e le competenze dei dipendenti per determinare se sono adatti o meno a svolgere le attività aziendali;
  • carichi familiari: la presenza di familiari a carico è certo un elemento che privilegia il dipendente nella conservazione del posto;
  • performance lavorativa: la valutazione della performance lavorativa dei dipendenti può influire sulla scelta di chi licenziare;
  • produttività: la produttività dei dipendenti può essere considerata nella scelta di chi licenziare, soprattutto in aziende che producono beni o servizi;
  • possibilità di reinserimento: il datore di lavoro può valutare la possibilità di reinserimento dei dipendenti in altre attività aziendali o in altre aziende;

Questi sono solo alcuni dei criteri legali che possono essere utilizzati dal datore di lavoro nella selezione dei dipendenti da licenziare durante un licenziamento collettivo. È importante notare che ogni situazione è unica e che i criteri di scelta possono variare a seconda delle circostanze. Tuttavia, la legge fissa tre criteri da seguire in caso di mancato accordo con i sindacati:

  • esigenze tecniche, produttive ed organizzative aziendali;
  • carichi di famiglia;
  • anzianità di servizio.

Nel caso in cui il licenziamento collettivo non rispetti le norme previste dalla legge o leda i diritti dei lavoratori, questi ultimi possono rivolgersi al tribunale ordinario, sezione lavoro, per impugnare il licenziamento.

In sintesi, il licenziamento collettivo è una situazione delicata e complessa che richiede una gestione attenta e sensibile da parte del datore di lavoro, al fine di tutelare i diritti dei lavoratori e di evitare possibili controversie giudiziarie.

Quanto invece alla procedura che deve seguire il datore si rinvia alla nostra guida sul licenziamento collettivo.

L’obbligo di motivazione del licenziamento collettivo

In caso di licenziamento collettivo il datore deve spiegare perché la misura riguarda solo alcuni dipendenti e, in particolare, quelli di uno specifico reparto o settore dell’azienda a meno che non ci siano precise ragioni che però deve comunicare. In caso contrario il licenziamento è illegittimo. 

Secondo la Cassazione [1], in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale resta ferma la regola generale prevista dall’articolo 5, della legge n. 223 del 1991, secondo cui «l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire avuto riguardo al complesso aziendale».

La platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti a un determinato reparto o settore o sede territoriale ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, ma è necessario che queste siano innanzitutto motivate e quindi anche coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione che il datore di lavoro deve fornire a sindacati e autorità del lavoro. 

Pertanto spetta al datore di lavoro dimostrare il fatto che giustifichi il più ristretto ambito nel quale la scelta dei dipendenti da licenziare è stata effettuata. 

Quando il datore di lavoro può licenziare gli addetti a un solo reparto

Secondo la Cassazione, il datore di lavoro ben può circoscrivere a una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare ma deve indicare nella comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali (o, in mancanza, ai sindacati maggiormente rappresentativi): 

  • le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione;
  • le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento a unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti. 

Qualora la comunicazione faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali.

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Pubblicato : 6 Febbraio 2023 14:30