Invalidità: domanda di aggravamento o ricorso?
Quando conviene presentare un ricorso giudiziario contro il verbale negativo della commissione medica Inps e quando invece conviene una nuova domanda?
L’invalidità civile è riconosciuta da un’apposita commissione medica a seguito di domanda amministrativa trasmessa telematicamente all’Inps. Purtroppo l’esito della visita non è sempre positivo, con la conseguenza che il cittadino, anche se affetto da gravi patologie, potrebbe vedersi negati i benefici e le agevolazioni che meriterebbe.
La pronuncia della commissione medica non è però definitiva; chi ritiene di aver subito un torto, infatti, può scegliere tra due strade alternative: proporre ricorso all’autorità giudiziaria oppure una nuova domanda amministrativa per essere convocato un’altra volta innanzi alla commissione. Quale percorso conviene intraprendere? Nel caso di invalidità negata, conviene fare ricorso o domanda di aggravamento? Cerchiamo di rispondere a tale quesito.
Quando si ha diritto all’invalidità civile?
Una persona è invalida civile quando la commissione medica dell’Inps ritiene che, a causa di patologie congenite o acquisite, sussista:
- una riduzione della capacità lavorativa almeno superiore a un terzo, se si tratta di soggetti in età da lavoro (età 18-67 anni);
- una difficoltà persistente a svolgere gli atti tipici della vita in relazione all’età, qualora la richiesta provenga da minorenni e da ultra-sessantasettenni.
Cos’è la domanda di aggravamento?
La domanda di aggravamento è la richiesta che una persona già invalida rivolge all’Inps affinché la commissione medica, a seguito di nuova visita, gli riconosca una percentuale maggiore d’invalidità.
La domanda di aggravamento si effettua trasmettendo telematicamente all’Inps, mediante la propria pagina personale a cui si accede con lo Spid oppure avvalendosi dei servizi gratuiti messi a disposizione dai patronati, il certificato del medico curante.
Come fare ricorso per avere l’invalidità?
Contro il verbale negativo comunicato all’esito della visita presso la commissione medica dell’Inps è possibile fare ricorso nel termine di sei mesi.
Per fare ricorso occorre conferire mandato a un avvocato; non è quindi possibile agire in proprio, senza assistenza legale.
Ricorrendone i presupposti reddituali (aggiornati annualmente), è possibile chiedere l’ammissione al gratuito patrocinio affinché sia lo Stato a pagare la parcella all’avvocato.
Per vincere il ricorso e ottenere l’invalidità occorre presentare al giudice idonea documentazione medica, aggiornata e attinente alle patologie per cui si chiede la concessione della prestazione.
È preferibile che tale documentazione provenga da una struttura pubblica (ospedale, asl, ecc.) anziché da una clinica privata, in quanto ritenuta solitamente più attendibile della certificazione “a pagamento”.
Come detto, la documentazione medica deve essere aggiornata: sarebbe inutile presentare al giudice (o meglio, al consulente tecnico d’ufficio nominato dal magistrato) certificati risalenti a molti anni prima.
Se il giudice dovesse rigettare il ricorso, l’ultranovantenne che intende ottenere l’indennità di accompagnamento può sempre presentare nuova domanda all’Inps affinché la commissione medica, alla luce della nuova documentazione sanitaria, possa accordare la prestazione richiesta.
Se anche la nuova visita Inps dovesse avere esito negativo, sarebbe sempre possibile presentare nuovamente ricorso al tribunale, nel consueto termine di sei mesi dalla notifica del verbale della commissione medica.
Ricorso o aggravamento: quale conviene?
Come detto, se la commissione medica Inps ha rigettato la domanda di invalidità, è possibile entro sei mesi fare ricorso al tribunale oppure, trascorso un semestre, presentare una nuova domanda di aggravamento. Quale soluzione conviene? Dipende.
Il vantaggio del ricorso è di affidare la valutazione circa le proprie condizioni di salute a un medico legale imparziale in quanto scelto direttamente dal giudice. Si tratta del noto ctu, consulente tecnico d’ufficio.
Lo svantaggio del ricorso giudiziario è rappresentato dai possibili costi, legati sia alla parcella del difensore che alle possibili spese processuali nel caso di soccombenza.
La domanda di aggravamento è invece gratuita, ma ha lo svantaggio di non poter essere presentata tempestivamente (occorrono almeno sei mesi dall’ultima visita) e di essere subordinata al nuovo giudizio della medesima commissione.
Pertanto, presentare domanda di aggravamento in assenza di un effettivo peggioramento delle proprie condizioni di salute è praticamente inutile.
Tirando le somme, possiamo affermare che, nel caso di rigetto da parte della commissione medica Inps, sia più conveniente fare ricorso al tribunale territorialmente competente, e ciò non solo perché ci si affida a un medico legale estraneo al contenzioso ma anche perché, mediante azione giudiziaria, è possibile chiedere anche gli arretrati non corrisposti, qualora il ctu ritenga che la condizione di invalidità fosse presente già alla data della domanda presentata all’Inps.
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