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Il giusto prezzo di un immobile in una compravendita tra coeredi

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(@antonio-pagano)
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Devo comprare da mio fratello la quota di un immobile lasciatoci da nostro padre. Ci sono delle regole a cui debbo conformarmi o un prezzo da seguire?

Capita spesso che, alla morte di uno stretto congiunto, un immobile pervenga in eredità a più coeredi e che uno decida di acquistarne le quote in comproprietà dagli altri.

Cosa accade in tali casi? Esistono regole da dover rispettare? E, nello specifico, esistono dei criteri per determinare in cui il giusto prezzo di un immobile in una compravendita tra coeredi?

La prelazione ereditaria

Iniziamo subito col dire che la legge stabilisce una regola nella vendita di quote tra coeredi, che disciplina il caso esattamente opposto, ossia quello della vendita della quota da parte di uno dei coeredi.

Il codice civile, all’art. 732, stabilisce che il coerede, che vuole vendere ad un estraneo la sua quota, deve comunicare, con una notifica formale, la proposta di alienazione, indicando agli altri coeredi il prezzo.

Questo nel diritto è noto come diritto di prelazione, ossia il diritto ad essere preferiti, in una vendita, ad altri, alle stesse condizioni di prezzo.

Ovviamente tale diritto ha un termine per essere esercitato, che è di 2 mesi dall’ultima notificazione (se i coeredi fossero più di uno).

La ratio di tale norma è facilmente intuibile: si preferisce, in prima battuta, che i beni pervenuti in via ereditaria, restino nell’ambito familiare, ovviamente a parità di prezzo a cui un erede intenda cederli.

Il giusto prezzo

Ma il caso in esame prevedeva l’ipotesi reciproca: c’è invece un prezzo giusto che il coerede debba offrire per far suo l’intero bene? Ed esistono dei criteri per determinarlo?

In prima battuta, occorre dire che la compravendita tra coeredi segua le stesse regole di una compravendita tra persone non legate da vincoli di parentela.

Quindi l’offerta è libera, ossia non ci sono vincoli di prezzo per determinarla; si seguono le stesse regole di mercato.

È chiaro che si tratti pur sempre di vendita tra congiunti, per cui non è da escludere che vi possa essere un prezzo di favore.

Ma chi si è imbattuto in vicende di tal fatta, sa bene che alle volte i rapporti tra congiunti possano essere tutt’altro che idilliaci e che spesso proprio in tali occasioni possano insorgere contrasti o ripicche di lungo corso.

I criteri per una vendita equa

Se pertanto l’immobile non ha un prezzo che il coerede acquirente deve offrire, bisogna ricorrere ai criteri ordinari con cui si determina il prezzo di un immobile.

Certamente il valore di mercato dell’immobile, inteso come prezzo medio praticato nella stessa zona in cui si trova l’immobile, è il prioritario.

Così come non è la stessa cosa che rilevare la quota di un monolocale nel centro di Roma, rispetto ad una bellissima tenuta in una zona sperduta di montagna, chiaramente altri fattori incidono sul prezzo, innalzandolo o abbassandolo.

Il primo fattore è quello della cosiddetta conformità urbanistica: è assolutamente palese come il fatto che l’immobile presenti delle opere abusive o delle opere necessarie da realizzarsi perché risulti conforme a legge, abbassino il prezzo dell’immobile.

Ben potrebbe, il coerede che intenda acquistare, far valere il fatto che la necessità di tali opere (spesso costose e di lungo iter burocratico) ne rendano il valore minore e quindi il costo più basso, al pari di quanto farebbe un privato nei confronti di venditore non parente.

Altro criterio importantissimo di valutazione per l’immobile sono lo stato e la conformità a legge degli impianti: impianti elettrici vetusti, non adeguati alle vigenti norme di sicurezza, o termici o idraulici, abbassano inevitabilmente il valore di un immobile e conseguentemente il costo.

Si pensi a tutti quei bonus legati all’incremento di classi energetiche: comportano dei lavori e conseguentemente una spesa; non si può ignorarli nella formulazione di un’offerta che sia oggettivamente congrua.

Altro criterio è lo stato generale dell’immobile: un immobile con pavimentazioni logore, con allestimenti vecchi e fuori moda (carta da parati, vecchie mattonelle) verrà valutato senz’altro meno che uno completamente riammodernato ed esteticamente accattivante.

È una normale regola di mercato, anche se – a differenza dei due criteri esposti in precedenza – chiaramente qui parliamo di opere di carattere voluttuario e non necessario, visto che le precedenti due devono realizzarsi che lo si voglia o meno, per non incorrere in sanzioni.

Il prezzo di favore

Abbiamo ipotizzato tutte circostanze nelle quali i congiunti si comportino, nella compravendita di un immobile pervenuto loro per via ereditaria, alla stessa stregua di privati.

Ma se realmente il venditore volesse cedere l’immobile all’altro con un prezzo di favore, la vendita risulterebbe nulla?

Ben potrebbe l’erede venditore agevolare l’erede acquirente per riconoscenza verso costui per aver assistito il genitore nella casa poi lasciata in successione, per agevolarlo in quanto meno abbiente, per fargli una donazione, anche e soprattutto senza avere l’intenzione di frodare il fisco (come avverrebbe in una vendita a prezzo irrisorio in sede di rogito notarile, e successiva o contemporanea dazione del maggior importo di vendita in contanti senza dichiararlo).

In sé l’operazione non comporta certamente nullità della compravendita, ma è lecito attendersi un controllo da parte del fisco o per evasione delle tasse sulla compravendita o sull’imposta di donazione, se ceduto a prezzo irrisorio per compiere una donazione indiretta (ossia usare un negozio diverso da quello tipico, la donazione appunto, per attuare un intento di liberalità).

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Antonio Pagano 

 
Pubblicato : 15 Ottobre 2023 06:00