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L’anatocismo bancario rientra nell’usura?

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(@paolo-remer)
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Quando la capitalizzazione degli interessi in conto corrente è vietata e il superamento del tasso soglia di riferimento fa scattare l’usura; cosa può fare il correntista contro la banca.

Il denaro costa e le banche sanno bene come farselo pagare. Gli interessi passivi applicati sui conti correnti bancari possono essere molto pesanti. La loro capitalizzazione periodica fa sì che alle scadenze previste si trasformino in debito, e così la somma dovuta aumenta, perché una volta capitalizzati producono a loro volta interessi composti. È questo il fenomeno chiamato anatocismo, che la legge cerca in vari modi di evitare: negli anni recenti la normativa ha imposto espliciti divieti ad alcuni metodi di imputazione degli interessi che in passato venivano frequentemente utilizzati ed avevano messo sul lastrico parecchie persone e imprese.

Inoltre c’è una barriera insormontabile, che nella sua forma attuale esiste dal 1996: è quella dell’usura. Ma talvolta gli istituti di credito tentano di aggirare l’ostacolo. E allora, se la capitalizzazione degli interessi avviene di volta in volta in maniera di per sé legittima, l’anatocismo bancario rientra nell’usura?

Quando l’anatocismo rende gli interessi usurari

A questa impegnativa domanda ha risposto la Corte di Cassazione [1], pronunciandosi su una controversia tra una piccola società, che chiedeva la restituzione degli interessi corrisposti sul conto corrente, in quanto ritenuti usurari, e la banca che si opponeva.  A prima vista la resistenza della banca era legittima: il tasso soglia non era stato mai superato nelle varie epoche di svolgimento del rapporto (al netto della capitalizzazione trimestrale degli interessi, che all’epoca dei fatti, nel 2003, era ancora consentita), e i giudici di merito, fino alla Corte d’Appello, avevano fatto proprio questa constatazione, escludendo la natura usuraria degli interessi applicati.

Ma la Suprema Corte ha visto la questione in modo più profondo: ai sensi dell’art. 644 del Codice penale, il fenomeno dell’usura comprende tutte le voci economiche applicate ai rapporti di credito, nessuna esclusa. La norma fa riferimento agli «interessi o altri vantaggi usurari» e al terzo comma precisa che «la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari». Il riferimento è ai provvedimenti periodicamente emanati dalla Banca d’Italia, con cadenza trimestrale, per la rilevazione dei tassi soglia riferiti a ciascuna categoria di operazioni (mutui, finanziamenti, prestiti, anticipazioni,  ed anche i rapporti di conto corrente): se si superano, scatta il reato di usura.

Anatocismo e usura: quali rapporti

La norma incriminatrice prosegue dicendo che: «Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria». Infine, l’articolo del Codice penale che stiamo esaminando sancisce che: «Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito».

È stato proprio questo l’argomento decisivo che ha fatto propendere la Suprema Corte per il riconoscere il carattere usurario degli interessi bancari applicati in anatocismo al rapporto di conto corrente in esame: come abbiamo visto esponendo la norma, possiamo agevolmente constatare che tutte le voci economiche rilevano ai fini del calcolo del superamento della soglia di usura. Perciò – rileva il Collegio – anche «la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi esprime un costo del credito; e, in quanto tale, va inserita nel conto delle voci rilevanti per la verifica della natura usuraria dell’operazione di erogazione del denaro». Puoi leggere l’intera sentenza nel box sotto questo articolo.

Divieto di capitalizzazione degli interessi

La vicenda decisa dalla Corte di Cassazione con la sentenza che abbiamo esaminato si riferiva ad un caso, avvenuto nel 2003, di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi maturati, e in ciò consisteva l’anatocismo che è sfociato nell’usura.

Dal 2014, la capitalizzazione infrannuale degli interessi debitori sul conto corrente non è più consentita (rimane possibile, invece, per gli interessi moratori), e può avvenire solo alla fine di ogni anno, dunque al 31 dicembre, con esigibilità delle somme a partire dal 1° marzo dell’anno successivo (tranne nel caso di chiusura anticipata del conto corrente).

Solo per i conti correnti affidati con un’apertura di credito (il cosiddetto fido bancario), con l’approvazione preventiva del cliente si può consentire alla banca di conteggiare ed addebitare gli interessi passivi maturati sulle somme eccedenti il fido concesso.

Approfondimenti

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Pubblicato : 22 Novembre 2022 16:00