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La realtà nascosta del Festival di Sanremo

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(@angelo-greco)
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Ecco come si finanzia la Rai: con i soldi dei contribuenti che lo Stato versa oltre al Canone Rai.

Il Festival di Sanremo, con il suo fascino e le inevitabili polemiche che lo accompagnano, offre uno spaccato interessante della cultura italiana. La propensione alla critica, più che alla protesta, emerge vivida in questi contesti, dimostrando come gli italiani siano maestri nel dibattito e nella discussione. Anno dopo anno, il Festival diventa un palcoscenico non solo per la musica ma anche per le controversie che suscita, dalle gaffe celebri alle questioni di pubblicità occulta.

Come sempre, l’Italia si divide in due: c’è chi ama il festival e lo vede per divertirsi e chi invece per trovare difetti.

E di difetti il Festival ne ha tanti. A partire dalla gaffe – se così la vogliamo chiamare – che l’anno scorso hanno fatto Amadeus e Chiara Ferragni quando si sono fatti il selfie. Per l’Antitrust si trattava di pubblicità occulta in favore di Instagram. Così è scattata una multa da 174 mila euro. Multa che il Tar Lazio ha confermato qualche giorno fa.

Quest’anno è successo di nuovo con John Travolta. Mentre l’attore americano ballava sul palco dell’Ariston, si vedeva chiaramente il marchio delle sue scarpe. Così qualcuno ha fatto notare che si tratterebbe dello stesso marchio (italiano peraltro) di cui Travolta è testimonial. E anche in questo caso forse scatterà una seconda sanzione dell’AGCM.

Sui social c’è chi ha assolto la Rai o quantomeno ha detto che si tratta di problemi che non dovrebbero riguardare il popolo dei telespettatori: «la Rai si autofinanzia con la pubblicità», è stato scritto. Ed ancora: «Per noi non cambia nulla. Tanto paghiamo sempre la stessa somma di canone». Ma non è così. Le cose sono molto diverse da come appaiono. E peraltro sono cambiate proprio quest’anno.

Cos’è il Canone Rai?

Allora noi paghiamo il Canone Rai con la bolletta della luce. In realtà non si dovrebbe chiamare Canone Rai ma “imposta sul possesso di un apparecchio atto a ricevere onde radiotelevisive”.

Quindi il canone Rai non è una tassa ma una imposta.

Che differenza c’è? È’ semplicissimo ma fondamentale per il discorso che faremo.

Si paga la tassa quando ricevi un servizio. Tu Stato mi dai una cosa e io ti pago per quello che mi stai dando. C’è una specie di corrispettività. Chi non riceve questo servizio non deve pagare nulla. Ad esempio, la Tari è una tassa sullo smaltimento dei rifiuti. Noi paghiamo il Comune che predispone un servizio per raccogliere l’immondizia. E quindi paghiamo per quanto è il costo di tale servizio.

Le imposte invece sono del tutto slegate da un servizio. Le dobbiamo versare in base alla nostra ricchezza. È il caso dell’Irpef.

Ad esempio l’Imu è una imposta: la casa è infatti un bene di lusso e indice di capacità contributiva. Non paghiamo l’Imu perché qualcuno ci viene a pulire o a ristrutturare la casa.

Ebbene, come ha detto la Corte Costituzionale il Canone Rai – impropriamente chiamato così – non è una tassa ma un’imposta sulla detenzione dell’apparecchio. Non lo paghiamo perché vediamo la Rai ma perché abbiamo la televisione a casa (allo stesso modo come paghiamo l’imu sulla casa anche se non ci abitiamo).

Del resto, quando nel 1938 fu approvato il Regio Decreto sul Canone Rai, il fatto di avere una tv era un lusso e quindi questa era considerata indice di capacità contributiva.

Che significa tutto ciò? Che non c’è alcuna corrispondenza tra ciò che paghiamo allo Stato come Canone e il servizio della televisione pubblica. E in teoria i soldi che versiamo allo Stato non dovrebbero andare alla Rai ma allo Stato stesso che li mette nel calderone delle sue imposte (ad esempio insieme a quanto riscuote per l’Irpef) e poi li spende come meglio ritiene, anche per finanziare il servizio pubblico della televisione.

Di fatto però non è così: sappiamo che la Rai si finanzia coi proventi del canone.

Tanto è vero che era la stessa Rai, un tempo, a riscuotere il Canone mandando i propri agenti casa per casa o inviando le lettere. Non lo avrebbe mai fatto per riscuotere l’Imu o l’Iva.

Ecco perché – veniamo ora ai giorni nostri- la Rai è andata su tutte le furie quando il Governo appena insediatosi aveva manifestato l’intenzione di ridurre il Canone. L’esecutivo però non poteva fare marcia indietro. Come accontentare Rai e contribuenti? Semplice. Con un piccolo comma nella Legge di bilancio 2024: una norma che in pochi hanno letto.

Si tratta dell’articolo 1 comma 20. Questa disposizione stabilisce che per il 2024, lo Stato riconosce alla Rai un contributo pari a 430 milioni di euro.

Si tratta quindi di soldi nostri, non sono proventi che derivano dalla pubblicità.

Quindi chi dice che i cachet di Sanremo vengono pagati dalla pubblicità si sbaglia di grosso.

Peraltro la Rai è in perdita di 560 milioni di euro. Questo vuol dire che è tutt’altro che brava nel saper amministrare i propri soldi: significa che spende più di quanto guadagna! Chi glieli dà i soldi per ripianare queste perdite? Non solo la pubblicità ma noi contribuenti, con le nostre tasche: con il Canone Rai ma soprattutto con i contributi “a fondo perduto” che regala lo Stato a una TV che fa ormai acqua da tutte le parti e che andrebbe privatizzata.

Quindi quando vedremo la prossima pubblicità occulta a Sanremo e l’Antitrust farà una multa alla Rai, sapremo che quella multa la pagheremo noi contribuenti.

 
Pubblicato : 9 Febbraio 2024 08:30