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Infortunio sul lavoro: ultime sentenze

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Infortunio sul lavoro e malattia professionale; riparto dell’onere probatorio tra datore di lavoro e lavoratore danneggiato; incidente nel tragitto casa-lavoro; danno biologico e lesione all’integrità psico-fisica.

Assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali

In caso di infortunio sul lavoro, la responsabilità ex art. 2087 c.c. è di carattere contrattuale sicché grava sul datore di lavoro l’onere di fornire la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l’evento dannoso e che questo sia stato determinato da fattori imprevisti ed imprevedibili; la sentenza penale ex art. 444 c.p.p., presupponendo una ammissione di colpevolezza, costituisce un importante elemento di prova da cui il giudice di merito può desumere la responsabilità del datore di lavoro.

Cassazione civile sez. lav., 12/10/2022, n.29769

Termine di prescrizione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro

Il termine di prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui all’art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, resta sospeso, ex art. 111, comma 2, dello stesso decreto, per tutta la durata del procedimento amministrativo di liquidazione delle indennità e fino all’adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell’istituto assicuratore; il termine di prescrizione riprende a decorrere dalla comunicazione del provvedimento espresso dell’Istituto e, in particolare, dal momento in cui tale provvedimento, di accoglimento o di diniego, perviene nella sfera di conoscibilità dell’assicurato.

Cassazione civile sez. lav., 11/10/2022, n.29532

Rendita da infortunio sul lavoro

In tema di rendita da infortunio sul lavoro prevista dall’art. 85 del T.U. n. 1124 del 1965 (sull’Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) in favore dei figli ultradiciottenni superstiti, il requisito della “inabilita”, cui è subordinato dalla norma citata il relativo diritto dei figli superstiti, deve intendersi come incapacità totale ed assoluta del soggetto, per le sue condizioni biopsichiche, di esercitare un lavoro economicamente remunerativo, atteso che il legislatore quando ha voluto prendere in considerazione l’inabilità meramente ridotta, sia pure per graduare proporzionalmente l’indennità al danno subito, ha avuto sempre cura di specificarne il grado.

Cassazione civile sez. VI, 06/10/2022, n.29083

Responsabilità del datore di lavoro o dei terzi

In tema di responsabilità civile del datore di lavoro, la liquidazione del danno alla salute conseguente ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale va effettuata secondo i criteri civilistici e non sulla base delle tabelle di cui al d.m. del 12 luglio 2000, deputate alla liquidazione dell’indennizzo INAIL ex art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, in ragione della differenza strutturale e funzionale tra tale indennizzo e il risarcimento del danno civilistico, salvo, poi, detrarre d’ufficio quanto indennizzabile dall’Inail, anche indipendentemente dalla effettiva erogazione.

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2022, n.22021

Assenza per malattia

La retribuzione di posizione organizzativa costituisce un trattamento accessorio collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione, ne consegue che, in caso di assenza per malattia, è applicabile la decurtazione prevista dall’art. 71 del d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla l. n. 133 del 2008, fatto salvo, per le sole assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore.

Cassazione civile sez. lav., 14/06/2022, n.19192

Obbligo del lavoratore di allegazione delle prove dei fatti denunciati

Nell’ipotesi in cui la descrizione del fatto operata dal lavoratore, relativa all’infortunio dallo stesso subito, a causa della violazione delle norme sulla sicurezza, sia priva di specifici profili di complessità, tali da consentire in maniera agevole la individuazione delle condotte che astrattamente potevano pretendersi dal datore di lavoro o anche, , di escludere in radice la sussistenza di un siffatto obbligo, non vi è ragione di gravare il lavoratore dell’onere di allegazione in quanto finirebbe per assumere un rilievo meramente formalistico, in contrasto con la esigenza di effettività di tutela e con la stessa natura primaria degli interessi coinvolti.

Cassazione civile sez. lav., 29/04/2022, n.13640

Sicurezza sui luoghi di lavoro e riparto dell’onere probatorio

L’azione proposta dal lavoratore vittima di infortunio sul luogo di lavoro è qualificabile come azione da responsabilità contrattuale (ex artt. 1218 e 2087 c.c.). Da ciò deriva, in termini di ripartizione dell’onere probatorio, che il lavoratore danneggiato (o gli eredi che agiscano iure hereditatis) che agisce per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro o malattia professionale deve provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, laddove il datore di lavoro è gravato dell’onere di provare il proprio adempimento e la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile (ossia di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.

Tribunale Torre Annunziata sez. lav., 26/04/2022, n.661

Formazione ed informazione sui rischi lavorativi al dipendente infortunato

In materia di infortunio sul lavoro, a mente dell’art. 1227, co. 1, c.c., si deve escludere la sussistenza di un concorso di colpa della vittima –meno che nei casi di c.d. rischio elettivo- allorquando emerga che il datore di lavoro non abbia adottato le misure di sicurezza prescritte ovvero egli stesso abbia impartito l’ordine nell’esecuzione puntuale del quale si è verificato l’infortunio, ovvero ancora qualora non abbia fornito un’adeguata formazione ed informazione sui rischi lavorativi al dipendente infortunato; in tutti questi casi, l’eventuale condotta imprudente del lavoratore degrada a mera occasione dell’infortunio ed è, pertanto, giuridicamente irrilevante

Tribunale Modena sez. lav., 21/04/2022, n.189

Infarto durante la trasferta: è infortunio in itinere?

Con riferimento all’infortunio in itinere, l’art. 2, comma 3, d.P.R. n. 1124/1965, dopo la novella del 2000, va interpretato nel senso che esso amplia la tutela assicurativa, perché la estende a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro ed esclude qualsiasi rilevanza all’entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l’infortunato sia addetto.

La norma tutela, infatti, il rischio generico (quello del percorso) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella tipica “legata al c.d. percorso normale”.

Ne consegue, alla stregua dell’anzidetta interpretazione, che la sussistenza di un rapporto finalistico tra il c.d. “percorso normale” e l’attività lavorativa è sufficiente a garantire la tutela antinfortunistica.

La S.C. cassa la sentenza della Corte territoriale dell’Aquila, che aveva escluso l’infortunio sul lavoro di un lavoratore deceduto a causa di un infarto al miocardio durante un viaggio di lavoro.

Cassazione civile sez. lav., 22/02/2022, n.5814

Configurabilità dell’infarto come infortunio sul lavoro

In base alla normativa sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, allorché si discuta di infarto del miocardio occorso in occasione della prestazione lavorativa, anche lo stress psicologico e ambientale può integrare la causa violenta che può avere provocato la lesione mortale. L’infarto, dunque, configura infortunio sul lavoro quando è eziologicamente collegato ad un fattore lavorativo. La connessione non è peraltro esclusa dal contributo causale di fattori preesistenti o contestuali; sussiste, cioè, anche nel concorso di altre cause, ove pure queste abbiano origine diversa e interna.

Cassazione civile sez. lav., 22/02/2022, n.5814

Colpa del lavoratore infortunato

L’infortunio sul lavoro non è indennizzabile solo nel caso in cui sia dovuto ad una libera scelta del lavoratore, che con atto volontario ed arbitrario decida di affrontare un rischio ‘anomalo’ perché ulteriore rispetto a quello cui sarebbe normalmente esposto per esigenze lavorative (ossia decida di esporsi al c.d. ‘rischio elettivo’), sicché l’evento non abbia in effetti alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa e non possa pertanto ritenersi verificato in occasione di lavoro. In tutte le altre ipotesi – quindi anche nei casi di colpa dell’infortunato – spetta la tutela assicurativa.

Corte appello Catanzaro sez. I, 27/01/2022, n.16

Decesso del lavoratore vittima di infortunio sul lavoro anni addietro

Deve essere accertata dal giudice, con esame controfattuale, la causa che ha determinato la morte del dipendente che, anni indietro, era stato vittima di infortunio sul lavoro. Per l’effetto, non si può far discendere “automaticamente” l’evento-morte dalle gravi lesioni colpose di cui era stato riconosciuto responsabile il datore di lavoro, specie se tra la malattia dovuta all’infortunio e il decesso passa un significativo lasso di tempo.

Cassazione penale sez. IV, 26/01/2022, n.15155

Principio di equivalenza causale

Poiché nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione il principio di equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p., è sufficiente per far sorgere la tutela in favore del lavoratore che l’esposizione a rischio sia stata concausa concorrente della malattia, non richiedendosi che essa abbia assunto efficacia causale esclusiva o prevalente. Ne discende che, per vincere la presunzione di eziologia professionale, la prova contraria dell’INAIL dovrà avere ad oggetto l’efficacia causale esclusiva dell’eventuale fattore patogeno extra lavorativo.

Cassazione civile sez. VI, 13/12/2021, n.39751

Obbligo di tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore

In tema di infortuni sul lavoro, nel caso dell’art. 2087 c.c., che pone un generale obbligo di tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, senza ulteriori specificazioni in merito alle condotte omissive e commissive destinate a sostanziarlo, l’allegazione dell’inadempimento datoriale richiederà, a seconda delle concrete circostanze e della peculiarità e complessità della situazione che ha determinato la esposizione a pericolo del lavoratore, causalmente collegata al danno sofferto, la individuazione delle misure di prevenzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto adottare al fine di evitare la lesione del bene tutelato.

In altri termini, l’onere di individuazione delle condotte che la parte datrice avrebbe dovuto tenere sarà tanto più pregnante laddove la situazione rappresentata, per le sue caratteristiche di complessità o particolarità, non consenta di individuare con immediatezza possibili condotte datoriali, commissive o omissive, astrattamente riconducibili alla violazione dell’obbligo di sicurezza.

Tuttavia, laddove la concreta situazione di fatto descritta dal lavoratore, sulla base della quale questi assume la violazione dell’obbligo di sicurezza, si presenti priva di particolari profili di complessità e cioè tale da consentire in maniera agevole, la individuazione delle condotte che astrattamente potevano pretendersi dal soggetto datore di lavoro o anche, specularmente, di escludere in radice la sussistenza di un siffatto obbligo, non vi è ragione di gravare il lavoratore di un onere di allegazione che nel contesto descritto finirebbe per assumere un rilievo meramente formalistico, in contrasto con la esigenza di effettività di tutela e con la stessa natura primaria degli interessi coinvolti.

Cassazione civile sez. lav., 25/10/2021, n.29909

Infortunio sul lavoro: inadempimento datoriale

In tema di tutela delle condizioni di lavoro del lavoratore subordinato, il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al dipendente, sia quando ometta di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del dipendente medesimo, sia quando, pur avendole adottate, non vigili affinché queste siano di fatto rispettate; ne consegue che, in tutte le ipotesi in cui vi sia inadempimento datoriale rispetto all’adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili “ex ante” ed idonee ad impedire il verificarsi dell’evento dannoso, la condotta colposa del prestatore non può avere alcun effetto esimente e neppure può rilevare ai fini del concorso di colpa.

(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che – sebbene avesse accertato che il lavoratore, eseguendo la prestazione lavorativa, consistente nello spostamento di alcune lamiere sollevate con un carroponte, era stato colpito dalla oscillazione delle lamiere stesse, in quanto si trovava nella zona di movimentazione del carico da cui non si era tempestivamente allontanato – aveva escluso ogni responsabilità datoriale sul presupposto di una condotta “anomala” del prestatore, omettendo di indagare sulla idoneità delle misure di prevenzione adottate a scongiurare il rischio connesso alla movimentazione delle lamiere, da valutarsi anche in relazione ad una possibile condotta negligente e imprudente del prestatore medesimo).

Cassazione civile sez. lav., 21/09/2021, n.25597

Assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali

In tema di infortuni sul lavoro, l’azione violenta idonea a determinare, ex art. 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965, una patologia riconducibile all’infortunio protetto deve operare come causa esterna, che agisce con rapidità ed intensità, in un brevissimo arco temporale, o comunque in una minima misura temporale, non potendo ritenersi indennizzabili come infortuni sul lavoro tutte le patologie che trovino causa nell’affaticamento, costituente normale conseguenza del lavoro.

(Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto inammissibili le censure avverso la sentenza di merito, perché finalizzate a sovvertire l’accertamento in fatto relativo all’attività svolta dal “de cuius” – soggetto di giovane età e in buone condizioni di salute e senza alcuna predisposizione morbosa – nel giorno del decesso e la sussistenza a suo carico di preesistenti patologie, in assenza di un esame autoptico che ne riconducesse la morte ad una causa di lavoro con sufficiente grado di certezza).

Cassazione civile sez. lav., 03/09/2021, n.23894

Responsabilità contrattuale del datore di lavoro

In tema di responsabilità contrattuale del datore di lavoro, la responsabilità conseguente alla violazione dell’art. 2087 cod. civ., ha natura contrattuale, perché il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge ai sensi dell’art. 1374 c.c. dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c.) che entra così a far parte del sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno differenziale da infortunio sul lavoro proposta dal lavoratore si pone negli stessi termini che nell’art. 1218 cod. civ., sull’inadempimento delle obbligazioni.

Tribunale Firenze sez. lav., 05/07/2021, n.517

Responsabilità per infortuni sul lavoro e riparto dell’onere probatorio

In virtù dell’2087 c.c. la responsabilità del datore di lavoro è di tipo contrattuale, riconducibile alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Ne consegue che in caso di infortunio sul lavoro il riparto degli oneri probatori si pone negli stessi termini dell’art. 1218 c.c. circa l’inadempimento delle obbligazioni: il lavoratore danneggiato dovrà dunque provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro dovrà provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile, cioè di aver adempiuto alle obbligazioni si sicurezza su di lui incombenti, apprestando tutte le misure atte ad evitare il danno.

Ciò con l’ulteriore precisazione che la mancata adozione, da parte del lavoratore, della specifica misura di sicurezza non rappresenta un evento imprevedibile atto a scagionare il datore di lavoro dal dovere di vigilanza e dunque questi dovrà dimostrare di aver preteso il rispetto di tale fondamentale accorgimento, per cui il comportamento semplicemente omissivo del lavoratore non spezza il nesso eziologico tra l’evento occorsogli e l’omissione della datrice di lavoro.

Tribunale Reggio Calabria sez. lav., 30/06/2021, n.1338

Responsabilità datoriale per carente sicurezza sui luoghi di lavoro

Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c..

Tribunale Firenze sez. lav., 18/06/2021, n.478

Liquidazione per le menomazioni dell’integrità psico-fisica

La domanda di liquidazione dell’indennizzo in capitale per le menomazioni dell’integrità psico-fisica pari o superiori al 6%, conseguenti a infortunio sul lavoro, costituendone un “minus”, è implicita nella domanda di riconoscimento del diritto alla rendita per inabilità causata da menomazioni pari o superiori al 16%.

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2021, n.9373

Decesso di un dipendente dopo un infortunio sul lavoro

L’art. 1, par. 1, e l’art. 3 della direttiva 2008/94 del 22 ottobre 2008 devono essere interpretati nel senso che un’indennità dovuta da un datore di lavoro ai superstiti a titolo del danno morale subìto a seguito del decesso di un dipendente dopo un infortunio sul lavoro può essere considerata come « diritto dei lavoratori subordinati, derivante da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro » solo qualora essa rientri nella nozione di « retribuzione », come definita dal diritto nazionale.

Corte giustizia UE sez. VIII, 25/11/2020, n.799

Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro

In materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l’indennizzo INAIL non copre l’intero danno biologico – diversamente dal risarcimento, che presuppone la commissione di un illecito contrattuale od aquiliano – e, quindi, non può essere liquidato, ai fini di tale assicurazione, con gli stessi criteri valevoli in ambito civilistico, in considerazione della sua natura assistenziale e nonostante la menomazione dell’integrità psico-fisica, alla quale fa riferimento l’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, sia la medesima, dovendo siffatta menomazione, per assumere rilievo in ambito previdenziale, essere valutabile secondo le tabelle di cui al d.m. 12 luglio 2000 del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. Pertanto, va escluso a carico dell’INAIL l’indennizzo per il danno da “perdita del diritto alla vita”, atteso che, venendo in questione un bene, quale la vita, diverso dalla salute, non ricorre la nozione di danno biologico recepita dal citato art. 13. Tuttavia per il ristoro del danno biologico cd. differenziale, vale a dire di quella parte del danno biologico non coperta dall’assicurazione obbligatoria, si può proporre azione risarcitoria autonoma e distinta nei confronti del datore di lavoro, ove ne ricorrano le condizioni di legge.

Cassazione civile sez. III, 04/11/2020, n.24474

La condotta incauta del lavoratore

In materia di infortuni sul lavoro, al di fuori dei casi di rischio elettivo, nei quali la responsabilità datoriale è esclusa, qualora ricorrano comportamenti colposi del lavoratore, trova applicazione l’art. 1227, comma 1, c.c., tuttavia, la condotta incauta del lavoratore non comporta un concorso idoneo a ridurre la misura del risarcimento ogni qual volta la violazione di un obbligo di prevenzione da parte del datore di lavoro sia munita di incidenza esclusiva rispetto alla determinazione dell’evento dannoso; in particolare, tanto avviene quando l’infortunio si sia realizzato per l’osservanza di specifici ordini o disposizioni datoriali che impongano colpevolmente al lavoratore di affrontare il rischio, quando l’infortunio scaturisca dall’integrale impostazione della lavorazione su disposizioni illegali e gravemente contrarie ad ogni regola di prudenza o, infine, quando vi sia inadempimento datoriale rispetto all’adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili ex ante ed idonee ad impedire, nonostante l’imprudenza del lavoratore, il verificarsi dell’evento dannoso.

Cassazione civile sez. lav., 22/10/2020, n.23146

Responsabilità colposa del preposto di fatto

In caso di infortunio sul lavoro riconducibile a prassi comportamentali elusive delle disposizioni antinfortunistiche, non è ascrivibile alcun rimprovero colposo al preposto di fatto, sotto il profilo dell’esigibilità del comportamento dovuto, laddove non si abbia la certezza che egli fosse a conoscenza di tali prassi o che le avesse colposamente ignorate, sconfinandosi altrimenti in una inammissibile ipotesi di responsabilità oggettiva “da posizione”.

(In applicazione del principio la Corte ha annullato senza rinvio, “perché il fatto non costituisce reato”, la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del capo reparto di un supermercato, preposto di fatto da soli cinque giorni, per l’infortunio subito da un dipendente a causa del mancato uso dei dispositivi di protezione).

Cassazione penale sez. IV, 08/10/2020, n.1096

Infortunio sul lavoro per uso di macchinario irregolare

In tema di infortunio sul lavoro conseguente all’utilizzo di un macchinario irregolare, correttamente va affermata la responsabilità anche del fornitore di tale macchinario ove risulti, come nella specie, che il manuale d’uso fornito alla ditta del lavoratore deceduto non contemplava in alcun punto, in modo esplicito, l’obbligo di utilizzare una catena di sicurezza, cautela che avrebbe impedito l’evento. Ciò sul presupposto della conoscibilità in capo all’imputato della non conformità del macchinario (nella specie, un vibroinfossore), con specifico riferimento al carente contenuto del manuale d’uso, e quindi della rappresentabilità in capo al medesimo della specifica situazione di rischio poi concretizzatasi.

Cassazione penale sez. IV, 16/09/2020, n.28296

Il diritto alla rendita per infortunio in favore dei familiari superstiti

Il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore dei familiari superstiti, ex art. 85 d.P.R. n. 1124 del 1965, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la cosiddetta “vivenza a carico”, la quale sussiste ove i predetti si trovino senza sufficienti mezzi di sussistenza autonoma ed al loro mantenimento abbia concorso in modo efficiente il lavoratore defunto, dovendosi a tal fine considerare anche il reddito del coniuge dell’ascendente che domanda la prestazione previdenziale, giacché, anche ove non sia operante il regime di comunione legale, comunque sussiste l’obbligo di assistenza materiale tra coniugi posto dall’art. 143 c.c. e quello di assistenza per i figli di cui al successivo art. 147 c.c., senza che possa procedersi ad una valutazione distinta della posizione di ciascuno dei superstiti, indipendentemente dalla sussistenza di contributi o aiuti familiari.

Cassazione civile sez. lav., 08/09/2020, n.18658

Controversia promossa contro il datore di lavoro 

Il datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto davanti ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato o, qualora il lavoratore non svolga o non abbia svolto abitualmente la propria attività in un solo paese, davanti al giudice del luogo in cui è o era situata la sede di attività presso la quale è stato assunto (fattispecie relativa ad un infortunio sul lavoro occorso a un dipendente italiano di una ditta italiana che effettuava lavori in Francia).

Cassazione civile sez. lav., 21/02/2019, n.5187

Deviazione dal tragitto casa – lavoro più breve e incidente stradale

Non è indennizzabile l’incidente subìto dal lavoratore nel recarsi al lavoro se l’infortunio non si è verificato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, ma si sia verificata una irragionevole deviazione, non dipesa da causa di forza maggiore né da esigenze improrogabili o dall’attuazione di una direttiva del datore di lavoro.

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2019, n.3376

Danno da infortunio sul lavoro: riparto dell’onere probatorio 

La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell’art. 1374 c.c., dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale; ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini dell’art. 1218 c.c. circa l’inadempimento delle obbligazioni ex contractu e che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.

Corte appello Brescia sez. lav., 24/01/2019, n.298

Infortunio sul lavoro ed onere probatorio

In tema di risarcimento danni da violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, la responsabilità datoriale va prospettata come di natura contrattuale perché la lesione della salute si configura come conseguenza di un comportamento già ritenuto illecito sul piano contrattuale e deriva dalla violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. Giacché l’illecito deriva dalla violazione di un obbligo contrattuale, il datore di lavoro versa in una situazione di inadempimento contrattuale regolato dall’art 1218 c.c. con conseguente esonero da parte del lavoratore, dell’onere della prova sulla sua imputabilità che va regolata in connessione con l’art. 1223 c.c. Ciò che il lavoratore deve provare è il fatto materiale, il danno patito e il nesso di causalità tra il danno e fatto verificatosi nel corso del rapporto di lavoro, spettando invece al datore di lavoro di provare di aver adottato tutti gli accorgimenti possibili per evitare il danno.

Tribunale Bari sez. lav., 03/12/2018, n.4363

Tutela assicurativa Inail: qual è la finalità?

La tutela assicurativa indennitaria non mira all’integrale ristoro del danno subito dal lavoratore, ma assolve ad una funzione di natura previdenziale, costituita dalla esigenza di assicurare al lavoratore colpito dalle conseguenze di un infortunio o di una malattia professionale una somma di denaro per far fronte alle esigenze di vita. La tutela risarcitoria ha quindi una natura ed una funzione diverse e più ampie. Essa non prescinde dalla responsabilità dell’autore dell’illecito e, soprattutto, per quello che qui rileva, ha lo scopo di assicurare un integrale ristoro del danno subito. La tutela risarcitoria mira, in sostanza, ad assicurare il pieno e integrale ristoro del danno alla salute in quanto tale.

Corte appello Roma sez. lav., 30/11/2018, n.4490

Procedimento penale e richiesta di rimborso

In base all’art. 295 c.p.c., il giudizio instaurato dall’Inail nei confronti del datore di lavoro, ex art. 11 d.P.R. n. 1124 del 1965, per ottenere il rimborso di quanto corrisposto al lavoratore per effetto di un infortunio sul lavoro non è soggetto a sospensione necessaria in attesa dell’esito del procedimento penale a carico del datore di lavoro per i medesimi fatti, giacché, in applicazione dell’art. 654 c.p.p., l’efficacia della emananda sentenza penale di condanna o di assoluzione non potrà fare stato nei confronti dell’Inail, che non è parte nel giudizio penale e che non era legittimato a costituirsi, trattandosi non della proposizione di un’azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno da reato, ma dell’azione di regresso, diversa da quelle considerate dall’art. 74 c.p.p.

Cassazione civile sez. lav., 25/10/2018, n.27102

Assenza del lavoratore dovuta a infortunio su lavoro e conservazione del posto

Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c..

Cassazione civile sez. lav., 19/10/2018, n.26498

Tutela delle condizioni di lavoro

L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi.

(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la pretesa risarcitoria della lavoratrice – caduta in ufficio scivolando su di una carpetta di plastica trasparente portadocumenti – sul presupposto che non era stata provata la nocività dell’ambiente di lavoro, non emergendo quale misura organizzativa fosse adottabile per evitare l’infortunio).

Cassazione civile sez. lav., 08/10/2018, n.24742

Prevenzione degli infortuni sul lavoro

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, anche se formalmente ha appaltato a terzi le opere che hanno dato origine all’infortunio.

In particolare, ai sensi dell’art. 26 d.lg. n. 81 del 2008, il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo, è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa e a coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori.

Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.49373

Natura e criteri di indennizzo del danno biologico

L’articolo 13 del Decreto legislativo n. 38/2000, dopo aver definito – ai fini dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – il danno biologico come la lesione all’integrità psico-fisica,  suscettibile di valutazione medico legale, della persona, ha stabilito che la menomazione (e cioè l’invalidità permanente) conseguente a quella lesione sia indennizzata con una nuova prestazione economica che sostituisce la rendita per inabilità permanente di cui all’art. 66, n. 2, del Testo Unico. Tale nuova prestazione indennizza sempre il danno biologico fino al 100%, salvo che per le menomazioni di grado inferiore al 6%, ritenute, per la loro lieve entità, non rilevanti in un sistema di tutela sociale.

L’indennizzo del danno biologico è reddituale, e cioè è determinato senza alcun riferimento alla retribuzione dell’infortunato, e viene erogato sotto forma di capitale per gradi di invalidità pari o superiori al 6% ed inferiori al 16%, ed in rendita a partire dal 16%, considerato che, a partire da quest’ultima soglia, la gravità della menomazione rende necessaria la corresponsione di una prestazione economica che garantisca il sostegno nel tempo.

Tribunale Latina sez. lav., 01/10/2018, n.835

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Pubblicato : 3 Novembre 2022 05:30