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Il controllo del dipendente tramite investigatore

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(@angelo-greco)
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Licenziamenti: attenzione all’uso di investigatori esterni per controlli aziendali. La Cassazione stabilisce limiti sull’uso di detective.  

Si può ricorrere a investigatori esterni per sorvegliare i propri dipendenti? E in caso positivo, in che modo? Queste sono domande cruciali nel mondo del lavoro, in particolare per le grandi aziende che talvolta sentono la necessità di tenere sotto controllo l’operato dei propri dipendenti per evitare che questi compiano, al di fuori dell’orario lavorativo, condotte infedeli (si pensi ad una falsa malattia, ad una attività di lavoro parallela e in concorrenza con il datore, ecc.). Andiamo a vedere cosa ha detto di recente la Cassazione sul controllo del dipendente tramite investigatore. Ma procediamo con ordine.

Quando è possibile controllare i dipendenti

L’impiego di investigatori privati è giustificato quando sorgono sospetti riguardo al comportamento di un dipendente all’esterno dell’azienda. Secondo la giurisprudenza, il datore di lavoro ha il diritto di supervisionare direttamente le attività dei suoi dipendenti. Tuttavia:

  • se il controllo avviene in azienda (quindi durante l’orario di lavoro), esso può essere effettuato solo con personale interno di vigilanza (art. 3 dello Statuto dei lavoratori). Il datore di lavoro è obbligato a comunicare ai lavoratori interessati i nominativi e le mansioni specifiche del personale specificamente addetto alla vigilanza sull’attività lavorativa e sul comportamento del lavoratore di cui si avvale. Il mancato rispetto dell’obbligo determina l’inutilizzabilità delle segnalazioni ai fini dell’applicazione di sanzioni disciplinari;
  • se il controllo avviene fuori dall’azienda (quindi al termine dello svolgimento delle mansioni), esso può essere effettuato da soggetti esterni all’azienda stessa: si tratta cioè di agenzie investigative private. Anche in questo caso, il dipendente ha diritto a conoscere i nomi dei detective che lo hanno pedinato.

Come funziona il controllo degli investigatori privati

Il controllo degli investigatori privati può anche essere occulto. Diversamente risulterebbe del tutto inutile.

Non si tratta quindi di un controllo su un mero inadempimento della prestazione lavorativa, ma su condotte che incidono sul patrimonio aziendale quale l’immagine (si pensi a un lavoratore che discredita il datore) o l’organizzazione (si pensi a un lavoratore che si dà malato pur non essendolo).

Le agenzie investigative possono essere impiegate non solo quando si sospetta o si ha la certezza di attività illecite già commesse, ma anche in presenza di sospetti o ipotesi di comportamenti illeciti in corso.

Secondo le “Regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria pubblicate” (pubblicate dal Garante privacy: “L’investigatore privato deve eseguire personalmente l’incarico ricevuto e può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente all’atto del conferimento dell’incarico, oppure successivamente in calce a esso qualora tale possibilità sia stata prevista nell’atto di incarico”. Il mancato rispetto di tale regola rende inutilizzabili le indagini eseguite dall’agente stesso.

I codice deontologici degli investigatori privati sono contenuti nel d.lgs. n 196/2003.

Quando è possibile controllare un dipendente

Di seguito sono riportati alcuni esempi di situazioni in cui l’uso di investigatori privati è stato ritenuto legittimo:

  • addetti alle casse in supermercati e negozi: gli investigatori possono agire come clienti normali per verificare possibili casi di appropriazione indebita di denaro;
  • casellante in autostrada: i detective privati possono eseguire passaggi al casello per accertare che il casellante stia fornendo il resto corretto, evitando di trattenere illegittimamente denaro;
  • direttore di supermercato: gli investigatori possono agire come clienti per scoprire comportamenti come il recupero di scontrini usati o la sottrazione di merci dagli scaffali;
  • funzionario di un istituto di credito, incaricato di attività promozionale esterna: gli investigatori possono osservare le attività svolte al di fuori dell’azienda per verificare se si stia svolgendo un’altra attività durante l’orario di lavoro;
  • lavoratore in malattia: gli investigatori possono monitorare il comportamento quotidiano del lavoratore durante la malattia, quando sussistono sospetti di falsa malattia o inadeguatezza a svolgere il lavoro;
  • dipendente di un’impresa assicurativa: gli investigatori possono pedinare un lavoratore per un periodo limitato al fine di accertare la sua presenza o assenza dal lavoro.

In tutti questi casi, è importante notare che l’uso degli investigatori privati deve essere in linea con le leggi e le normative vigenti e deve essere finalizzato a proteggere gli interessi legittimi dell’azienda.

Cosa dice la Cassazione riguardo l’uso di investigatori esterni?

Il caso preso in esame dalla Cassazione sentenza n. 28378/2023, ruota intorno a un dipendente di Telecom Italia e alle modalità con cui la società ha monitorato le sue attività lavorative. La Telco, sospettando che il dipendente avesse un secondo lavoro e gonfiasse il numero di ore lavorate, ha commissionato un pedinamento. Ma qui sorge il problema: gli investigatori utilizzati non erano direttamente legati alla società incaricata da Telecom, bensì a una terza società, “Tom Ponzi”. La Cassazione, con la sentenza n. 28378, ha bocciato questo tipo di “sub appalto”, poiché viola il diritto alla privacy del dipendente e le norme deontologiche previste.

La Cassazione sottolinea che se i dati vengono raccolti in modo non rispettoso delle regole, questi non possono essere utilizzati né come prova in un procedimento disciplinare né in sede giudiziaria. L’obiettivo delle normative è scoraggiare l’acquisizione “abusiva” di dati personali. Se tali dati vengono utilizzati, l’intero procedimento disciplinare potrebbe essere invalidato.

In sintesi, la Cassazione ha ribadito che:

  • i codici deontologici hanno forza normativa e possono essere applicati d’ufficio dal giudice;
  • se violati, i dati raccolti sono inutilizzabili;
  • tale inutilizzabilità è “assoluta” e vale sia in sede processuale che extraprocessuale;
  • se i dati sono raccolti in violazione delle norme, né il datore di lavoro né il giudice possono utilizzarli come base per decisioni o prove.
 
Pubblicato : 12 Ottobre 2023 14:00