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La gelosia è un’attenuante?

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(@angelo-greco)
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Il sospetto di un tradimento può giustificare uno stato d’ira e la conseguente diffamazione o la minaccia?

Ipotizziamo il caso di un uomo che, un giorno, scopra la compagna insieme a un tale. I due sono seduti al tavolino di un bar, in atteggiamento che dimostra una certa intimità. Presumendo che sia in atto un tradimento, l’uomo ha una reazione violenta. Prima minaccia il giovane con frasi dal tono chiaramente intimidatorio. Poi offende lei e le tira uno schiaffo. Successivamente, raccontando la storia ad amici in comune, definisce la compagna come una “poco di buono”.

Sotto un profilo giuridico, la condotta dell’uomo integra una serie di reati: minaccia, percosse e diffamazione. Può tuttavia lo stato d’ira giustificare la sua reazione? In altri termini la gelosia è un’attenuante?

Più volte la Cassazione si è confrontata con questo argomento. La sentenza n. 38755/2023 offre un’interessante interpretazione della questione.

L’attenuante dello stato d’ira

Come noto, l’articolo 62 del codice penale prevede una serie attenuanti comuni che possono determinare una riduzione della pena. Tra queste, al numero 2), vi è l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui.

La Cassazione ha detto che il semplice sospetto di tradimento non può rientrare nell’attenuante appena menzionata. Difatti l’intima convinzione di essere vittima di infedeltà è un elemento ben diverso dall’effettività del tradimento. Solo quest’ultimo infatti può ritenersi un “fatto ingiusto” (perché è indubbio che il tradimento sia, almeno per le coppie sposate, un comportamento vietato dalla legge).

Nella pronuncia appena citata la Cassazione ha quindi chiarito che la convinzione di essere stato tradito dalla compagna non basta a ridimensionare i comportamenti aggressivi tenuti dall’uomo nei confronti della donna e a considerarli come frutto di provocazione.

Il fatto ingiusto che integra la provocazione e che determina l’applicazione dell’attenuante deve rivestire il carattere di «ingiustizia obiettiva», afferma la Suprema Corte, «intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico».

La sentenza però estende il concetto di provocazione dettata dal tradimento non solo alle coppie sposate ma anche a quelle di conviventi, per quanto l’infedeltà vietata dalla legge valga solo per le prime. E questo perché risulta oramai diffusa, e per molti aspetti anche acquisita giuridicamente – ‘legge Cirinnà’ sulle coppie di fatto -, nella nostra comunità, la considerazione delle convivenze more uxorio o comunque delle relazioni sentimentali stabili, in termini moralmente e socialmente equiparabili al matrimonio, quanto alla rilevanza dell’impegno reciproco assunto e alle ricadute in termini di diritti e doveri delle parti della relazione.

Resta tuttavia il fatto che nella valutazione del fatto ingiusto deve prescindersi dalle convinzioni del reo e dalla sua sensibilità personale. In altri termini, se non c’è la “prova provata” del tradimento o comunque l’obiettiva sicurezza, allora il semplice sospetto non può integrare l’attenuante della provocazione.

L’attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale

Il già citato articolo 62, al numero 1), prevede un’ulteriore attenuante: l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale.

Tuttavia, la giurisprudenza ha escluso che tale possa applicarsi ai casi in cui sia presente la cosiddetta causa d’onore e il movente della gelosia.

Secondo la Cassazione (sent. n. 390/1968) la gelosia e la vendetta sono esasperazioni passionali a sfondo egoistico. Pertanto non possono ritenersi sentimenti tali da essere favorevolmente apprezzati dalla comune coscienza etica e, quindi, in nessun caso sono di per sé rilevanti ai fini dell’attenuante in commento.

La gelosia è uno stato passionale sfavorevolmente apprezzato dalla comune coscienza etica, essendo espressione di un sentimento egoistico tutt’altro che nobile ed elevato (Cass. sent. del 26.09.1977).

Insomma, il movente della gelosia non riveste quelle caratteristiche di altruismo e di nobiltà che costituiscono il presupposto per la configurabilità dell’attenuante del motivo di particolare valore morale o sociale, prevista dall’art. 62 n. 1 cod. pen. (Cass. sent. 4.07.1991 n. 10644).

 
Pubblicato : 26 Settembre 2023 08:15