Il datore di lavoro può chiedere i danni al dipendente anche senza aver attivato nei suoi confronti un procedimento disciplinare
A causa di un errore commesso nell’esercizio delle tue mansioni hai creato un danno economico all’azienda per la quale lavori; il tuo capo ti ha quindi chiesto il risarcimento del pregiudizio subito, senza tuttavia avviare un procedimento disciplinare nei tuoi confronti. Ti chiedi allora se sia legittimo richiedere il risarcimento del danno anche senza un procedimento disciplinare, ritenendo che, non avendoti contestato nulla, l’azienda abbia ritenuto il tuo comportamento privo di qualsiasi rilievo. Invero, devi sapere che la violazione gli obblighi di fedeltà e diligenza e il diritto al risarcimento del danno operano su due piani differenti e tra loro separati. Vediamo perché.
Gli obblighi del lavoratore e il procedimento disciplinare
Il lavoratore nell’esercizio delle proprie mansioni è tenuto al rispetto di almeno tre fondamentali obblighi di comportamento: l’obbligo di fedeltà, di diligenza e di obbedienza.
L’obbligo di fedeltà si concreta nel dovere di non esercitare attività in concorrenza con il proprio datore di lavoro (salvo diverso accordo tra le parti) e nel non divulgare informazioni aziendali riservate.
L’obbligo di diligenza invece consiste nell’operare nell’interesse aziendale e nel rispetto delle indicazioni ricevute.
Infine, l’obbligo di obbedienza impone il dovere del lavoratore di svolgere le proprie mansioni secondo le direttive impartitegli e nel rispetto delle regole stabilite nel regolamento aziendale.
Il mancato rispetto da parte del lavoratore dei propri doveri comporta la possibilità per l’azienda di aprire nei suoi confronti un procedimento disciplinare e, all’esito, sanzionarlo.
Il procedimento disciplinare prende avvio con una contestazione di addebiti, ossia una comunicazione scritta consegnata o trasmessa a mezzo raccomandata a.r. al lavoratore con precisa indicazione del comportamento tenuto e contrario ai propri doveri, delle norme del CCNL di categoria e/o del regolamento aziendale che si ritengono violate e la previsione di un termine non inferiore a cinque giorni (o al superiore periodo indicato dal CCNL applicato al rapporto) entro il quale il lavoratore dovrà rendere le proprie giustificazioni. Valutate le giustificazioni del lavoratore, l’azienda potrà dunque sanzionarlo, applicando una delle sanzioni tassativamente previste dal CCNL di categoria, in proporzione alla gravità del fatto contestato.
Il risarcimento del danno
La violazione dei propri doveri da parte del lavoratore può determinare la produzione di un danno all’azienda; qualora si tratti di un danno di carattere economico il datore di lavoro ben potrà chiedere il risarcimento.
Affinché l’azienda possa chiedere al dipendente negligente il risarcimento del danno prodotto non è indispensabile tuttavia la previa apertura di un procedimento disciplinare nei suoi confronti.
La Corte di cassazione ha infatti ritenuto che la violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza da parte di un dipendente comporta l’applicabilità di sanzioni disciplinari e talvolta anche l’insorgere del diritto a risarcimento dei danni provocati; l’applicazione di una sanzione disciplinare e la richiesta risarcitoria operano però su due piani differenti: l’esistenza di fatti accertati, anche se non censurati sotto il profilo disciplinare, può comunque determinare il diritto a risarcimento del danno provocato, in quanto l’interesse perseguito dal datore è rappresentato dal ripristino della situazione patrimoniale lesa, interesse diverso e indipendente dalla lesione del rapporto di fiducia in essere tra lavoratore e azienda (quest’ultima motivo di apertura del procedimento disciplinare).
Conseguentemente, il datore di lavoro ben potrà avanzare una richiesta risarcitoria sul piano civilistico, senza avviare alcun procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore.