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Interruzione volontaria di gravidanza: ultime sentenze

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Primi novanta giorni di gestazione; gravità della patologia genetica; omesso o mal riuscito intervento di sterilizzazione; speculazione sui tempi della procedura legale di interruzione volontaria di gravidanza per prospettare inesistenti difficoltà e lungaggini.

Dispensazione senza prescrizione medica della piccola dei cinque giorni dopo: viola la legge sull’aborto?

Non viola la l. n. 194/1978, in tema di interruzione volontaria di gravidanza per omessa considerazione dei possibili effetti abortivi, la dispensazione senza prescrizione medica del farmaco “EllaOne”, noto anche come ”pillola dei cinque giorni dopo”, in quanto il meccanismo d’azione del farmaco è antiovulatorio e agisce prima dell’impianto dell’embrione e, dunque, non deve essere confuso con il regime farmacologico usato per l’interruzione della gravidanza.

Consiglio di Stato sez. III, 19/04/2022, n.2928

Pillola dei 5 giorni dopo alle minorenni senza prescrizione medica

È legittima la determina con la quale l’AIFA ha modificato il regime di fornitura del medicinale “EllaOne”, comunemente noto come “pillola dei cinque giorni dopo”, eliminando la necessità di ottenere una prescrizione medica per la sua assunzione anche nei riguardi delle donne minori di anni 18. Il farmaco “ElleOne” non deve essere confuso con il regime farmacologico usato per l’interruzione volontaria della gravidanza; il meccanismo d’azione del farmaco è antiovulatorio, vale a dire che agisce prima dell’impianto dell’embrione. Nessuna violazione della normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza è quindi configurabile.

Consiglio di Stato sez. III, 19/04/2022, n.2928

Risarcimento danni e impossibilità per la gestante di autodeterminarsi sull’interruzione della gravidanza

Posto che l’impossibilità, per la gestante, di autodeterminarsi in ordine all’interruzione volontaria della gravidanza in epoca posteriore al novantesimo giorno di gestazione, in conseguenza dell’omessa tempestiva diagnosi di patologie fetali, funge da fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio con la domanda di risarcimento del danno, è onere della parte attrice allegare e dimostrare, con riguardo alla concreta situazione, la sussistenza delle condizioni legittimanti l’interruzione della gravidanza, ovvero che la conoscibilità, da parte della stessa, dell’esistenza di rilevanti anomalie o malformazioni del feto avrebbe generato uno stato patologico tale da mettere in pericolo la sua salute fisica o psichica.

Cassazione civile sez. III, 25/01/2022, n.2150

Interruzione di gravidanza e lesioni personali: assenza di causalità psichica

Il delitto di lesioni personali è causalmente orientato, volto ad incriminare le condotte eziologicamente connesse all’evento lesivo; è complesso ritenere sussistente la causalità psichica derivante dal trauma dell’interruzione volontaria per presunte omissioni informative del medico specialista, quando si tratti di gravidanza di donna di età avanzata, scolarizzata e consapevole dei rischi connessi ad un gravidanza alla sua età ed alla necessità di numerosi accertamenti per escludere patologie.

Tribunale Trieste, 13/10/2021, n.638

Richiesta di interruzione volontaria della gravidanza da parte del legale rappresentante dell’incapace 

Nel nostro sistema di diritto civile non esiste un principio di generale e tassativa preclusione al compimento di atti personali e di straordinaria amministrazione da parte del legale rappresentante dell’incapace. Il tutore può infatti impugnare il matrimonio dell’interdetto (art. 119 c.c.), può promuovere l’azione per ottenere che ne sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità (art. 273 u. comma c.c.), può presentare la richiesta di interruzione volontaria della gravidanza in luogo della propria rappresentata (art. 13 l. n. 194/78). Per altro verso, l’art. 420 u. c., c.c. (sia pure con riferimento ad atti di straordinaria amministrazione a contenuto patrimoniale) richiede la nomina di un curatore speciale solo se il legale rappresentante non possa o non voglia compiere uno o più di tali atti.

Corte appello Palermo sez. II, 08/07/2021, n.1133

Interruzione volontaria di gravidanza e patologia della gestante

La gestante ha il diritto di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, nonché di ricevere un’adeguata informazione in tal senso, quando sussista un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica provocato dall’aver contratto una patologia in grado di sviluppare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro.

Cassazione civile sez. III, 15/01/2021, n.653

Interruzione volontaria della gravidanza: l’identità delle donne

L’identità delle donne che ricorrono all’interruzione volontaria della gravidanza costituisce oggetto della tutela penale apprestata dall’art. 21, l. n. 194/1978 e quindi l’Amministrazione non può esporre tale bene giuridico a potenziale offesa mediante le proprie scelte, quand’anche animate da finalità commendevoli che, tuttavia, hanno carattere recessivo rispetto all’esigenza di tutela della riservatezza e dell’identità delle donne gestanti.

T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 25/11/2020, n.5527

Aborto farmacologico, il medico obiettore di coscienza

La legge esonera il medico obiettore dal partecipare alla procedura di interruzione della gravidanza solo in relazione alle attività “specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza” e non anche per quelle di assistenza ovvero per quelle strumentali, come nel caso di specie, non a determinare l’interruzione della gravidanza ma a verificare se l’interruzione vi sia stata ed ad accertare che non vi siano rischi per le condizioni cliniche e di salute della donna. Il medico può solo rifiutarsi di causare l’aborto, chirurgicamente o farmacologicamente, ma non anche di prestare assistenza (condanna per il medico obiettore che si era rifiutato di effettuare un’ecografia di controllo sulla donna che aveva ultimato la procedura farmacologica per l’interruzione volontaria della gravidanza).

Cassazione penale sez. VI, 17/11/2020, n.18901

Interruzione di gravidanza: concorso formale tra reati

È configurabile il concorso formale tra i reati di cui agli artt. 18 e 19 l. 22 maggio 1978 n. 194 (norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione della gravidanza), trattandosi di ipotesi delittuose autonome che si concretizzano, la prima, nella condotta volontaria di cagionare l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna o con il consenso estorto con violenza, minaccia o inganno, la seconda nella violazione dell’osservanza delle prescritte modalità tecniche di intervento e cautele sanitarie atte a salvaguardare la salute della donna.

Cassazione penale sez. V, 23/10/2020, n.36862

Erronea esecuzione dell’intervento d’interruzione della gravidanza

Nell’ipotesi di erronea esecuzione dell’intervento d’interruzione della gravidanza che abbia dato luogo ad una nascita indesiderata, in virtù dell’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 1 e 4 della legge n. 194/1978, deve essere riconosciuto non soltanto il danno alla salute psico-fisica della donna ma anche quello sofferto da entrambi i genitori per la lesione della loro libertà di autodeterminazione, da riconoscersi in relazione alle negative ricadute esistenziali derivanti dalla violazione del diritto a non dar seguito alla gestazione nell’ambito dei tempi e delle modalità stabilite dalla legge e prescindendo totalmente dalle condizioni di salute del nato, intendendosi per danni patrimoniali quelli derivanti dal necessario mantenimento della piccola e conseguenti alla compressione del diritto alla paternità consapevole e autodeterminata (nella specie pari ad € 82.000,00), mentre il danno non patrimoniale in favore del padre va determinato tenuto conto dell’incidenza della nascita sulla situazione di vita dello stesso e della scelta diversa che egli avrebbe privilegiato, assieme a sua moglie, se avesse potuto intervenire tempestivamente (nella specie: pari ad € 10.000,00).

Corte appello Torino sez. I, 08/05/2020, n.489

Criteri per stabilire la gravità della patologia genetica 

La gravità della patologia genetica che rappresenta uno dei requisiti per la liceità dell’accesso delle coppie fertili alla procreazione medicalmente assistita previa diagnosi preimpianto deve essere valutata alla stregua del criterio di gravità di cui all’art. 6, l. n. 194/1978.

In particolare, tale disposizione, per giustificare l’interruzione volontaria di gravidanza dopo i primi novanta giorni di gestazione, richiede che le patologie del nascituro siano state accertate, nonché siano rilevanti, e che il pericolo per la salute fisica o psichica della donna sia “grave”, così da giustificare l’aborto (nel caso di specie, è stato ritenuto che, nell’ipotesi in cui l’embrione fosse effetto dalla patologia osteocondromi multipli ereditari, cd. HMO, ereditata dal padre, sussisterebbe il serio pericolo per la salute psichica della madre, tale da giustificare l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, previa diagnosi prempianto).

Tribunale Milano sez. I, 18/04/2017

Reato di concussione: la condotta del medico nell’ambulatorio

Integra il reato di concussione di cui all’art. 317 c.p. la condotta del dirigente medico in servizio presso un reparto di ginecologia di un ospedale pubblico che, speculando sui tempi della procedura legale di interruzione volontaria di gravidanza per prospettare inesistenti difficoltà e lungaggini, abbia spinto le donne gravide, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, ad un aborto illegale a pagamento presso il proprio studio privato, realizzando una radicale compressione della volontà negoziale delle vittime, esposte al presunto rischio di un disvelamento dello stato di gravidanza con conseguente compromissione del rapporto con il partner, di reazioni da parte dei parenti e di impossibilità di abortire nel termine legale di novanta giorni a Corte ha riconosciuto la qualità pubblicistica posta a base della concussione nella strumentalizzazione della pubblica funzione del medico nell’ambulatorio, a nulla rilevando la circostanza che gli aborti clandestini fossero realizzati da professionisti in uno studio privato).

Cassazione penale sez. VI, 15/11/2016, n.1082

Risarcimento del danno per nascita indesiderata

In tema di risarcimento del danno per la nascita indesiderata di un figlio a seguito di omesso o mal riuscito intervento di sterilizzazione, correttamente richiesto dalla partoriente, ai fini dell’art. 1227, comma 2, c.c. l’ordinaria diligenza è da intendersi nell’ambito di attività o scelte che non abbiano carattere di eccezionalità o comportino rischi o sacrifici, pertanto al fine di evitare i danni conseguenti alla mancata esecuzione della sterilizzazione, non esiste alcun obbligo della donna a sottoporsi a interruzione volontaria di gravidanza comportando l’aborto un sacrificio alla salute e alla libertà di autodeterminarsi della madre.

Tribunale Reggio Emilia sez. II, 07/10/2015, n.1298

Assunzione di un noto farmaco abortivo

Integra il reato di illecita interruzione volontaria di gravidanza di cui all’art. 19 l. n. 194 del 1978 la condotta della gestante che abbia assunto con modalità off-label un noto farmaco abortivo (Cytotec) in assenza di patologie in atto tali da giustificarne l’utilizzo e in situazione di ricovero presso una struttura ospedaliera, quindi senza motivo di assumere iniziative autonome di tipo farmacologico omettendo l’avallo dei sanitari.

Cassazione penale sez. V, 25/02/2015, n.14218

L’accesso alla cartella clinica della moglie

Il soggetto, che ha intrapreso innanzi al Tribunale ecclesiastico regionale azione di nullità del matrimonio canonico contratto con il coniuge, ha diritto di accesso alla cartella clinica relativa all’interruzione volontaria di gravidanza di quest’ultimo senza che sia necessaria alcuna penetrante indagine in merito all’essenzialità o non della documentazione richiesta.

T.A.R. Perugia, (Umbria) sez. I, 30/01/2013, n.59

Medico in servizio di guardia e reato di rifiuto di atti di ufficio

Integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del medico in servizio di guardia che, richiesto di assistere una paziente sottoposta ad intervento di interruzione volontaria di gravidanza, si astenga dal prestare la propria attività nelle fasi antecedenti o successive a quelle specificamente e necessariamente dirette a determinare l’aborto, invocando il diritto di obiezione di coscienza, attesi i limiti previsti dall’art. 9 legge 22 maggio 1978 n. 194, all’esercizio di tale facoltà.

(In applicazione del principio, la Corte, in relazione ad una interruzione di gravidanza indotta per via farmacologica, ha affermato che l’esonero da obiezione di coscienza è limitato alle sole pratiche di predisposizione e somministrazione dei farmaci abortivi, ma non si estende alle fasi “conseguenti”).

Cassazione penale sez. VI, 27/11/2012, n.14979

Interruzione volontaria della gravidanza nei primi novanta giorni dal concepimento

È manifestamente inammissibile – per irrilevanza – la q.l.c. dell’art. 4 l. 22 maggio 1978 n. 194, recante “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, nella parte in cui prevede la facoltà della donna, in presenza delle condizioni ivi stabilite, di procedere volontariamente alla interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni dal concepimento, sollevata dal Giudice tutelare del tribunale ordinario di Spoleto, in riferimento agli art. 2, 32 comma 1, 11 e 117 comma 1 cost.

Corte Costituzionale, 19/07/2012, n.196

Responsabilità dei sanitari

In caso di insuccesso dell’operazione di interruzione volontaria di gravidanza imputabile ai sanitari, questi ultimi sono responsabili per i danni sopportati dai genitori del bambino in ragione della prosecuzione della gestazione.

Cassazione civile sez. III, 21/05/2012, n.8024

Delitti di falsità materiale e ideologica per omissione

In tema di falso documentale, integra i delitti di falsità materiale e ideologica per omissione, commessa dal pubblico ufficiale, la condotta di colui che in qualità di medico ospedaliero, ometta di attestare in sede di cartella clinica – atto pubblico assistito da fede privilegiata – che l’intervento chirurgico ivi descritto e subìto dalla paziente non è avvenuto in ospedale ma nella abitazione di quest’ultima, trattandosi di omissione concernente un enunciato significativo, considerato che l’abitazione privata non costituisce di norma sede deputata al compimento di interventi chirurgici (nella specie interruzione volontaria di gravidanza).

Cassazione penale sez. V, 01/12/2011, n.12132

Trattamento di interruzione volontaria di gravidanza non riuscito

Nel caso di partoriente di nascituro indesiderato, sottopostasi a trattamento di interruzione volontaria di gravidanza, non riuscito, non è provato il danno biologico lamentato ove il parto sia avvenuto senza complicanze, atteso che la gestazione non è considerabile uno stato di malattia. I ricoveri successivi di pochi giorni rientrano nei disagi tollerabili e non risarcibili. Parimenti, in difetto di idonea documentazione di supporto, va escluso il danno psichico. Va, peraltro, escluso il danno morale, atteso che l’intervento in sé (il parto) non può cagionare lesioni, sicché nell’operato del medico non sono ravvisabili gli eremi del reato (art. 185 c.p.).

Quanto ai diritti inviolabili della persona, salvaguardati dalla costituzione, rilevano in ambito sanitario quale ulteriore danno non patrimoniale la lesione del diritto inviolabile all’autodeterminazione, da cui discende il divieto di sottoposizione a trattamenti sanitari obbligatori e l’obbligo di acquisizione del consenso informato, beni salvaguardati dal comma 2 dell’art. 32 cost. Poiché, il danno si identifica con l’evento dannoso, il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza, che va allegato e provato, e deve essere grave. Infine, il danno patrimoniale risarcibile, nel caso di intervento fallace, è costituito, non già dagli oneri del mantenimento del figlio sino al raggiungimento dell’autosufficienza da parte di questi, gravando tale obbligo ai sensi dell’art. 147 c.c. esclusivamente sui genitori, bensì dall’apporto economico necessario per rimuovere le difficoltà economiche e quindi eliminare la causa del pregiudizio per la salute fisio-psichica della donna.

Sicché, un danno patrimoniale può dedursi ed ottenersi nel caso di nascita indesiderata solo allorquando sia provata l’insorgenza di stati depressivi od altre forme di alterazione della condizione mentale o fisica, integranti vera e propria malattia, che non possono presumersi quale conseguenza certa ed automatica della nascita indesiderata.

Tribunale Bari sez. II, 13/10/2009, n.3032

Problemi di salute della donna

Il giudice di Firenze ritiene che la legge 40 del 2004, come interpretata col canone dell’interpretazione conforme a Costituzione, non contenga un divieto di diagnosi genetica preimpianto. Nel sostenere la percorribilità dell’interpretazione conforme, il giudice richiama la sentenza del 24 settembre del Tribunale di Cagliari, cui rinvia per relationem.

Inoltre, aggiunge che l’esclusione della diagnosi genetica preimpianto dovrebbe essere considerata irragionevole in riferimento alla l. n. 194 del 1978: infatti la previsione di un obbligo di impianto degli embrioni malformati sarebbe del tutto irrazionale, laddove la legge 194 del 1978 consente l’interruzione volontaria di gravidanza per problemi di salute della donna derivanti anche da previsioni di anomalie o malformazioni del feto. Alla luce di tali ragioni, viene ordinata la esecuzione della diagnosi pro-impianto, con trasferimento in utero dei soli embrioni sani, o portatori sani, secondo le tecniche della migliore scienza medica o con crioconservazione degli ulteriori embrioni.

Tribunale Firenze, 17/12/2007

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Pubblicato : 29 Dicembre 2022 06:00